• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 33 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒

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Quando riapro gli occhi vedo che sono seduta di nuovo all'interno del pub. O, meglio, sdraiata su una delle panche, con un cuscino messo sotto la testa. Getto un'occhiata rapida al mio fianco e noto subito Sarah, che mi osserva con espressione apprensiva.

«Lady Sophie, come state? Vi sentite bene?» mi chiede a raffica.

«S-sì, credo di sì» riesco a dire con un soffio di voce. «Ma... Anthony?»

Sarah volta lo sguardo in direzione di una delle finestre, dove si vede chiaramente un certo movimento proveniente dall'esterno.

«Cosa è successo al mio Anthony?» le domando ancora, provando a sollevarmi dalla panca. Lei sembra esitare e il mio cuore rallenta di nuovo i battiti.

D'improvviso mi tornano in mente le ultime immagini che ho visto prima di perdere i sensi: a terra, sotto la carrozza, c'era l'uomo che amo... insanguinato e svenuto. O forse era...?

Non voglio neanche pensarlo, no. Non posso crederci. Non posso pensare che il destino sia stato così crudele con noi. E con lui, dopo tutto quello che ha passato nella vita. Mi alzo in piedi e la mia cameriera mi sostiene, ha le lacrime agli occhi ma non dice nulla. È provata quanto me.

Usciamo dal pub insieme, dove troviamo Thomas accovacciato sul ciglio della strada, con le mani sul viso e la testa bassa. Sarah mi guarda e io annuisco, lasciandola avvicinare al ragazzo, mentre io mi dirigo lentamente verso un'altra carrozza ferma, davanti alla quale ci sono due uomini anziani, vestiti di tutto punto, con delle valigette poggiate accanto ai loro piedi. Uno di questi sta visitando il corpo di Anthony, steso a terra su un lenzuolo ormai macchiato di fango e sangue.

«Come... come sta?» chiedo con titubanza ai due uomini, sicuramente medici.

Uno di essi si gira in mia direzione. «Siete sua moglie?»

Scuoto la testa. «Non ancora. Vi prego, ditemi che è vivo e che si rimetterà.»

Sento già pizzicare le ciglia, mentre le lacrime si accumulano in attesa di scendere copiose. Sospiro e mi sforzo di non guardare l'uomo che mi ha rapito il cuore, inerme su quel telo, mentre dirigo lo sguardo verso uno dei medici, che continua a rivolgermi un'espressione carica di compassione.

«Temo di non avere buone notizie per voi, signorina.»

Deglutisco a forza, in silenzio.

«Dobbiamo portarlo in ospedale e consultarci, in modo da poter esprimere un parere corretto dopo una visita approfondita. Il respiro c'è ancora, ma è molto lieve. Ha dei parenti?» mi chiede il medico, gettando un'occhiata al Duca e io annuisco.

«Andrò a prendere sua madre. Saremo in ospedale il prima possibile» mormoro fra le lacrime.

«D'accordo. A dopo.»

Con l'aiuto di Sarah e di Thomas vado a dare questa infausta notizia a lady Amelia, sperando sia in casa, in modo da poterci dirigere quanto prima in ospedale. Non voglio lasciare solo Anthony un minuto di più.

~ 🌹🌹🌹 ~

La carrozza si ferma proprio davanti al St. Bartholomew, l'ospedale dove la Duchessa madre è solita prestare beneficenza e dove mi sono recata con lei mesi orsono. La facciata dell'edificio mi risulta familiare, ma l'odore forte che c'investe una volta entrati mi fa girare la testa.

Mi torna in mente l'immagine di Anthony insanguinato, a terra, inerte e senza vita. E allo stesso tempo penso a lui mentre mi sorride, perfino a lui mentre mi rimbecca all'inizio della nostra relazione.

Il mio cuore perde un battito e di questo passo temo che non avrò più uno scopo per continuare a vivere.

«Dite... dite che...» balbetto, senza riuscire a continuare la frase.

Lady Amelia mi prende sotto braccio e mi sostiene con una forza inaudita. La guardo mentre mi sorride e mi chiedo dove trovi la forza. «Anthony è qui, da qualche parte. E presto tornerà da noi, Sophie.»

