Parte 1 - Capitolo 26

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Rientrata in Italia dalla capitale tedesca, noto con piacere che la forte mancanza di Fabio si è affievolita o comunque è molto più sopportabile di qualche giorno fa. Sarà stata l'influenza di mio fratello e Sofia, o il piano per l'immediato futuro che adesso ho chiaro in mente: ad ogni modo, mi sento rinata e piena di iniziative. Più di ogni altra cosa, ora sono pronta a fare di tutto per lasciarmi Fabio alle spalle e andare avanti.

«Mamma, ho preso una decisione. Voglio rimandare all'anno prossimo l'inizio dell'università, penso di aver bisogno di girare l'Europa in questi mesi» dico a mia madre, una sera a cena.

«E questa idea da dove ti è saltata fuori?» chiede alzando lievemente la testa dal piatto.

Vedendo la sua reazione negativa e già pronta a bocciarmi l'iniziativa, decido di lasciare fuori da questa storia Sofia e Luca, non voglio metterli in mezzo.

«Così, credo sia il giusto momento per fare una simile esperienza. E poi comunque ancora neanche ho le idee chiare su quale università fare, o addirittura se farla.»

Mia madre mi guarda con aria ancora più incredula.

«E sentiamo, con quali soldi pensi di poter fare viaggi in giro per l'Europa?»

Ovviamente me ne guardo bene dal nominare parole come autostop o couchsurfing, che ho letto essere molto popolare ultimamente tra i giovani che vogliono visitare una città senza spendere un soldo per dormire. Mia madre è troppo vecchio stampo, non capirebbe e starebbe inutilmente in pensiero.

«Ho i soldi che mi ha lasciato la nonna. Non li ho ancora usati, non sapendo che farci, ma ora so esattamente come spenderli. E poi gli ostelli non costano così tanto e se uno fa la spesa, anziché andare a mangiare in bar o ristoranti, può risparmiare un bel po' di soldi» le spiego propositiva e speranzosa che accetti la mia idea.

«Non saprei, Nina. Non sei mai uscita dall'Italia da sola, sicura che te la senti? Perché non vai con qualche amica? Starei più tranquilla» suggerisce passando da un tono duro e ostile a uno apprensivo.

Mi viene in mente Sara, l'unica persona con cui potrei fare un tale viaggio. Non la sento dal giorno del teatrino fatto con Carlo, aveva provato a cercarmi svariate volte, ma dopo molti tentativi inutili, ha demorso.

Non capisco perché ti stai comportando così, spero tu non mi stia dando la colpa di tutto. Sai anche tu che non sarebbe giusto, mi aveva scritto, ma non le avevo più risposto.

«Preferirei farlo da sola, è un'esperienza che voglio fare anche per mettermi alla prova. Ho diciannove anni d'altronde, quando mai ti fiderai di me?»

«Ma certo che io mi fido di te. So che sei una ragazza in gamba, ma è il mondo là fuori che mi fa paura. È di quello che non riesco a fidarmi» replica poggiando la sua mano sulla mia.

«Mamma, questo discorso non ha senso. Vedrai, andrà tutto bene, ti chiamerò ogni sera, se questo ti farà stare più tranquilla.»

Dopo qualche esitazione, finalmente acconsente.

«A patto che ne parli anche con tuo padre però.»

L'idea di alzare il telefono per sentire papà non mi va molto a genio. Sono mesi che ci sentiamo sporadicamente, e solo perché una volta necessitava di qualche documento che era ancora a casa nostra, un'altra aveva bisogno di aiuto per pulire la casa a fondo, un'altra volta ancora doveva spostare dei mobili in casa e gli servivano braccia forti, come dice lui.

Il nostro rapporto si sta deteriorando a poco a poco e spesso mi fermo a riflettere su chi sia il responsabile. Se io o lui. Nei rapporti interpersonali non ci sono regole scritte su chi si deve far sentire quando, ma ho sempre pensato che tra genitori e figli dovessero essere i primi ad assistere i secondi, i primi a farsi sentire presenti ed essere lì per loro, nonostante tutto. Perlomeno fin quando i figli non sono grandi abbastanza da prendersi cura poi non solo di sé stessi ma dei genitori diventati ormai anziani e bisognosi.

Sotto gli occhi delle nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora