Entrai cautamente nella stanza, chiusi la porta e mi presentai all'infermiera. Ero terrorizzata.
Mi diede uno strano liquido giallo dicendomi di mangiarlo.
Lo guardavo perplessa, non mi fidavo affatto.
"Tranquilla, non è veleno, fa solo schifo, ma in teoria non dovrebbe uccidere" mi rispose una voce maschile, forte e dolce insieme, come se mi leggesse nella mente.
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti agli occhi un ragazzo sui diciassette anni, dagli occhi mistici, verdi e marroni allo stesso tempo, un sorriso smaliante, capelli neri, completamente, non marroni scurissimi, i suoi erano proprio neri. E ad accompagnarlo una buffa espressione compiaciuta, di quelli che non puoi contraddire.
Lo guardai per alcuni secondi come una scema. Anche lui mi guardava, probabilmente attendeva una risposta, ma io non ne ero in grado, avrei detto qualcosa che sicuramente mi avrebbe fatto sembrare una scema, come sempre del resto...
A rompere il ghiaccio fu lo squillo del suo cellulare, lo prese in mano e mi disse: "Io adesso rispodo, intanto tu trova il modo di non stare in silezio per tutta la mattina"
Dall'altro capo del telefono si sente un ragazzo di circa la sua stessa età urlare "Leo? Si può sapere perchè scompari sempre?" "Vale non urlare che mi fracassi le orecchie! Ora arrivo a dopo."
Mi guardò "Ci hai pensato o devo farlo aspettare ancora?"
Disse ridendo, che risata, mi ricordava Davide, non so come mai, ma senza nussun motivo mi venne in testa lui.
"Si ci ho pensato..."