Capitolo 15 ~ Dannato telefono

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~ HJÖRTUR ~

Un numero sconosciuto lampeggiò sullo schermo del mio telefono. Infastidito, cliccai sul pulsantino laterale che, secondo gli insegnamenti impartitimi, lo avrebbe zittito. Oltre a Jessie, possedevano il mio numero soltanto le svogliate o robotiche vocine intenzionate a vendermi cose di cui non mi importava nulla.

Nel frattempo, mi appoggiai alla balaustra di un cavalcavia, scrutando l'incrocio di strade al di sotto. Ratri e quel suo compare stregone erano diretti a un edificio color ocra e dai davanzali blu, i cui spigoli formavano strutture simili a parziali torri ottagonali. Una di esse, più marcata di altre, era bianca e collegata alla biglietteria, una struttura più piccola e candida, sulla cui sommità campeggiava una scritta bianca in campo rosso: "aquarium". 

Non erano i soli ad entrare, giacché era domenica pomeriggio e gli umani cercavano di che svagarsi. Per quale ragione i due avrebbero deciso di andare all'acquario di Santa Monica, a due passi dalla spiaggia, quando meno di trentasei ore prima Ratri era riversa in una pozza di sangue? Cosa si celava in quell'edificio circondato da spessi incantesimi protettivi che mi avrebbero ucciso sul colpo - benché temporaneamente - se avessi provato ad avvicinarmi?
Per quanto rodessi dalla curiosità, sospettavo fosse meglio per me non scoprirlo... non potevo rischiare di essere costretto un giorno a svelarlo a lui

Il telefono emise un fastidioso suono simile a un muggito, vibrando nella mia tasca. Resistetti a stento all'impulso di lanciarlo giù dal cavalcavia o almeno assorbire tutta la batteria. Questo sì che sarebbe stato efficace per ottenere un po' di silenzio. Come facevano gli umani a sopportare quei dannati affari? Avrebbero dovuto pagarmi per usarlo, altro che il contrario!

Realizzato che Ratri era ormai entrata dove non potevo seguirla, esasperato, mi ritrovai a rispondere alla chiamata, nella speranza di poter almeno sfogare la frustrazione sul malcapitato di turno.

"Non sono davvero dell'umore. Va' a importunare qualcun altro, venditore umano!"
"'Venditore umano'? Questa mi è nuova." replicò la voce odiata che mi congelò sul posto. No... non poteva essere lui!
"Tu... come hai avuto questo numero?"

"Non sono tenuto a risponderti. Rivolgiti con rispetto al tuo signore, schiavo! Non costringermi ad attivare anche il collegamento mentale." fu l'artica risposta.
"Scusa, padrone."
A pugni contratti, iniziai a camminare per allontanarmi dall'edificio in cui Ratri era entrata. Percepivo i segnali che congiungevano i telefoni umani ai satelliti, Jessie mi aveva spiegato che potevano essere usati per rintracciare la mia posizione. Se il padrone aveva trovato il mio numero...

"Sai, è buffo che tu abbia omesso di dirmi che possiedi un telefono."

Il tono sembrava tutto fuorché divertito. Contrassi le spalle. "Non l'ho ritenuto rilevante, Padrone, ne carbonizzo in media uno al mese... e tu non ne hai bisogno per comunicare con me." ammisi, il che era parte della verità. Lui come l'aveva scoperto, helvìti?

"Allora perché disturbarsi? Chi dovresti mai contattare?"
"È il ventunesimo secolo anche per me, Padrone." sudai freddo, sforzandomi di deflettere ogni pensiero da un nome in particolare "Devo poter ordinare d'asporto o attivare un traduttore, quando mi viene fame a Tokio."
Il mio interlocutore soppesò le mie parole ed emise un verso di scherno.
"E il 911 da Los Angeles, se l'occasione lo richiede."

Mi fermai, traendo spunto da tutte le 27 lingue che parlavo - undici delle quali morte - per imprecare mentalmente a nastro. Nulla del mio orrore trasparì dalla mia voce, ad ogni modo. Avevo alle spalle un allenamento decennale nella recitazione.

"Una ragazza era stata aggredita sotto i miei occhi, padrone." spiegai, in tono noncurante. La risposta fu un'esplosione di furia.
"Una ragazza!?" ringhiò "Una qualunque? Non una strega Lunare fresca di iniziazione? Ho occhi e orecchie nel mondo degli stregoni, idiota."

TENEBRIS - Il canto della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora