• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 13 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒

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La carrozza ci sballotta sulle strade di Londra, facendomi venire la nausea man mano che ci avviciniamo alla destinazione, mentre la zia Bridget non fa altro che ripetermi quello che devo fare.

«Allora, Sophie, ripeti quello che ci siamo dette.»

Gonfio la gabbia toracica in un profondo respiro. «Seguirò le altre debuttanti fino a quando non verrò chiamata per nome. A quel punto ci affiancheremo e proseguiremo insieme fino al cospetto della Regina Carlotta. Davanti a lei mi inchinerò e mostrerò un lieve sorriso, in attesa che lei possa scrutare la mia persona. Qualora avesse domande da pormi, allora risponderò. In caso contrario, dopo pochi istanti e con un nuovo inchino camminerò all'indietro fino a quando non potrò congedarmi, rimanendo al tuo fianco, zia Bridget.»

Mi rendo conto solo ora di non aver quasi respirato, così riprendo fiato e la zia annuisce, con un visibile sorriso, soddisfatta.

«Molto bene. Sono certa che farai un figurone», dice gettando un'occhiata all'esterno, per poi annunciare: «Ci siamo.»

Allo stesso tempo la carrozza si ferma e io sbuco fuori dalla porticina, restando qualche momento in osservazione dell'imponente palazzo che si prospetta davanti ai nostri occhi. The Queen's House. Non ho mai visto questo luogo da una così breve distanza e, nonostante io ne abbia fin sopra alla testa di tutti questi preparativi per la stagione, sono affascinata da tanta imponenza.

La zia mi affianca e intorno a noi altre carrozze si fermano davanti all'edificio, facendo scendere le debuttanti insieme alle loro accompagnatrici, oltre a svariati giovani uomini che, a loro volta, verranno presentati a corte.

Incontrerò la Regina e questo mi mette agitazione. Anche se non ho dormito quasi per niente la scorsa notte, un po' per il nervosismo che mi causava questa giornata, un po' per quello che ho fatto a casa del Duca, ora sento un'eccitazione sottile all'interno della pelle.

Avanziamo verso l'ingresso, dove le guardie della Regina sorvegliano coloro che vogliono entrare, e un valletto ci attende con una pergamena srotolata davanti a sé. Dopo aver comunicato i nostri nomi, la zia mi conduce all'interno del palazzo, dove mi soffermo ad ammirare gli arazzi, gli affreschi e i tappeti che adornano ogni corridoio e stanza che percorriamo. I pavimenti e i soffitti sono finemente decorati e vorrei quasi passare delle ore a poterli osservare, ma il vociare dei presenti mi riconduce alla realtà.

È il giorno del ballo della Regina Carlotta. E lei è seduta proprio su una poltrona dorata e rivestita da un prezioso velluto rosso fuoco. Imponente, nella sua acconciatura alta e sofisticata, racchiusa in un abito color pesca dalle mille balze, osserva tutti noi con un'espressione neutra.

La zia mi conduce verso DìDì e sua madre, la Contessa di Essex. Vorrei morire sul momento, perché avevo dimenticato ci sarebbe stata anche lei, ma purtroppo non è ancora giunto il mio momento, a quanto pare. «Carissime!» esclama la madre della mia nemesi.

«Lady Ellen, bentrovate» pronuncia mia zia, mentre io mi limito a un sorriso di circostanza, cosa che fa anche Dorothy.

«Ditemi, siete pronta per il debutto?» mi chiede la Contessa.

«Mi preparo a questo giorno da molto tempo.»

«La mia Dorothy si sta preparando da tutta la vita.»

E quindi?

«Una vita molto impegnata, immagino...» commento, con un filo di sarcasmo che solo DìDì riesce a cogliere, la posso notare con la coda dell'occhio mentre mi fulmina.

«Per essere bella e desiderabile c'è bisogno di tanto lavoro, cara Sophie. Solo così si potrà concludere un buon accordo con un marito degno della nostra dote. Ma voi non avete bisogno di così tanto impegno, vero? Avete una bellezza così genuina e naturale...» ed eccola lì, la sua ironia vendicativa nemmeno tanto velata.

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