È trascorsa una settimana intera da quando Anthony ha avuto l'incidente e, come il primo giorno, sono seduta al fianco del suo letto, con l'odore di questo ospedale a cui le mie narici ormai hanno fatto l'abitudine. Lady Amelia è andata a casa, ci diamo il cambio dopo qualche ora, per non lasciarlo mai solo. Chissà se si rende conto della nostra presenza...
Qualche sera fa ho avuto una discussione accesa con mia zia, l'ennesima. Ha provato a vietarmi di venire in ospedale, ma mi sono opposta con tutte le mie forze e alla fine le ho detto che la odiavo per quello che mi stava facendo. Ci è rimasta male, ma ha ceduto. Le sue ultime parole sono state: «Tanto è mezzo morto, ormai. Vai a dargli l'ultimo saluto, perché il tuo futuro è già stato deciso».
Con le lacrime agli occhi ci ripenso ancora e non riesco a capacitarmi di quanto possa essere stata crudele... mi vergogno anche di avere il sangue in comune con una persona del genere. A ogni modo sono qui, adesso, ma non ci sono novità. Anthony è immobile, nel suo letto, e anche se provo a toccargli la mano, se provo a parlargli, di lui e della sua vita non c'è traccia.
I medici non ci hanno dato nuove informazioni, ogni giorno passano a controllare, ma lui non accenna a migliorare. Ho terminato tutte le lacrime che avevo, ho consumato la mia mente nella preghiera, ho anche portato con me il libro di poesie che abbiamo letto diverse volte. Lo apro sul mio grembo, una pagina a caso mi si specchia davanti.
Un sonno mi sigillò la mente –
non avevo paure umane –
lei pareva creatura che non senteil tocco di anni terreni.
Ora non ha più forza né moto,
non vede né sente –
avvolta nel flusso della terradiuturno, fra piante, sassi, rocce.
William Wordsworth sembra leggere il mio cuore, come ogni volta che mi ritrovo a sognare tra i suoi versi. È sempre una scoperta e allo stesso tempo una certezza: eppure, nell'inesorabilità delle sue parole, oggi, vedo soltanto tristezza.
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Dieci giorni e la situazione non è cambiata di una virgola. Da ieri mi fa compagnia anche Harriet nel pomeriggio. Menomale che dalla mia parte c'è una faccia amica, perché quando torno a casa mia zia sembra lanciarmi fulmini a ogni passo che compio.
Ieri sera ho dovuto presenziare a un ballo anche se non ne avevo voglia, e lord Edward ha insistito tanto per il famoso invito nella sua tenuta di campagna. Ho cercato di fargli capire che ho difficoltà a spostarmi in questo periodo, ma la zia è intervenuta prima che potessi dire ancora qualcosa, e gli ha promesso che andremo presto a trovarlo. In carrozza, al ritorno, non mi ha neanche rivolto la parola. Ormai non ci salutiamo neanche in casa.
La mia testa, tuttavia, è altrove. È qui con Anthony.
Harriet mi stringe la mano, mentre insieme pronunciamo delle preghiere a voce bassa. Piango sommessamente e il dolore mi travolge le membra, soprattutto quando anche la mia amica torna a casa. Mi ritrovo da sola per un lungo tempo, tanto che poggio la testa sulle gambe di Anthony, a un certo punto, e socchiudo gli occhi. Mi risveglia la zia Bridget dopo non so quanto. Sobbalzo sulla sedia, di certo non avrei mai potuto immaginare lei in questo luogo di disperazione.
«Non volevo metterti paura» confessa a mezza bocca. Appare realmente dispiaciuta.
«Non l'hai fatto. È che... non mi aspettavo di vederti qui» le dico.
«Hai ragione. Posso?» indica la sedia vuota e io annuisco, guardandola mentre si accomoda al mio fianco. «Credo di doverti delle scuse, Sophie.»
Strabuzzo gli occhi.
«Non avrei dovuto utilizzare quelle parole, né toglierti il saluto. Mi sono comportata da maleducata, non avrei neanche dovuto dire quelle cose sul Duca» ammette in tono dispiaciuto. La vedo osservare Anthony con rammarico e malinconia, mentre le lacrime mi salgono ancora agli occhi.
«Ci sono novità?» mi chiede ancora, alludendo all'uomo di fronte a noi.
Scuoto la testa. «Purtroppo no.»
«Era... È un bell'uomo» commenta, correggendosi. «Capisco perché tu ne sia innamorata. Sono stata una sciocca a non capirlo.»
«Ti ringrazio della sincerità, zia, e anche di aver cambiato idea su di lui.»
Lei si volta in mia direzione con aria mesta. «Non intendevo questo. Voglio dire, mi dispiace per come mi sono comportata, ma è trascorso molto tempo ormai, Sophie. Dovresti andare avanti. Sono venuta a prenderti per riportarti a casa.»
«Cosa vuoi dire esattamente?» le chiedo con voce incrinata.
«Voglio dire che è tempo tu vada avanti con la tua vita. Lord Anthony aveva un'esistenza difficile già prima dell'incidente, figuriamoci dopo... sempre che ci sarà un dopo.»
Non credo alle mie orecchie. Tutto gira intorno a me, tanto che devo sorreggermi bene alla sedia. «Non dirai sul serio...»
La zia annuisce. «Temo di sì, mia cara. Ho stretto un accordo con la famiglia di lord Edward, te l'ho già detto da tempo. Potrai anche essere innamorata di quest'uomo, ma non è lui il tuo futuro. Non sarai felice al suo fianco, qualora si svegliasse e in chissà quali condizioni, ahimè!»
Scuoto più volte la testa, piangendo. «Non puoi farmi questo, zia... speravo ti fossi ravveduta. Speravo...» mi alzo in piedi, presa dal panico. «Non posso—»
Mi volto e fuggo via dalla stanza, correndo lontano da lei e da quello che mi sta dicendo, ma nella mia corsa mi scontro con lady Amelia, che mi abbraccia di rimando. «Buon Dio, Sophie! Cosa ti è successo? Anthony?»
Con la voce strozzata dal pianto riesco a dirle qualche parola e lei annuisce in silenzio, abbracciandomi e accarezzandomi la schiena, proprio come farebbe una mamma. Come avrebbe fatto mia madre. Quanto mi manca! Vorrei che fosse qui con me.
«Bambina, non essere triste. La vita a volte è ingiusta e le cose non vanno sempre come vogliamo...» mi dice con dolcezza. «Sai quanto sono stata felice di vedere Anthony finalmente entusiasta, ma non ci sono certezze per lui. E tu sei giovane, ma ancora non per molto. Tua zia vuole sistemarti e sta facendo la cosa giusta, anche se si è espressa male con te.»
Cerco di distaccarmi da lei, scuotendo velocemente il capo. «Non posso credere che siate d'accordo con lei!»
«Mia cara, sii ragionevole. Sono trascorsi dieci giorni dall'incidente e non sappiamo quanto questa cosa potrebbe andare avanti... io posso trascorrere il resto della mia vita al capezzale di mio figlio, nella speranza che si risvegli, ma tu no. Tu hai una vita davanti e un giorno sarai felice, lontano da qui e da questo dolore. Ascoltami», mi asciuga gli occhi, sorridendomi, «sei stata una benedizione per Anthony, ma è tempo che tu vada avanti per la tua strada. Non hai futuro con lui al momento.»
Resto in silenzio e la lascio andare da suo figlio, rifiutandomi di fare qualsiasi passo. Mi siedo nel corridoio dell'ospedale, perdendomi nel vuoto che si crea in me a ogni persona che passa e mi osserva con malinconia. Trascorre tanto tempo, prima che io riesca ad alzarmi di nuovo, e quando lo faccio mi sento svuotata.
A passi lenti mi dirigo verso la stanza dove si trova Anthony e da lontano osservo lady Amelia e mia zia parlare fra di loro. Mi avvicino in silenzio. Osservo a lungo l'amore della mia vita, prima di dire finalmente qualcosa. «Andiamo, zia.»
Non so come riesca a pronunciare queste parole, ma entrambe le donne mi guardano e la zia Bridget annuisce, prendendomi a braccetto. Insieme ce ne andiamo e io mi ritrovo ad azzerare le distanze con il mio inesorabile destino, quello da cui avrei voluto allontanarmi e verso cui, invece, tutti mi stanno spingendo.
Non ho più la forza di oppormi e l'unico che avrebbe potuto darmela, adesso, è in un limbo dove non posso più raggiungerlo.
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Eyes of Love
Tarihi Kurgu[COMPLETA] Londra, 1817. Lady Sophie Sinclair si ritrova a vivere presso l'abitazione della zia Bridget per affrontare il debutto a Corte, dopo la perdita dei suoi genitori e di suo fratello. Mostrando interesse per i ceti meno abbienti, i poveri e...