Moonlight

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Il suono di un pianoforte si sentiva dalla finestra e Alex aprì la porta a vetro della villa. Il suo migliore amico stava delicatamente toccando i tasti ed era rilassato, non lo vedeva così da molto tempo. Fuori era buio e solo la luna illuminava il giardino della villa, aveva parcheggiato la sua cabriolet vicino il suv sportivo nero di Ares e sentiva ancora il profumo di nuovo dell'auto. Non era ricco come lui ma i loro padri erano soci in affari. Si conoscevano relativamente da pochi anni ma divennero grandi amici da subito. Fu il primo a sapere della cotta per Sophia e ci rimase male, come una coltellata nel petto. Sapeva di non avere speranze col suo salvatore ma avere la verità in faccia era dura. Si chiese come fosse possibile che una sola persona avere più anime che lo amano. Riteneva ingiusto che lui fosse innamorato di un ragazzo che non ricambiava, neanche lontanamente. Sulla Terra siamo infinite persone e puntualmente ci innamoriamo di quella sbagliata. Forse per lezione di vita.

Si era messo l'anima in pace, la persona che amava era persa per una ragazza e questo non poteva cambiarlo. Odiava sé stesso, non poteva permettersi una cosa del genere. Sarebbe stato l'erede di un grande clan e non sono ammesse persone come lui. Le regole erano ferree. Decise di chiudere nel suo cuore quel lato e frequentare solo ragazze ma vederlo li, alla luce di una lampada, gli faceva ancora male non averlo tutto per sé. Desiderava da molto tempo abbracciarlo ma sapeva che se lo avesse fatto, si sarebbe perso quindi niente dimostrazioni di affetto che Ares non avrebbe contraccambiato. Col passare del tempo divennero molto amici e poi migliori amici. Ricordava ogni minimo tatuaggio che aveva. Li osservava di sottecchi nello spogliatoio dopo l'allenamento. Avrebbe potuto disegnarli uno a uno. Vederlo nudo gli faceva male ma era una tortura che aveva scelto. Avrebbe potuto anche decidere di non docciarsi in palestra ma poi non avrebbe avuto nessuna immagine da mostrarsi quando faceva sesso con la sua ragazza.

-Non si entra di soppiatto in una casa del genere. Lo sai- lo fece tornare con i piedi per terra Ares che a vederlo bene aveva i capelli bagnati e la sabbia sulla camicia umida. Le maniche erano arrotolate verso i gomiti. Sapeva che il suo migliore amico non voleva stoffa sulle braccia mentre suonava il pianoforte. A volte toglieva anche la maglia, si doveva sentire libero.

Perché indossava ancora quei vestiti sporchi? Non si era presentato all'appuntamento con i fratelli e loro avrebbero dovuto essere a casa da un pezzo mentre invece lui era ancora bagnato.

-Lo so, continua a suonare, ho bisogno di rilassarmi- ed era vero. Conduceva una vita che non voleva. Essere a servizio dei Dragoni non era semplice e il padre di Ares a volte non era comprensivo della situazione che lo circondava. Voleva solo ottenere il risultato senza avere le noie e quelle toccavano anche lui. Proteggere Ares, a costo della vita e lo avrebbe fatto per l'uomo che amava. Non voleva andare in giro con una pistola a protezione anche della sua vita con la paura di saltare in aria in qualsiasi momento. Non voleva essere l'erede di un uomo di malaffare.

-Lo sai che ascoltavo una canzone con il medesimo titolo di questa che stai suonando quando mi hanno aggredito?- confessò

-Moonlight?-

-Esattamente-.

-E' stata una delle cose migliori che ho fatto nella mia vita. Non ti avrei come migliore amico adesso-.

Ares ricordava bene quel pomeriggio di molti anni prima, forse sette ormai. Stava correndo per le strade al confine del suo quartiere quando sentì delle urla. Si affrettò a girare l'angolo e vide un ragazzo a terra sanguinante e due che gli erano addosso.

-Cosa hai detto?- chiese al ragazzo più alto e muscoloso facendo finta di non aver capito la parola offensiva appena espressa.

-Questo frocetto mi ha guardato, vuole provarci con me- spiegò con voce salda.

Il dio guerriero e il lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora