16.

30 4 0
                                    


MONDO CRUDELE

Non piansi, neanche una lacrima, ma allagai dentro

Berlino, marzo duemilaenove.

"Mi dispiace Signora Kaulitz"
Q

uesta fu la frase piú gettonata da tutti gli infermieri da ormai due settimane. Mi dispiace, Signora Kaulitz.

Tomcome tutti i giorni, si diresse per il lungo corridoio per l'ultima sala del reparto intensivo. Teneva gli occhi occupati sul suo nokia nero, mentre leggeva attentamente un dolce messaggio di Chanel. Sorrise e gli rispose con un emoticon smiley.

Una donna straziata di pianto, uscí rumorosa dalla stanza di Bill con un fazzolettino sporco accortocciato al naso che poi passó successivamente anche sotto gli occhi per assorbirne le amare lacrime della morte. Tom alzó lo sguardo; era sua madre. Non si aspettó di trovarla lí, normalmente lei faceva visita a Bill la mattina presto.

«Mamma?» Chiamó ponendo il telefonino sull'enorme tasca della felpa.

La donna gli fece l'incontro.
«Tom, sono disperata!» Esclamò lasciandosi andare fra le braccia del figlio che la guardó immobile. «Mi manca Bill. Non si sveglierá. I dottori non riescono a fare piú nulla per recuperarlo se non staccare i macchinari e non farlo piú soffrire» 𝅙

«Che novità. È da mesi che ripetono la stessa balla, eppure Bill è ancora vivo» Disse Tom cercando di convincere sia la madre, che se stesso.

Simone si staccó dalla presa e lo guardó con un dolore immenso agli occhi. «Non mi interessa, a me manca ugualmente. È come se lo avessi giá perso» Disse mordendosi il labbro cercando di non piangere, ma poi strizzó gli occhi sprofondando in un mare salato di lacrime. Fece avanti e indietro per i corridoi. Era agitata e questo suo stato faceva agitare anche Tom.

Lei aveva l'aspro vizio di trovare il bene anche nel male, sorridere in una possibilità persino in situazioni impossibili, tentava del dolce nell'amaro, si convinceva ad arrivare a toccare la luna alzando solamente un dito. Eppure, sotto sotto, non faceva che piangere per ogni minima cazzata, anche facilmente risolvibile.

Come Bill.

Qualitá ereditata.

«Posso entrare? O mi ritrovo qualche dottore con il Billtimer della morte?» 𝅙

Simone gli fece gesto di entrare con una mano impegnata a soffiarsi il naso.

«Salve» Salutó due infermiere che stavano cambiando dei strani fili ai macchinari di Bill.
«Come sta?» Chiese il moro alle dottoresse guardando il fratello che venne delicatamente sfiorato alle guance, dalle sue dita. Che domanda inutile e di merda.

Loro si diedero un'occhiata e sospirarono. «Insomma, benino» Rispose una donna dal viso antipatico.

«Normale» Si sedette sulla solita sedia in plastica blu vicino al letto, poi mise la mano su quella pallida di Bill e inizió ad accarezzarla con il pollice. Rimase ad ammirarlo, come mai avesse fatto. Fissó e notó ogni singolo dettaglio del suo viso: labbra, naso, occhi. Quei lineamenti tanto precisi e delicati creavano un contrasto fra la copia perfetta della mascolina immagine del gemello e il viso di una giovane donna. Il piccolo puntino scuro sopra il mento, era un neo, quello che Tom portava invece sulla guancia. Le ciglia, un elemento fondamentale nel suo make-up. Riguardandole non erano folte senza trucco, anzi, erano fine e senza forma. Ecco cosa intendeva Bill quando prima di mettere il mascara era solito a incurvarle con quello strano strumento, le piegava.
I capelli. Oh, quei maledettissimi capelli la quale avevano fatto perdere molteplici volte la pazienza del moro che ora se ne stava silenzioso su un letto medicale. Strano vedere che i suoi capelli tanto curati e ricchi di attenzioni, tutto d'un tratto, stavano inutilizzati su un cuscino in seta. Impastati di aria compressa, aria ospedaliera. Se solo Bill sapesse che gli infermieri usavano solo shampi schifosi ed economici per lavare i suoi intoccabili capelli, avrebbe tagliato le loro mani. Eddai Bill, non rischiare di farti rovinare i capelli. Apri gli occhi e curateli tu, no?

«Comunque penso sia meglio cosí» Affermó Chanel imginocchiata sul divano mentre affacciava il viso sulla finestra che portava la vista di un lago.

«Che vuoi dire?» Domandó accigliato Tom accanto a lei.

«Intendo, le cose accadono sempre per qualche motivo. Un motivo che ti porta avanti, un nuovo inizio» Spiegó voltando il capo verso il fidanzato che ancora scipito la guardava interrogativo.

«Vorresti dire che la sua morte  sará un motivo per crearmi una nuova vita da zero?» 𝅙

«No, cioè, oppure potresti» Biascicó lei sistemandosi meglio sul posto.

«Potrei? Chanel ma ci pensi due volte a quello che di dici?» Chiese Tom offeso.

«Non puoi piangerci per tutta la vita» Disse e Tom la guardó scioccato per qualche secondo.
E

ra seria? Stava bene con il cervello? Più Tom la guardava — serena e senza rimpianto dopo aver detto una cosa del genere — piú i nervi gli martellarono sulle tempie come tamburi.

«Comunque, domani mi esibisco. Verrai, giusto?» Disse mentre sfogliava la rivista posta sul davanzale che da un po' guardava.

Tom non seppe nè cosa pensare, tantomeno cosa rispondere. Dalla sua bocca non riuscí ad uscire nient'altro se non un sospiro scoraggiante, amareggiato dal comportamento ripugnante della ragazza. La sua mente si disconnesse dopo quelle parole, i pensieri andarono in tilt e per il momento si limitó a farle un cenno di acconsento con il capo.

Se Chanel fosse stato Andreas, Samuel o qualsiasi altro essere umano (esclusa sua madre), non ci avrebbe messo tanfo a farle saltare i denti con la mano serrata in un pugno. Ma d'altronde, lei era un angelo sorto da quel brutto periodo che lo fece escludere dal mondo intero. Una fonte di alimentazione in un isola deserta la quale cibo è amaramente proibito. Una sorgente di acqua sacra quando piú di ogni altra cosa ne desideri la consacrazione. Tom ne era grato, lei con lui, lui con lei. Chanel durante quei mesi non lo lasciava solo; non faceva passare giorno senza mandargli almeno un messaggio, organizzare un'incontro, una bella scopata, una cena e se non riuscivano proprio a vedersi per lavoro, si sentivano tramite telefonata. Lunga intensa telefonata. Da non negare, che Tom oltre i suoi aiuti, era perdutamente innamorato di lei. Anche se il suo essere distaccato non lo dimostrava.

«Grazie» Riuscí a spiccicare tre volte nell'arco di tutta la relazione. Chanel grata che il fidanzato stesse facendo progressi per quanto riguarda il suo modo di aprirsi affettuosamente, si aprí in un'ampio sorriso.

Prenditi Cura Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora