12.

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JORDAN

Pensami quando sarò lontano

Tom raccolse la vecchia fotografia rovinata posta sulla mensola, quella che aveva tirato fuori dal portafoglio, quella che aveva tenuto lì dentro per anni ormai. Nessuno ne sapeva niente, neanche Bill. Era sbiadita, il che non era strano dato che era molto recente, ed era strappata in un angolo, ma lo strappo non rovinava affatto l'immagine.

Sorrise tristemente mentre passava le dita sui due piccoli soggetti della foto, due bambini piccolissimi, nati solo da poche settimane. Così gli aveva detto sua madre quando lui aveva trovato quella foto in un vecchio scatolone a casa. Lei gli aveva permesso di tenerla, aveva detto di averne centinaia simili e Tom non stentava a crederci; sembrava che i genitori novelli adorassero fare foto ai loro bambini.

La foto naturalmente immortalava lui e Bill, imbacuccati in due pigiamini blu coordinati, addormentati ed avvinghiati insieme in una sola carrozzina. Sua madre non era stata in grado di dirgli chi fosse chi quando lui gliel'aveva mostrata, perché non se lo ricordava. Non importava però, nella foto stavano nasino contro nasino e si stringevano forte con le braccia, non ancora pronti a diventare due esseri umani separati. Tom era scoppiato a ridere quando sua madre aveva scosso la testa con un sorriso dicendo che prendersi cura di loro due era stato molto più difficile del normale, dato che si agitavano da morire quando venivano separati per essere lavati o cambiati o anche solo per dar loro da mangiare.

Lei aveva detto che Bill quando lo tirava sú dalla carrozzina, piangeva e si lamentava continuamente, mentre Tom iniziava a piangere con aria arrabbiata, il faccino che gli diventava rosso peperone mentre agitava le gambine in segno di protesta, e che non la smetteva finché Bill non veniva di nuovo posato accanto a lui. Quando l'aveva sentito per la prima volta, Tom si era sentito scaldare dalla punta dei piedi a quella dei capelli, ma adesso lo faceva solo sentire triste. Non erano fatti per essere distanti, non erano mai stati fatti per essere divisi, neanche adesso.

Si passó una mano fra i lunghi cornwons neri per trattenere un'altro pianto universale che avrebbe trionfato forte bruciore alle guance, da un momento all'altro. Rimase fisso a guardare invece fuori la finestra. Quella stessa finestra che ignara, aveva permesso ad un umile anima di lanciarasi senza riscontro. Quella stessa finestra che avrebbe dovuto stritolare nel momento in cui un pensiero intrusivo saltó in testa a Bill, almeno che, non fosse un'idea giá progettata giorni prima. Non si seppe.

Comunque sia, non c'era bisogno che la morte lo trasformasse in un angelo, lo era già terrestre.

Tom si contorse le mani.

L'orologio che portava al polso puntava le tre e mezza, doveva essere a lavoro per le tre. Fanculo. Stava giá sbordando le regole, come faceva a scuola, come faceva sempre. Non aveva assolutamente voglia di andare a sgrassare quelle scodelle di merda in cambio di due spiccioli, sinceramente era un lavoro inappropriato per lui, spettava alle sguattere.

Poi si pose una domanda.

Perché stava continuando a lavorare di controvoglia? Perché si stava obbligando? Invece di lamentarsi perché non si licenziava? Era cosí scemo, ma poi si bloccó e si corresse. Stava facendo tutto un sacrificio per mantenere lui e la sua piccola famiglia composta da due membri, o forse solo da sua madre. Non avrebbe di certo mollato l'unico lavoro che si poteva permettere per lo scanzafatiche che era, no, non avrebbe nuovamente ripetuto il medesimo errore di trascurare i suoi piani. E per piani, intendeva mantenere Bill e sua madre. Il pensiero del fratello in ospedale e la madre che usciva quotidianamente soldi dalla tasca per pagarne la cura, gli serví da motivazione.

Prenditi Cura Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora