6.

42 3 0
                                    


BAR

Sto sognando o è la realtà?

Berlino, ottobre duemilaeotto.
Quattro e mezza.

«Mamma?» Chiese Tom in tono debole guardando la figura di sua madre che alla voce del figlio si voltó.

«Hey, amore» Disse sorridendo al richiamo.
Aveva il viso pallido, gli occhi spenti, delle borse violacee ed era incredibilmente piú deperita. Aveva pianto, palesemente aveva sofferto tra l'insonnia passata in qualche parte dell'ospedale...«Come stai?» Domandó dopo un lungo silenzio di contatto visivo.

Non si erano visti per giorni, Simone non aveva fatto rientro a casa dall'accaduto e Tom era rimasto da solo nell'appartamento con Marceline.

Il moro fece spallucce; doveva intuire che non poteva dire di star bene, oppure avrebbe potuto dirlo, come sempre, ma stava cosí male che gli risultó complicato mentire. «Tu?»

Lei annuí e fece un'ampio sorriso. Nonostante tutto, anche il peggio lo accoglieva con positivá e speranza, due caratteristiche che la rendevano una donna forte. Anche Bill era cosí. «Si spera il meglio» Sussurró e le fece la linguaccia; un'espressione per nascondere gli occhi lucidi.

«È morto?» Chiese diretto sentendosi una fitta al cuore per le sue stesse parole. Aveva gli occhi gonfi, le guance rosee e dalle sue labbra screpolate uscí una frase esplicita che fece sussultare la madre e se stesso.

«No» Guardó il figlio con una mano posata al petto, sconvolta come se avesse confessato un'affermazione.𝅙«No, no, no...non pensare queste cose» Sospirò e si sedette sul divano stanca. «Marceline non te lo ha detto? Bill si è salvato per miracolo e adesso lo stanno operando» Disse sorridendo consapevole che le sarebbe potuto accadere di peggio.
Guardó il ragazzo che rimase immobile senza muover dito dall'inizio della conversazione.
Sapeva stesse mentendo per non farlo stare male, era impossibile fosse vivo da una caduta del genere. Non aveva nemmeno capito cosa fosse successo. Era confuso. Sapeva però di non aver dormito per giorni, una cosa abituale da quando faceva serate, solamente che la collera in corpo lo aveva portato a risentirne il triplo malessere.

«Vieni quí.» Disse Simone prendendo delicatamente il suo polso con l'intento di farlo sedere accanto a lei. Il trecciato si voltó lentamente per guardare il gesto e come se lo avessero obbligato, si sedette come un bambino sulle gambe della madre. Quest'ultima si immobilizzó stranita per il gesto anomalo del figlio; di solito era Bill a mettersi in grembo della mamma come un lattante, ma Tom? Tom che normalmente non aveva dimostrato mai affetto nei suoi confronti...
Rimase confusa a guardare la possente schiena del figlio, poi gli allacciò le braccia attorno alla vita.

«Hai mangiato?» Gli chiese per rompere il ghiaccio, ma lui scosse la testa.

Aveva giá troppi pensieri per sé, mangiare era un'altro tipo di problema che non curó.

La donna, che soffriva sotto il peso del ragazzo, cercó di alzarsi con la scusa di preparare qualcosa, facendolo scendere.

Intanto in ospedale, sette medici facevano entra ed esci dalla buia stanza di Bill, attaccato da piú tubi che capelli.

Respirava a malapena, i tubi creavano un rumore incessante che sembrava stesse russando. Uno dei tanti macchinari affianco, produceva un bip che nel monitor suonava come un'onda alta, bassa e cosí via...
Il suo cuoricino batteva seriamente per miracolo, ma non per molto considerando le inoltrate sette ossa rotte e la botta dal terzo piano circa.

Prenditi Cura Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora