Capitolo 34

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«Io capisco tutto signor Gennaro, ma ciò che sto cercando di farle capire è che sono l'avvocato della Dottoressa Greco.»

«No, Avvocà voi non avete capito proprio un bel niente. Ma dico io, voi siete intelligente, siete istruito e non capite quello che vi sto dicendo? Voi potete dirmi tutto quello che volete, anche se siete il re di Spagna, ma io che ne so che mi state dicendo la verità? Per quanto mi riguarda potreste essere un impostore e di certo non vi faccio salire a casa della Dottoressa Greco. Tra l'altro non c'è neanche, dove vi faccio andà? No, no, ve ne dovete andà, Avvocà. Io tengo che fa' e voi state qua da mezz'ora a insistere.»

Stefano era arrivato a Napoli in un pomeriggio di inizio ottobre. Qualche giorno prima c'era stata l'udienza finale della causa di Nives. Avevano ottenuto la sentenza di separazione e divorzio senza che l'eredità di lei fosse stata toccata. Avevano vinto e lui non vedeva l'ora di consegnarle tra le mani il pezzo di carta che li avrebbe resi liberi di amarsi. Il signor Gennaro, portinaio storico del palazzo e napoletano verace, lo aveva guardato con sospetto dal momento in cui l'avvocato aveva parcheggiato la moto nel cortile. Lo aveva placcato con coraggio nonostante la sua statura di un metro e sessantacinque e gli aveva fatto il terzo grado. Quando poi aveva capito che si trattava di Nives, la nipote della cara e defunta contessa, che era dovuta fuggire da Roma e tornare nella sua città per sfuggire da un marito prepotente, Gennaro si era messo ancor più sulla difensiva. Stefano aveva tentato persino di fargli vedere la sentenza, ma lui non aveva voluto sentire ragioni.

«Stefano!»

Nives si bloccò all'ingresso del cortile a pochi metri di distanza da quei due che stavano ancora battibeccando. Il portiere le andò in contro a passo spedito per toglierle di mano le due buste di spesa.

«Date a me, Dottoressa, date a me. Non vi dovete affaticare.» Le disse premuroso. «Voi mi dovete scusare, Dottorè, ma ci sta 'sto giovanotto che vi cerca. Dice di essere un avvocato, non sono riuscito a mandarlo via.»

«Va tutto bene, Gennaro.» Gli posò una mano sulla spalla, sorridendogli gentilmente. «È il mio avvocato, sta' tranquillo.»

«Ah allora dicevate il vero.» Si voltò verso Stefano rammaricato «Mi dovete scusare assai, Dottorè. Sapete che quando si tratta di voi sono molto scettico.»

«Grazie, Gennaro. Stefano è mio ospite, confido anche nella vostra accoglienza.»

«Assolutamente sì, Dottoressa. Adesso vi porto queste di sopra. Scusatemi ancora.» Si dileguò velocemente, rivolgendo un sorriso di scuse anche all'avvocato.

Nives lo guardò andare via divertita. Da quando era tornata a casa sua, il signor Gennaro era diventato il suo miglior alleato e amico, sebbene la differenza di età. Lo reputava quasi come uno zio che dispensava preziosi consigli in momenti di necessità e la faceva ridere a crepapelle nei giorni no. Il suo sguardo poi si posò nuovamente su Stefano, che non aveva smesso un attimo di guardarla da quando lo aveva richiamato.

«Ste!» Esclamò commossa. Non si aspettava di vederlo lì, nessuno l'aveva avvertita del suo arrivo ed erano passati ormai quattro mesi dall'ultima volta che si erano visti.

«Ti amo, Nives!» Le disse guardandola profondamente negli occhi, prima di alzare la sentenza che aveva tra le mani e avvicinarsi a lei.

Nives esplose non riuscendo più a trattenere le lacrime. Stefano non solo l'aveva aspettata per quattro mesi, ma aveva anche lottato per lei, per loro, per renderli liberi e trovò estremamente romantico il fatto che si fosse dichiarato prima di ogni cosa. Gli aveva chiesto di attendere, di non confessarle il suo amore fino a quando tutto non si sarebbe risolto e lui l'aveva fatto.

«Ti amo tanto anche io, Ste.» Singhiozzò, lasciandosi stringere tra le sue braccia. Tirò un sospiro di sollievo al contatto con lui. Gli era mancato come l'aria e con quel gesto sembrava che il tempo si fosse fermato, come se non si fossero mai lasciati. Ma erano trascorsi quattro mesi ed erano cambiate tante cose. «Vieni di sopra, Ste. Ti devo parlare.» Gli disse di punto in bianco, staccandosi dalla sua presa per guardo negli occhi con un'espressione seria.

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