• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 29 ~ 𝒜𝓃𝓉𝒽𝑜𝓃𝓎

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Forse sto sognando o forse no... magari sto morendo e questa, devo dirlo, è la più bella morte che possa fare, ancor più di morire in battaglia. Il fantasma di Jeremy mi perseguiterà a vita, ma non c'è altro posto in cui io voglia stare in questo momento: nient'altro che le braccia di Sophie.

Non so dove io abbia trovato il coraggio di dire ciò che pensavo, ma soprattutto di accettare ciò che il mio cuore mi sussurrava. Per molto tempo ho fatto finta di niente, mi sono alienato da me stesso, dalla mia vita e da mia madre; ho creduto di non essere nulla di diverso dalla mia cecità e dall'invalidità della mia gamba. E a nulla sono valse le preghiere di chi mi ha generato, fin quando non è arrivata lei, con la sua ingenuità, la sua purezza d'animo, la determinazione con cui mi ha contrastato, il fuoco che le ho percepito attraverso la carne.

Lei brucia e arde di passione, ancor prima di sciogliersi sotto le mie dita. Lei è una fiamma che ha bisogno di essere alimentata dalla verità e dalla sincerità. È una corda di violino che ha necessità di essere sfiorata e di vibrare per udirne il suono, è un tasto di pianoforte, da premere secondo uno schema preciso per accordarlo e ricavarne una melodia armoniosa e dinamica.

Lei è qui e ancora non ci credo. Non è fuggita, non mi ha respinto, è qui al mio fianco e mi vuole almeno quanto la desidero anch'io. Si fida di me e io mi fido di me stesso, a questo punto. Le continue insistenze di Thomas mi hanno convinto e, d'altronde, non ho nulla da perdere. Nient'altro che lei. E se non mi fossi fatto avanti l'avrei comunque persa con un matrimonio combinato da sua zia.

Nei miei sogni Sophie ha sempre avuto l'aspetto di un angelo, dal volto indefinito, con qualche linea immaginata da me e dai tratti che ho potuto seguire con le mie dita quelle poche volte in cui l'ho toccata, ma adesso è davanti a me e si affida alle mie labbra, al mio corpo, alle mie mani che vogliono plasmarla come la più bella delle sculture. La immagino come Psiche, scolpita dal maestro Canova nel marmo bianco mentre guarda negli occhi Amore: in un disegno che riuscii a scoprire prima di salpare con la mia nave, l'aspetto dell'amore aveva proprio quello e nei miei ricordi c'è lei, Sophie.

Inebriato dal profumo della sua pelle, mi spingo oltre e con la punta del naso affondo tra i suoi capelli. Inspiro e mi perdo in lei, lasciando che mi stordisca e non mi faccia più capire dove finisce il mio respiro e inizia il suo. Vorrei poterla vedere, ma tutti gli altri sensi sono così vivi da mandarmi totalmente fuori di testa quando la sento sospirare.

Le mie dita afferrano la base della sua nuca e s'intersecano ai suoi capelli fluenti e setosi, li sento liberi tra le mie mani, e in questo momento comprendo che potrei morirci in questa morbidezza.

Le massaggio la testa con movimenti dolci, per poi scendere lungo la gota, calda sotto il mio tocco impertinente, e infine le sfioro il collo con i polpastrelli. La sento fremere al mio tocco e allo stesso tempo tremo anch'io, sopraffatto dal piacere che da tanto tempo avevo sopito in me.

«Anthony...» mormora a fior di labbra.

È la prima volta che la sento pronunciare il mio nome, ed è la cosa più bella che mi abbia mai detto.

«Dimmi che non è un sogno, Sophie...» le dico a un passo dalle labbra.

Lei solleva una mano e sento le sue dita sul mio viso, che mi accarezzano piano mentre mi fanno chinare verso di lei in modo che possa baciarmi gli occhi. E lo fa con una delicatezza tale che penso sia davvero un angelo sceso dal cielo, venuto qui per riportarmi alla vita.

«Non lo è. Vorrei... vorrei vedere come te» mi rivela, e capisco subito cosa intende dire. In un lampo mi sfilo dal taschino un fazzoletto, che ripiego con cura per poi portarlo all'altezza del suo sguardo.

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