Parte 3 - Capitolo 19

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Passano un paio di mesi, la primavera comincia a mostrarsi nelle strade, nei parchi, il suo profumo travolge la città, cercando di farsi spazio tra l'odore di inquinamento proveniente dalle numerose macchine sempre in giro. Le giornate si fanno più lunghe ed è gradevole concedersi delle passeggiate sulla banchina a bordo Tevere.

Continuo a frequentare Andrea, anche se a volte non sono convinta della nostra relazione.

«Era davvero imbranata quella stronzetta oggi in palestra o voleva in tutti i modi che tu ti strusciassi contro di lei con la scusa di mostrarle l'esercizio?» gli chiedo di punto in bianco una sera a casa sua, dopo che siamo usciti dalla palestra.

«Nina, stai diventando paranoica. È il mio lavoro, non posso stare a pensare se una ragazza ha un secondo fine o a quello che potresti credere tu se una mi si avvicina. Mi stai mandando fuori di testa ultimamente!»

«Io ti sto mandando fuori di testa?! Possibile che tu non ti renda conto di come ti guardano quelle? Ti mangiano con gli occhi e tu sembri stare lì a flirtarci fiero!»

Lui si alza dal tavolo, lo sento prendere un intenso respiro per rimanere calmo.

«La vuoi piantare? Dovresti essere felice che il tuo ragazzo è così tanto desiderato e che invece lui ha scelto te!»

Il suo tono scherzoso e bonario non riesce a calmarmi.

«Ah, non sapevo fossi il mio ragazzo! Così come non lo sanno quelle specie di avvoltoi in palestra, visto che mi consideri a malapena quando sono lì dentro. Neanche vieni a darmi un bacio quando arrivo!»

Andrea alza gli occhi al cielo e scuote la testa. Poi riprende a parlare, con tono pacato.

«Lo capisci che sono a lavoro? Che vuoi che mi importi se quelle sanno che stiamo insieme. Perché non dovrei volerlo? Voglio solo rimanere il più professionale possibile e non mettermi a sbaciucchiare la mia ragazza sul posto di lavoro. Sì, hai capito bene, la mia ragazza! Vuoi che domani metta un cartello in palestra almeno tutti sanno? Nina è la mia ragazza, lo posso scrivere a caratteri cubitali se vuoi.»

Si mette a ridere, sta facendo di tutto per sdrammatizzare e portarmi il sorriso, ma è più forte di me. È la prima volta che mi sento così possessiva nei confronti di un ragazzo e la sensazione non mi piace per niente, odio come mi comporto e la mia gelosia assillante. Ho l'impressione di sorvegliarlo di giorno, attraverso i miei occhi, e di notte, attraverso i miei incubi, ma non riesco a invertire la rotta.

«Spiritoso! Sai che non è quello che intendevo. Però vorrei anche io un po' più di attenzioni là dentro.»

«E va bene, principessina, le darò più attenzioni. Però sui baci non transigo, non voglio che il capo mi riprenda per quello.»

Lo guardo imbronciata, incrocio le braccia sul petto, mentre lui tenta in diversi i modi di strapparmi un sorriso, a cui alla fine cedo.

Nonostante le parole di Andrea, nei giorni successivi sento crescere dentro di me il malumore, dato dalla paura di riscivolare nella vecchia me, quella con poca o nessuna sicurezza in sé stessa. L'idea di perdere quello che ho acquisito con fatica mi fa soffrire. Non riesco, però, a fermare il flusso dei pensieri, delle azioni, delle sensazioni negative.

Penso di detestare inconsciamente Andrea per questo mio stato di confusione, mi sento intrappolata in un circolo vizioso. Più lo odio e più non riesco a fare a meno di lui. Inizio a vedermi grassa, brutta, inadeguata. Mi ritrovo a paragonarmi alle diverse ragazze della palestra, mi sento ossessionata dal loro fisico perfetto, finisco per non mangiare quasi più niente. Ho spesso dei brutti pensieri, penso che lui possa provarci con altre ragazze che sono lì ad allenarsi, così come ha fatto con me. E purtroppo questa mia paranoia sfocia in numerosi litigi.

«Ora perfino a casa in macchina devi accompagnarle! Menomale che erano solo clienti, come dicevi tu!» gli urlo una sera dopo che scopro il motivo del suo ritardo.

Lo vedo stringere i pugni, uno se lo porta addirittura alla bocca. Ho la sensazione che in questo momento potrebbe tirarmi un cazzotto per zittirmi.

«Perché vuoi farmi incazzare tutte le sere? Capisci che là dentro ci lavoro da quasi tre anni ed è normale se ho fatto delle amicizie? Rosa è una mia amica e visto che abita non lontano da casa tua mi sono proposto di accompagnarla. Era di strada!»

«Rosa è una mia amica» ripeto io facendogli il verso. «Un'amica che ti farebbe chissà cosa. Che pensi che non la vedo mentre è in palestra? La prossima volta le porto un secchio, quando ti guarda sbava!»

«Falla finita, accidenti! Ma lo senti quello che dici? Forse faresti meglio a cambiare palestra se assistere a tutte queste scene» dice facendo le virgolette in aria con le mani «deve farti star male così!»

«Certo, certo, almeno potresti fare quello che vuoi. Lasciamo perdere, non capisci!»

Andiamo avanti così per settimane, in questo pericoloso vortice da cui non riesco a uscire e che mi sta trascinando sempre più in basso. Mi sembra di sprofondare in un baratro, come se tutto il mio processo di cambiamento si stesse sgretolando sotto ai miei occhi inermi.

Poi ci sono i giorni in cui mi sento al settimo cielo, in cui le sue attenzioni e la sua voglia di ridere si trascinano via qualsiasi pensiero. Mi porta a osservare il mare, mi fa le sorprese più disparate. Ma anche in quelle occasioni, malgrado possa sembrare che tutto vada bene, di notte capita di svegliarmi di soprassalto, fradicia di sudore, convinta che mi stia tradendo con quella o quell'altra. Le immagini sono così vivide da sembrare reali, da provocarmi un dolore vero, come se mi ritrovassi veramente in quella situazione.

No, non posso continuare così, devo assolutamente fare qualcosa.

Sotto gli occhi delle nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora