19.

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RIFIUTO

Io sono nessuno e loro sono tutti

Il buongiorno piú bello che Tom avesse mai provato.

No, non si riferiva a Chanel che lo guardava nuda, 'sta volta.

Si sveglió ad occhi chiusi e per via del sonno e per la luce intensa che penetrava dalle serrande, li mantenne tali.
Il suo primo pensiero fu immediatamente Bill, e quando il suo cervello lo elaboró, aprí di scatto gli occhi voltandosi verso il ragazzo che a quanto pare, lo stava giá guardando da un po'.
In realtà, fu inquietante ritrovarsi i suoi due bei occhioni che lo fissavano in silenzio come una civetta, con il sottofondo del grazioso rumore del tubo.

D'altronde, cosa poteva farci.

«Buongiorno» Gli sussurró lasciandogli poi un bacino sulla fronte. Bill chiuse gli occhi al gesto, poi li aprí e riprese a fissarlo come se quella fosse l'unica cosa per sopravvivere.

Il naso di Tom a contatto con i capelli di Bill, fece ribrezzo.

Questi ultimi li conosceva perennemente ordnati e profumati; pareva se li lavasse con un detersivo o persino con un ammorbidente, dato l'effetto luminoso che egli otteneva. Anche quando era in coma, i dottori usavano lavare Bill con shampii che lasciavano un terrificante odore di plastica sciolta, ma che sulla testa sua, fiorivano di un profumo immenso.

Ma quella volta no.

Quella volta i suoi capelli sapevano di un odore metallico e pizzicante, quasi come se fossero insanguinati. Dei capelli morti sul processo di decomposizione. Fu una sciocchezza, ma gli rimase impresso.

«Come stai?» Chiese ignorante a due occhi che sbatterono le ciglia. «Hai ragione» Ridacchiò correggendosi. «Sono scemo. Batti due volte gli occhi se stai bene» Buttó fuori e il fratello dinanzi a lui lo ubbidí per poi aprirsi in un enorme sorriso che al solito, si nascose dal tubo respiratore.
Ma Tom lo notó; nuovamente i suoi occhi si arricciarono creando due fissure. Era da sempre stato così. Bill quando sorrideva esageratamente gli si scomparivano gli occhi.

«Che ore sono?» Domandó a se stesso avvicinandosi al comodino su cui aveva appoggiato il telefonino. «Cazzo» Sussurró rimproverandosi. Era tardissimo per il lavoro. A quell'ora, il bar stava addirittura chiudendo.
Elencó a sussurri una fila infinita di parolacce rimettendosi comodo accanto il fratello che non si ostinó a spiccicargli sguardo di dosso.

Tom si portó un braccio alla fronte tenendo gli occhi chiusi.

Bill notó l'umile profilo del fratello; il naso perfettamente dritto e all'insú, le labbra schiuse la quale si muovevano leggermente perché il moro era intento a sussurrare bestemmie. A lui faceva ridere quando Tom si addannava in quel modo pessimista e se solo non fosse allettato, rinchiuso nel suo stesso corpo, si sarebbe alzato e messo a ridere delle disgrazie del gemello. Non riuscí piú a trattenersi, e sebbene avesse problemi alle costole, non riuscí a non ridere.
Il tubo produsse allora un rumore piú alto seguito da altri.
Il trecciato si voltò spaventato; Bill aveva di nuovo gli occhi stretti in un sorriso e il respiro spezzato comunicao dal tubo. Stava palesemente ridendo. Si fermó quando il dolore glielo limitó.

«Sei sempre rimasto il solito scemo» Gli sorrise Tom pizzicandogli divertito una guancia con due nocche. La pelle di Bill era bianca e delicata, piú di prima. Il tocco non fu aggressivo, ma gli rimase stampato sulla guancia come se gli avesse tirato un morso.

Prenditi Cura Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora