18. Il mio viaggio non è il viaggio dell'eroe

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I genitori di Lyra hanno a loro volta dei nomi impronunciabili, che forse sono tipici di Fiumerosso; poiché non li ricorderò mai ho scelto degli abbreviativi anche per loro, ovvero, Rina e Leo.

Rina e Leo si sono svegliati di buon'ora per preparare la colazione, ma poi sono rimasti seduti al tavolo tenendosi per mano a guardare la figlia che prepara delle borse con le provviste per la prossima tappa. Dovremo arrivare alla Torre di Voxus tra un'ora più o meno, considerando che cinquanta minuti ci vogliono solo per prepararci, lucidare le armature di Kaiden e Asher e cercare loro dei vestiti puliti, che a quanto pare non sono così facili da trovare come quelli femminili che hanno dato a me.

Io mi sento malissimo.
L'insonnia di ieri notte non era solo dovuta alla paura degli incubi; magari. Stamattina all'alba è arrivato lo stronzo con un po' di ritardo e Rina mi ha dovuto spiegare con una punta di incredulità che qui gli assorbenti non esistono.
Ovviamente.
Ma che cazzo.

"Cosa usare voi donne delle montagne a nord?" Ha continuato a chiedermi per tutta la mattina mentre mi riforniva di slip che si riempiono di strisce di cotone assorbente con dei bottoni che si possono cambiare e lavare.
È odioso. Non ce la faccio. Mi chiedo se mi coprirebbero di soldi se "inventassi" degli assorbenti.
Per i tampax forse non sono pronti.

Così, adesso sono a colazione con la nausea e senza antidolorifici.
Lyra mi accarezza la schiena e io posso anche piangere per questo gesto involontario e dolce.

Rina lancia delle occhiate traverse a suo marito ogni volta che Lyra inserisce qualcos'altro nella borsa, sembra una che non riesce a trattenere la pipì.
E infatti, poi, stringe la mano a Leo e butta giù d'un fiato: «È arrivato il momento» dice.

La frase basta a farmi dimenticare della nausea e mentre un attimo prima ero accovacciata sulla tavola adesso mi siedo dritta.
Che succede? Credevo che i colpi di scena fossero finiti, o almeno, un libro che si rispetti prevede che siano spaziati tra loro di almeno settanta pagine, ma qui sembra che la mamma stia per rivelare un importantissimo segreto di famiglia.

Leo, infatti, le stringe le dita come per darle coraggio e Lyra si ferma a fissarli, percependo che qualcosa non va. «Il momento per cosa?» chiede.

Forse non dovrei essere qui, ma nessuno mi manda via, Rina si siede più dritta, stritola le dita di Leo e sorride. «Tesoro, quello che sei in grado di fare...»
«Nom è pericoloso, mamma!» si difende subito Lyra, il panico le accarezza le corde vocali, insieme alla paura di essere un mostro agli occhi dei genitori. Cosa che non succederebbe mai, lo so.
Rina, infatti, scuote la testa. «Ce lo hai nascosto così a lungo.»
Lyra piega le labbra verso il basso. «Mi dispiace» poi prende dei respiri brevi e intensi. «Avevo paura», confessa «Ero diversa da tutti gli altri e...»
«Perché lo sei, Lyramweil» dice suo padre, tagliando a corto. «Sei diversa. E noi avremmo dovuto prepararti a questo.»
Lyra incorcia le sopracciglia. «Voi lo sapevate?»
Rina scuote la testa di nuovo. «Non ne potevamo essere sicuri, ma la possibilità c'era.»
«Non capisco» la ragazza sceglie di sedersi e secondo me è la cosa migliore.
«Tesoro,» Rina si sporge sul tavolo, lascia le dita di Leo e afferra una mano di Lyra in entrambe le sue. «Tu eri una bambina di Lungolago. Ti abbiamo adottata quando eri appena una neonata.»

Sgrano gli occhi, il mio stupore è comparabile a quello di Lyra.
Certo, ne si leggono a migliaia di scene così, ma viverla è un'altra cosa.
C'è un mix di emozioni così intenso che sembra fare rumore nel silenzio che cala dopo la rivelazione.

Le due donne iniziano a parlarsi con gli occhi, c'è dolore, speranza e tanto amore in quello di entrambe.

Poi un rumore vero ci distrae, almeno me e Leo.

Come Salverei L'Ennesimo RomantasyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora