Capitolo 28

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La casa natale di Stefano era proprio come Nives l'aveva immaginata. Una graziosa palazzina di pietra in mezzo ad una lunga distesa di campagna. Il tempo era stato clemente con loro quel giorno, perché il sole splendeva alto in un cielo limpido. Erano arrivati in moto di buon'ora per godersi un po' di libertà prima del pranzo. Stefano voleva mostrarle tutto: dalle recinzioni con gli animali alle stalle con i cavalli, i sentieri che portavano alle abitazioni vicine e al centro del paese, e ancora il lago, la grande quercia che era divenuta un simbolo di prosperità per i contadini e gli allevatori del posto e, infine, il grande campo di girasoli.

Nives aveva insistito affinché potesse un po' osservare la loro proprietà. Intendeva sul serio apportare qualche modifica di ristrutturazione per sdebitarsi e alla fine Stefano aveva ceduto nel darle la planimetria da studiare, mentre lui si occupava delle stalle per dare un po' di sollievo ai lavori quotidiani della madre.

«Stefano!» esclamò una voce femminile, che fece drizzare le orecchie di Nives dal retro delle stalle «Tua madre mi ha detto che le avresti fatto visita oggi. Sono davvero felice di incontrarti. Da quanto tempo non ci vediamo?» proseguì la sconosciuta in un tono così cordiale, che la bionda, curiosa, si sporse per sbirciare.

«Ciao, Rosa.» rispose solare Stefano, togliendosi i guanti da lavoro e andando in contro alla sua amica d'infanzia, nonché vicina di casa «Come stai? Che si dice?»

«Ah io sto bene. Solita vita tranquilla, piuttosto a te come va? Com'è la vita in città?»

«Frenetica.» ridacchiò «Lavori sempre a scuola?»

«Per fortuna sì, le classi elementari sono ogni anno più numerose. Le persone stanno tornando al paese, lo preferiscono rispetto alla città troppo caotica. Tu non ci hai pensato?» gli chiese curiosa, ma Stefano scosse la testa, nascondendo un sorrisetto emozionato.

«No, per ora sto bene così. Sono più vicino al lavoro, al tribunale e...»

«E hai trovato qualcuno, vero? La tua faccia parla per te.» lo stuzzicò divertita, prima di notare una chioma bionda e ribelle dietro il porticato in legno «Ed è anche qui. Ciao!» alzò leggermente la voce in direzione di Nives, che, colta in flagrante, non potè non farsi avanti con le guance che le andavano a fuoco e il blocco da disegno, la matita e il metro stretti in petto.

«Buongiorno.» salutò timidamente.

Stefano la guardò divertito, trattenendo una risata mentre le porgeva una mano per avvicinarla a loro «Rosa, lei è Nives. Niv, lei è Rosa, una mia cara amica d'infanzia e vicina di casa.»

«Ciao, Rosa. Scusatemi non volevo origliare, stavo prendendo delle misure.»

«Ciao, Nives. Sei un architetto?» le chiese la donna curiosa e la bionda annuì, cercando di non incrociare lo sguardo di entrambi, perché troppo imbarazzata.

«Oh sì, Niv è un architetto eccezionale. Dovresti vedere che bel lavoro ha fatto a casa nostra.» si intromise Stefano, sistemandole una ciocca di capelli sfuggitale dalla bandana che indossava.

Al che Nives lo guardò con due occhi pieni di gratitudine. Si era messa a spiarli perché infastidita da quella cordiale voce femminile che aveva salutato il suo coinquilino e ora, che proprio lui la stava elogiando in quel modo, non poteva non essergli riconoscente e pensare a quanto fosse stata stupida nell'ingelosirsi per così poco.

«Ah che bello, convivete già. Sono davvero molto felice per voi.» sorrise sinceramente «Beh, buono a sapersi. Un buon architetto fa sempre comodo. Posso chiamarti se ho bisogno, Nives?»

«Certo! Gli amici di Stefano sono anche miei amici, chiamami quando vuoi.» tornò a guardarla ricambiando il sorriso.

«Ora devo andare. Ero passata a salutare Sole, ma mi ha fatto davvero piacere incontrare anche voi.»

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