3. Ma che cazzo

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Quando mi sveglio piove ancora. Sento la pioggia battere sul vetro della finestra e sul tetto, tanto forte che sembra voglia sfondare il cemento ed entrare in casa.

È strano, perché il meteo aveva detto che oggi sarebbe stata una bella giornata e il temporale sarebbe durato solo per la notte, invece sembra che stia solo peggiorando.

Menomale che è sabato e posso stare a letto ancora per un po', perché col cavolo che esco con questo tempaccio.

Provo a rimettermi comoda, a sprimacciare il cuscino che non mi era mai sembrato tanto sottile e duro e cerco la coperta che deve essere finita per terra perché su di me c'è solo il lenzuolo ruvido.
Che non profuma del mio ammorbidente.

Qualcosa di umido e caldo mi solletica il piede e salto a sedere sul materasso duro, guardo in basso, ai piedi del letto, dove un golden retriever dal pelo scuro mi sta leccando il tallone.

«Ma che cazzo!» mi tiro le ginocchia al petto.
Mi piacciono i cani, per carità, il problema è che io non ho un cane.
Lui si spaventa quanto me e mi abbaia contro, ma gli basta un istante e riprende a scodinzolare.
«E tu come sei entrato in casa mi...»

Dietro il golden retriever non c'è la mia scrivania e la finestra è sulla parete a sinistra e non a destra. Non c'è il mio armadio e nemmeno il mio letto, perché questa non è casa mia.

«Sto dormendo ancora» decido, mentre cerco attorno a me segni di una sbornia finita male, ma sto benissimo e per quanto strana sia la stanza sembra in ordine.
Deve per forza essere un sogno, ci sono troppe cose strane: i pochi mobili scarni in legno, le imposte logore della finestra, la povertà che aleggia attorno a me.

La porta cigola e si apre del tutto permettendo a una ragazza un po' più giovane di me di entrare nella stanza, rossa in volto.

«Blu! Ti ho detto mille volte di non entrare nelle stanze degli ospiti!» si appresta ad afferrare il cucciolone per la collottola, poi alza gli occhi grigi su di me. «Sono desolata, signorina, vi porgo le mie scuse.»
Sbatto le ciglia una sola volta e sono troppo scossa per risponderle, allora lei va via e porta Blu con sé prima di richiudersi la porta di legno marcio alle spalle.

Chi diavolo dice "desolata"?
Chi diavolo "porge delle scuse"?

Ho una fantasia assurda e troppo vivida, perché lei era vestita con un abito marrone e un camice che solo nelle locande del medioevo avrebbero indossato.

«È uno scherzo?» chiedo ad alta voce, perché sono quasi certa che ci siano delle telecamere nascoste. «Avete esagerato con la ragazza!»

Una volta ho visto un video in cui alcune persone cambiavano tutto l'ambiente attorno a un uomo addormentato.

Scendo dal letto e quando mi avvicino alla finestra mi rendo conto che dopotutto non è così ovvio che si tratti di uno scherzo. Per cominciare, qualcuno avrebbe dovuto spostarmi dal quarto piano di un palazzo, al primo piano di un edificio fatiscente e la strada attorno a me è diversa, c'è odore di pioggia e umidità, troppi attori vestiti come se fosse un medioevo alternativo e ...
Porca puttana! Hanno noleggiato carrozze e cavalli?

No. Non è possibile.

«Okay, è troppo elaborato per essere uno scherzo.»
Le parole mi escono troppo nitide dalla bocca, tutto quanto è fin troppo lucido.
Non ho mai fatto uso di droghe, non ho mai bevuto fino a stare così male.

O sono in coma o è un sogno. O entrambe le cose.

Leonardo DiCaprio in Inception mi ha insegnato che ho bisogno di un calcio per uscire da questa follia che sembra reale.
Sono così consapevole di me stessa che ho paura di farmi del male, perché temo che sentirei il dolore.

Come Salverei L'Ennesimo RomantasyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora