Parte 3 - Capitolo 23

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La mattina vengo svegliata dal telefono, che avevo dimenticato di mettere in modalità silenziosa, ma non ho la forza di rispondere. Ho un terribile mal di testa, avrò dormito tre ore, turbata dal senso di colpa nei confronti di Andrea: anche se lasciarlo è stata la cosa giusta da fare, non la rende meno dolorosa.

Ti prego Nina, non puoi lasciarmi così, aveva detto; una storia tra due persone deve migliorare i singoli individui, non annientarli, gli avevo risposto; ma senza di te non riuscirei a vivere; ci stiamo solo facendo del male a stare insieme; ma posso cambiare per te; ho tralasciato le amicizie, messo da parte i miei desideri e bisogni; ma io ti amo; io invece penso di no.

Era stata una nottata intensa: davanti alle mie parole, Andrea aveva cominciato a tormentarsi la faccia, le unghie, i capelli, non aveva dato un attimo di tregua a ogni parte del suo corpo, cercando di provare un dolore fisico per affrontare quello emotivo. Era stata una notte piena di lacrime da entrambe le parti.

Si sbagliano quelli che dicono che è solo chi viene lasciato a soffrire. Io sto patendo per quello che ho fatto, al pensiero di far del male a un altro essere umano. E anche perché mi sento disillusa nei confronti dell'amore. Mi affligge l'idea che ho cercato per anni tratti di Fabio in tutte le persone che ho frequentato, aggrappata all'idea che un giorno saremmo tornati insieme, che ci sarebbe ristato un noi. E invece non ci sarà. E sono qua, su questo letto, in questa stanza, in una città che non è la mia, a dannarmi anche per il pensiero di aver perso per sempre un'idea.

Il cellulare squilla ancora, guardo il display, è Sara.

«Che coincidenza, avevo pensato proprio ieri di chiamarti» le dico.

«Ma che amica di merda sei?» mi urla contro.

Non capisco. Mi sono per caso scordata qualcosa di importante? In genere Sara le prende molto sul personale certe cose.

«Come scusa? Che succede?» chiedo confusa.

«Tu sapevi! Sapevi e non mi hai detto niente! Ma come hai potuto?» grida.

«Non ho idea di cosa tu...»

«E non continuare a fare la finta tonta, sai benissimo di cosa sto parlando» mi interrompe lei. «Tuo padre e mia madre. Oddio non riesco quasi a pronunciarlo.»

«Sara, calmati un secondo. Come lo hai saputo?»

«No, Nina, non ci provare. Non è questa la domanda da fare. La vera domanda è perché cazzo non mi hai detto niente...»

Mi alzo dal letto, lo schiaffo delle sue grida mi ha svegliato del tutto, si è portato via le ore di sonno mancanti, rendendomi vigile e attenta.

«Sara, datti una calmata. L'ho saputo anch'io poco tempo fa» dico. Ripetere il suo nome mi aiuta a non perdere la calma. «È stato uno shock anche per me, ti assicuro. L'ho saputo subito dopo la morte di mio padre.»

«No, no, no, bella mia. Non tirare fuori la carta della pietà con me. Valerio ha rovinato la nostra famiglia, è stato lui la causa di tutto!»

«Sei ingiusta a dire così. Mio padre ha tante colpe quanto tua madre. Le cose si fanno in due. Erano innamorati...»

«Zitta! Zitta!» sbraita furibonda. «Quello non era amore. Valerio ha tradito mio padre, erano amici da una vita. E se tu ora prendi le sue difese è come se tradissi me.»

«Ma cosa stai dicendo? Lo capisci che non c'entra niente quello che è successo tra di loro con noi e con il nostro rapporto?»

«E invece c'entra eccome! Migliori amiche un cazzo!»

«Senti, non reagire così. Forse ho sbagliato a non dirtelo...»

«Ci puoi giurare che hai sbagliato!» mi interrompe lei prepotentemente.

«Ho sbagliato a non dirtelo» riprendo io, «ma è stato un tuffo al cuore anche per me...»

«Oh, povera creatura» dice con sarcasmo, non lasciandomi finire la frase.

«Non sapevo come gestire la situazione, volevo proteggerti da tanto dolore.»

«Lo capisci che se non fosse stato per tuo padre, mia madre sarebbe ancora viva? E non avrei passato quello che ho passato?»

Lacrime di disappunto affiorano sui miei occhi.

«Sei incredibile. Davvero. Ma come ti permetti di addossare le colpe a mio padre per l'incidente stradale che tua madre ha avuto?»

«Perché è tutta colpa sua!» urla lei.

«Come puoi gettarmi addosso tanta violenza e tanto schifo? Mio padre è morto da poco, un minimo di rispetto, per favore.»

«Rispetto? Per lui? Spero tu stia scherzando» dice accennando una risatina isterica.

«Sei solo un'egoista, Sara. Lo sei sempre stata. Tutto questo risentimento nelle tue parole non so da dove nasca, ma è un problema tuo.»

Cerco di stare calma ma una fitta al petto mi fa respirare a malapena.

«Ah, finalmente viene fuori quello che pensi di me!»

«Forse per te è più facile accettare la morte di Carolina se puoi attribuire le colpe a qualcuno anziché al fato. Ma non rispettare così il mio di dolore e sputare veleno su mio padre, non lo posso accettare.»

Interrompo la chiamata, ancor prima che Sara possa controbattere.

E poi inizio a piangere. Piango lacrime di collera e indignazione, non di dolore. Rabbia nei miei confronti più che nei suoi. Se è arrivata a dirmi tante cattiverie, con un tale rancore, sono solo io da biasimare, che in un certo senso gliel'ho sempre permesso, abituandola così.

Prometto a me stessa che non sarò più il pungiball di nessuno.

Sotto gli occhi delle nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora