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Angela, 10 settembre 2022, ore 23.02


Alle undici sono pronta per uscire dalla villa di Antonio, sono dimagrita così tanto negli ultimi mesi che ho indossato un vestito di paillettes argentate. Una cosa che solo tre mesi fa mi avrebbe fatto sentire come un ippopotamo. È lungo, con lo strascico e il taglio a sirena. Antonio sta ritardando e mentre lo aspetto, mi chiedo se non troverà l'abito troppo rivelatorio. Nel dubbio, chiudo il cappotto nero.

"Sei bellissima." commenta solo, quando entra nella stanza. Mi porge il suo braccio. Lui è bellissimo. Gli occhi scuri, i capelli acconciati in riccioli voluminosi. Mi sorride, un sorriso sincero, che non ha niente a che vedere con il suo solito ghigno sarcastico.

Nonostante sia ammaliante, cammino. Non prendo il suo braccio, non gli sorrido. Non cederò di un passo. E se stasera deciderà che non valgo la pena, va bene così.

Mi accorgo subito che mi sto mentendo. Sto mentendo su tutto. Sto ignorando la mia paura, il mio istinto di abbracciarlo e dirgli che se non mi lascerà morire sarò sua tutta la vita. Lo penso e mi faccio schifo. Mi disgusto, mi sono innamorata del mio rapitore, in piena Sindrome di Stoccolma. E adesso mi ritrovo quasi a strisciare davanti a suo fratello.

Con Antonio è diverso, con Antonio l'odio e la rabbia sono così viscerali che solo il pensiero di cedergli mi fa schifo. Entro in macchina e vedo la strada scorrere davanti a me sempre più veloce. Non ho molte alternative, devo almeno fingere. Il comportamento più intelligente, più scaltro, sarebbe fingere di stare al suo gioco, almeno il tempo necessario per fargli decidere che vale la pena salvarmi la vita. Che vale la pena pagare un prezzo per la mia testa.

Lui mi afferra la mano e mi guarda. "Non allontanarti da me. Qualsiasi cosa tu faccia, non restare mai da sola. Giò ti seguirà perfino in bagno, mi hai capito?" mi avverte.

Io annuisco.

"Non mostrare paura. Qualsiasi cosa accada al tavolo delle trattative o durante la cena, non mostrare paura."

Appena arriviamo lascio il cappotto a un inserviente e Antonio mi strattona per un braccio.

"Che cazzo ti sei messa?" mi chiede, guardando oltre la mia testa.

"Il mio vestito preferito." gli rispondo, "Se devono uccidermi, voglio avere un bel vestito nella bara." continuo, mascherando la paura nel sarcasmo.

Lui mi guarda in faccia, ma il suo sguardo corre subito alla mia scollatura. "Ti ho già detto che odio quando gli altri ti guardano." mi dice, poi distoglie lo sguardo e prende a fissare una parete vuota. Vedo la sua mandibola irrigidirsi.

Sorrido appena. "Tutti credono che tu non abbia sentimenti e adesso basta un vestito a farti saltare i nervi."

Mi afferra per la vita e mi fa camminare verso l'ingresso alla sala. "Se fosse per me, ti avrei rispedita a casa seduta stante. Credimi, rischio di fare a pugni con tutti quelli che ti mangeranno con gli occhi. Non è proprio il giorno adatto per questi giochetti, Angela."

Rabbrividisco. È la prima volta da quando lo conosco che dice il mio nome.

"Non sono libera di vivere dove voglio, ma sono ancora libera di vestirmi come mi pare. Non sono nemmeno la tua ragazza, quindi datti una calmata."

Lui porta la sua mano calda al centro della mia schiena nuda. "Sei più nuda che vestita, lo sai? Questo non dovevi farlo. Non adesso."

Domenico è il primo ad accoglierci. È sulla soglia della sala e ci stava aspettando, mi guarda con curiosità, poi mi saluta e mi bacia la guancia sinistra.

Protetta dal diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora