26.

355 11 0
                                    


Angela, 24 gennaio 2023


Antonio mi trascina per le strade di New York, si ferma nei negozi e fa finta di vedere delle cose per sé. Ma mi accorgo presto che in realtà mi sta studiando. Vuole capire cosa mi piace, cosa no.

Io ho capito solo che odia profondamente il mio giubbotto low cost e sta facendo di tutto perché gli dica che c'è un cappotto, un giubbotto, o una pelliccia che mi piace di più. E io resto arrotolata nel mio vecchio giubbotto nero, solo per farlo sfigurare. Già entrare in negozi di haute couture con me conciata come se fossi appena uscita da un discount gli fa perdere tanti punti di credibilità con i commessi, che ci trattano con estrema superficialità. I poverini mi guardano, chiedono la mia taglia, mi guardano ancora e anche quando Antonio gli sussurra il suo budget esorbitante, mi lanciano un'occhiata senza speranza.

Alla fine, s'impunta come un bambino e si siede in un negozio di Chanel.

"Andiamo." gli dico, ma lui accavalla le gambe.

"Smettila. Non avrei mai creduto di dover pregare una donna per farle comprare qualcosa."

Io gli faccio segno di no con la testa. "Non ho bisogno di niente."

"Voglio portarti in posti eleganti..."

"E io non voglio venirci." gli rispondo.

"Scegli qualcosa o lo farò io per te e non ti piacerà."

Lo guardo, come a sfidarlo. Lui richiama l'attenzione di una commessa e le sussurra qualcosa all'orecchio. Alla prima frase lei ride, alla seconda annuisce.

Non sapere cosa le abbia detto mi fa arrabbiare, ma so che è proprio quello che ha in mente. Vuole farmi cedere. Sta giocando con me come se fossimo in una partita a scacchi, farà di tutto per portarmi dove vuole, per illudermi, per farmi cedere.

La commessa mi chiede con gentilezza se può togliermi il cappotto e glielo lascio fare. Mi mette sulle spalle un cappotto chiaro, quasi bianco. La taglia è giusta.

"Questo lo prendiamo." mi dice Antonio. Il tono è secco, arrabbiato.

Si aspettava che cedessi solo per un cappotto, che facessi i salti di gioia. Non so se si aspettasse di fare compere con una delle sue puttane che lo ringraziano e lo pregano di acquistare loro mezzo negozio, in cambio del loro lavoro.

"Prendiamo anche il vestito in vetrina." dice poi, riferendosi a un abito da sera blu scuro, monospalla.

Anche stavolta resto impassibile e lo guardo con aria di sufficienza. Non riesco a credere che stia davvero provando a comprarmi.

"Hai intenzione di provarlo?" mi chiede, ma il tono suggerisce che sia un ordine.

"Se volevi un manichino, potevi comprartelo." gli rispondo.

Si passa una mano sul mento. Scommetto che è la prima volta che gli succede.

Chiede alla commessa altri abiti, completi, scarpe e borse. Fa di tutto per impressionarmi.

"Ma tu pensi davvero che questo basti, dopo quello che è successo ieri?" gli chiedo, disgustata.

"No. Ma è un inizio, almeno ti ho fatta uscire dalla tua stanza prima che passassero due settimane, com'è successo con Nicola, non è vero?" mi dice.

È incredibile come riesca a girare sempre la frittata a suo favore.

"Se pensi sia una vittoria, fa' un po' come vuoi." gli rispondo.

Lui mi bacia la mano e mi guarda. "E' una vittoria. Dopo quello che ti è successo, già che ti fidi abbastanza di me da starmi vicino, è più di una vittoria, amore."

Protetta dal diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora