13. Casa dolce casa

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Rieccomi dove tutto è iniziato.
Oggi, però, non piove e la strada è tranquilla, sebbene più persone la occupino rispetto alla prima volta che l'ho percorsa; i venditori ambulanti e i viandanti si distribuiscono per tutta la carreggiata e i carretti ai lati sono distanziati gli uni dagli altri perché non devono fronteggiare alcuna tempesta, ma godono del bacio di un sole nemmeno troppo caldo.

Io sono tutta sudata, come me anche Orlon, ma nessuno dei due si è lamentato dell'odore dell'altro. Il bagno al fiume del giorno prima non è servito a molto e il fatto che la mia camicia sia di lino non è bastato a renderla più sopportabile; necessiterebbe di un lavaggio in lavatrice, ma temo che non esista.

Non ho mai desiderato così tanto una doccia in vita mia.

E mi fanno malissimo la schiena e il sedere, la mia esperienza con l'equitazione può anche finire qui, appena smonto dal dolcissimo stallone che non si è mai degnato di passeggiare con calma.
Mi sono chiesta spesso se sia stato Orlon a spingerlo a trottare allegramente minacciando di farmi cadere più volte, ma non ho mai voluto chiedere, perché quando apro bocca mi vengono in mente Aaron-Asher e i suoi avvertimenti.

Non voglio pensare a che impatto abbiano avuto su di me le sue parole; dopotutto, oggi è il grande giorno, Lyra e la sua famiglia si riuniranno e questo significa che il suo obiettivo sarà raggiunto e non ci sarà piu niente di interessante da raccontare.
Questo è il giorno in cui torno finalmente a casa.

Il castello d'ossa si staglia all'orizzonte, il sole lo colpisce in pieno facendo luccicare le guglie bianche e gialle. Negli anni, le ossa di centinaia di migliaia di scheletri si sono fuse, infine, a creare quel materiale spesso e inquietante che potrebbe somigliare al marmo, ma a un occhio più attento non nasconde venature rosee e solchi giallastri.
È raccapricciante e noi ci stiamo andando incontro consapevolmente.
Che geni!

Sono così presa dall'edificio, diamante dello stile gotico, che non faccio nemmeno caso al silenzio che cala per strada man mano che ci avviciniamo al pontile che sovrasta il fossato.
Non è solo l'ambiente inquietante che avanza e sostituisce il rumore allegro della cittadina, ma anche l'aria severa sui visi delle prime guardie e degli uomini che incontriamo. Noto troppo tardi che si stanno facendo da parte per permetterci di passare e qualcuno abbassa addirittura la fronte come se si stesse inchinando mentre Kaiden ci apre la strada.

Mi giro a guardare Lyra alla mia sinistra e anche lei lo nota, poi i suoi occhi giovani e curiosi si spostano sulla schiena del guerriero solitario. Non le ho chiesto il motivo del litigio, non voglio dare peso all'episodio, così sarà più semplice ignorarlo per lei, però ho dei rimorsi. È come se mi stessi perdendo qualcosa e allo stesso tempo non mi importa, voglio solo chiuderla qui.

Arriviamo ai cancelli arrugginiti e a Kaiden basta un gesto delle dita per farli aprire. Da qui il castello incombe su di noi e con esso i dettagli delle ossa più piccole che non si sono fuse. Provo a distogliere lo sguardo dalle gabbie toraciche, i femori e i teschi che riempiono gli angoli del cortile come oggetti decorativi, ma la nausea mi assale lo stesso.

«Sta' ferma,» borbotta Orlon, «stai facendo innervosire Grant.»
Grant è il cavallo che ci ha dovuti sopportare e che non vede l'ora di disfarsi di noi. È per lui che decido di darmi un contegno, almeno finché Kaiden non ferma il suo cavallo e smonta veloce.

Dopo due giorni ho imparato a mettere il piede nella staffa e smontare senza l'aiuto di nessuno e il merito è del mio personaggio preferito, che con una santa pazienza mi ha spiegato per filo e per segno come piegare ogni parte del mio corpo per non sembrare un'imbranata a cavallo e, soprattutto, per non cadere.

«Entriamo!» esordisce Kaiden senza degnarsi di guardarci. Si guadagna una mia smorfia disgustata e gli tolgo un punto simpatia. Con questo siamo più o meno a meno venti.

Come Salverei L'Ennesimo RomantasyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora