• 𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 21 ~ 𝒮𝑜𝓅𝒽𝒾𝑒

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Da qualche giorno a questa parte trascorro i pomeriggi liberi nel giardino di casa del Duca di Somerset, a leggere le poesie e i libri che preferisco, a bearmi dei cambiamenti che la natura compie in questa stagione, a stupirmi della nascita di un fiore che solo il giorno prima era un piccolo bocciolo. E, come quel fiore, io mi sento più aperta, matura, in grado di prendere in mano la mia vita e volteggiare verso il futuro radioso.

Quello che ho solo nella mia testa, sì.

Quello che rimane vivo nella mia immaginazione, ma che rimane solo un sogno a occhi aperti. Quando mi risveglio dall'incanto, ciò che trovo davanti a me è la strada tracciata da altri per il mio bene. E da essa non posso scappare. È il mio destino, lo è da sempre.

In momenti come questo ho una profonda nostalgia di mio fratello Aron. Con lui sarebbe stato tutto diverso, con lui avrei potuto parlare, mi avrebbe ascoltata, e se gli avessi detto che non avevo intenzione di sposare un pretendente a caso, lui mi avrebbe appoggiata. Lo avrebbe conosciuto, da uomo a uomo, e mi avrebbe detto la verità. Tutto sarebbe stato diverso, con lui. Provo una morsa al petto ogni volta che il pensiero mi ricorda i suoi occhi, li rivedo sempre nel mio riflesso allo specchio e mi fanno morire di nuovo. Ogni. Santissima. Volta.

Deglutisco e inspiro una buona boccata d'aria, mentre il vociare sommesso di Sarah e Thomas mi riporta alla realtà. Sullo sfondo ci sono loro due, ma in primo piano trovo una figura seduta, con la schiena dritta e le palpebre chiuse, la mano poggiata sull'inseparabile bastone, le dita lunghe e affusolate che lo stringono senza metterci troppa forza. Lord Anthony ha un'espressione serena, in questo momento, e ne sono particolarmente turbata, perché è così raro vederlo in questo stato.

Avevo quasi fatto l'abitudine alla ruga che ha al centro della fronte, come se facesse parte di lui anche quando non è corrucciato.

«A cosa state pensando?» gli chiedo, restando a guardarlo mentre si rende conto della mia domanda.

«A niente.»

«Sicuro? Proprio nulla? È difficile non pensare a niente.»

«Sicurissimo. E, fidatevi, è molto meglio così.»

«Perché?» domando con palese curiosità, e intanto stendo le gambe davanti a me, lasciando scivolare la lunga gonna verde chiaro.

«Ho sognato per una vita di non pensare a niente...»

«Normalmente a cosa pensate, invece?»

Il Duca ruota il viso in mia direzione e mi rendo conto solo ora che forse sono stata inopportuna con la mia domanda. La sua espressione è immutata. «Normalmente la mia testa mi riporta al passato, a una vita che non ho più il piacere di rivivere, anche se mi fa visita ogni giorno e ogni notte da dodici anni a questa parte, lady Sophie.»

Incamero ogni parola e abbasso lo sguardo a terra, riconoscendo quanta sofferenza ci sia in quelle poche parole. «Probabilmente non potrò mai capire cosa intendete.»

«Perché pensate questo?»

Faccio un breve sospiro. «Una donna non pensa ai problemi degli uomini, né a cose lontane come la guerra o la sopravvivenza. Il suo dovere è quello di amministrare la propria casa e provvedere al benessere del suo consorte e dei suoi figli.»

«Queste non sono parole vostre.»

«E chi ve lo dice?»

«Vi conosco.»

Mi conosce. Lord Anthony mi conosce e sa che non parlerei mai in questi termini... davvero? Sono così prevedibile, o cosa? Vago con lo sguardo nel giardino, poco più in là il suo valletto e la mia cameriera stanno parlottando seduti sul bordo di una fontana. Mi soffermo a guardarli e maledico me stessa per il moto d'invidia che mi risale dallo stomaco, facendomi storcere le labbra.

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