Capitolo 12

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La notte di confidenze sulla terrazza panoramica del Pincio aveva unito ancor di più i due coinquilini. Si erano spogliati dei loro passati dolorosi, condividendoli l'uno con l'altra e aprendosi ancor di più di quanto avessero fatto in quelle settimane trascorse insieme.

Il giorno di Pasqua era arrivato ed entrambi avevano ricevuto lo stesso invito per il pranzo a casa De Claris-Fieramonti, dove ci sarebbero stati anche Sveva con suo marito Falco, il fratello di Ofelia, e i loro due meravigliosi figlioletti: Ludovica e Sergio.

«Ste, dobbiamo andare con la macchina, ho troppe cose da portare.» lo avvisò uscendo dalla sua camera mentre si infilava gli orecchini «Ci sono le uova di Pasqua per i bambini, il casatiello e la past-» si bloccò al centro della cucina quando lo vide intento a prendere un pezzetto di pastiera per assaggiarlo «...pastiera. GIÙ LE MANI DALLA MIA PASTIERA!» lo sgridò.

«Pastiera? Ma questa è una torta... e poi cosa diamine è il casatiello?» le domandò estremamente confuso, assumendo un'espressione da finto cucciolo bastonato per quella ramanzina.

«Adesso non metterti anche a bestemmiare, Stefano, che ho già voglia di metterti le mani al collo. Come diavolo fai a non sapere cosa sono la pastiera e il casatiello? Devo impartirti un po' di lezioni su Napoli perché così non va!» scosse la testa incrociando le braccia al petto mentre continuava a guardarlo con aria di rimprovero.

Solo in quel momento Stefano alzò il viso per ricambiare lo sguardo con un sorrisetto divertito sulle labbra, che però si trasformò in un'espressione stupita quando la vide in tutta la sua bellezza e con la piega liscia «Chi diamine sei tu? Che ne hai fatto della mia coinquilina riccioli d'oro?»

Sebbene la trovasse bellissima e irresistibile anche in quel modo, un po' si risentiva che avesse lisciato i capelli, perché a lui quei ricci gli facevano perdere completamente la testa.

«Non ti piacciono? Volevo cambiare un po'.» gli disse titubante, prendendosi le punte tra le mani per guardarsele incerta.

«Mi piacciono molto... e stai b-benissimo, cioè se bellissima anche così... però, beh i-io... insomma...» balbettò impacciato, sentendosi in estrema difficoltà, ma Nives gli sorrise in un modo così tenero da farlo tranquillizzare all'istante.

«Ho afferrato il punto, Avvocato. Mi preferisci al naturale e va bene così, non c'è bisogno di balbettare in questo modo con me» gli intimò con dolcezza, prima di tornare ad assumere un'espressione seria «ma esci immediatamente dalla mia cucina o ti taglio le mani. Tanto le mangerai per pranzo queste cose.»

«Io proprio non so come fai a passare da dolce e tenero girasole a strega cattiva.» la prese giocosamente in giro, prima di iniziare ad imitarla «La mia cucina gne gne... una volta non ero costretto a condividere i miei spazi proprio con nessuno.» borbottò, spostandosi verso il salotto per evitare altre minacce da parte della sua coinquilina, che però lo bloccò dandogli uno spintone.

«Ti ricordo che sei stato tu a venirmi a prendere al B&B, nessuno ti ha costretto, sbruffone che non sei altro.» lo punzecchiò e non solo nel senso metaforico della parola, dal momento che iniziò a dargli tanti piccoli pizzichi sulle braccia.

«Ehi, io sono un gentiluomo. Non avrei mai lasciato che una giovane fanciulla indifesa fosse costretta a vivere in un posto così pericoloso come quello.» controbatté, cercando goffamente di defilarsi da quei martiri che, seppur scherzosi, gli stavano facendo male.

«Indifesa? Credi che io sia indifesa? Sei tu quello che sta piagnucolando come un bambino che non riesce a difendersi. Guarda che non ci metto nulla a prendere le mie cose e tornarmene lì!» esclamò con tono da finta offesa mentre continuava a torturarlo in quel modo a dir poco infantile.

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