In qualche modo le sue rassicurazioni hanno l'effetto di calmarmi, almeno durante il tragitto verso la stanza in cui è tenuto in osservazione l'uomo che cerchiamo. Quando entriamo in questa camerata dell'ospedale un forte odore mi fa girare la testa: un misto di sudore, alcol, sangue e chissà cos'altro. Sento lo stomaco attorcigliarsi, mentre avanziamo lungo i letti, fino ad arrivare all'ultimo in fondo all'enorme stanza, dove si trova proprio Anthony. È steso sotto un lenzuolo bianco, gli hanno ripulito il viso e ha gli occhi chiusi, una benda gli fascia la testa ed è immobile. Anche così è bellissimo e il mio cuore trema a saperlo qui da solo.

Stringo a mia volta il braccio a lady Amelia. «Non è bellissimo?» mi chiede con un filo di voce.

Posso solo annuire, poiché non riesco a dire altro se non questo.

Quando recuperiamo due sedie per poterci accomodare accanto al suo letto, un medico si avvicina a noi: è lo stesso uomo che lo ha soccorso davanti al pub.

«Buon pomeriggio. Dovete essere la madre, giusto?» domanda in direzione della donna al mio fianco.

Lei annuisce, così il medico prosegue: «Vostro figlio è il Duca di Somerset, esatto?»

Lady Amelia annuisce ancora.

«Da alcune ricerche ci risulta che vostro figlio ha riportato una cecità parziale in seguito alla Battaglia di Trafalgar, su una delle navi della flotta reale. E nello stesso conflitto è stato anche colpito alla gamba, impedendogli successivamente di camminare senza l'ausilio di un bastone. È corretto?» chiede ancora il medico.

Di nuovo la donna fa cenno di sì con la testa. «Ma ditemi, ora come sta? Cosa è successo?»

«Vostro figlio ha avuto un incidente con una carrozza trainata da cavalli imbizzarriti, un infausto evento accentuato dalla mancanza di vista che gli ha impedito di sottrarsi anticipatamente allo scontro.»

La donna e io ci guardiamo con aria affranta, lasciando che l'uomo prosegui il suo discorso.

«Attualmente lord Anthony è in coma. Quando è arrivato in ospedale aveva già perso molto sangue, gli abbiamo somministrato le cure dovute, ma non si è risvegliato e il suo respiro è debole, seppure sia ancora regolare. Non sappiamo se e quando potrà tornare a essere cosciente, inoltre non conosciamo neanche gli esiti di un incidente di questo genere. La testa ha colpito terra con forza, Dio solo sa quali conseguenze avrà tale evento.»

A questo punto lady Amelia si mette a piangere e io mi alzo in piedi per appoggiare la mia mano sulla sua spalla, in un tocco carico d'affetto e comprensione. Il mio dolore è enorme, ma il suo è certamente insormontabile. Non oso neanche immaginare cosa significhi rischiare di perdere il proprio figlio due volte nella vita.

«Mi dispiace... non posso darvi notizie migliori. Bisogna soltanto aspettare e osservare.»

Quando il medico si congeda restiamo noi due al capezzale di Anthony. E dopo lunghi momenti di silenzio e angoscia riesco a dire: «Volevamo fuggire.»

La mia confessione fa ridestare lady Amelia dal suo torpore, mi osserva con gli occhi sbarrati ma poi annuisce debolmente.

«Non volevamo arrecarvi un dispiacere, è che... ci siamo innamorati» confesso ancora.

«E pensi non me ne sia accorta, mia cara?» mi chiede lei con un breve sorriso. «Erano anni che non vedevo Anthony così cambiato, così ottimista e felice.»

«Purtroppo non è propenso a mettersi, per così dire, in mostra. L'alta nobiltà londinese, lo saprete meglio di me, è piena di persone che giudicano e che non fanno altro che sparlare degli altri. Inoltre mia zia non vede bene la nostra unione, perché fa parte di questa cerchia di pettegole, e me ne vergogno davvero tanto» dico tutto d'un fiato, con aria dispiaciuta.

«Non ti devi rattristare, cara Sophie. Non siamo tutti uguali e sono certa che tua zia capirà, un giorno, che essere diversi da lei non significa essere peggiori.»

Annuisco e restiamo il pomeriggio accanto al corpo di Anthony, un uomo addormentato e apparentemente privo di vita. Il cuore mi si stringe intorno a lui e al vuoto che ha creato questo incidente. Non so cosa mi aspetterà domani, ma sono sicura di una cosa: parlerò di nuovo con la zia Bridget e le farò capire che non c'è un altro uomo per me. Aspetterò il mio Anthony per tutta la vita, se necessario.

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