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OCEANO


Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire

La luce affuscata proveniva dal sole nascosto tra le nuvole.
Esso circondava la sua figura facendolo sembrare un angelo sceso in terra, non aveva ali, né aureola, solo la sua nuda bellezza celestiale.

Tom fissó il suo gemello in silenzio, tra il sottofondo del mare e la musica di un locale in lontananza. Poi sorrise, pensando scioccamente che la sua pelle era così candida - come la neve - che potesse svanire ed estinguersi in quella stessa luce che lo circondava.
Poteva stare ore ad ascoltarlo, la sua calma fine voce era cosí docile da esser in un grado di far tranquillizzare persino due neonati urlanti... Ed era anche successo! Il suo esprimersi in modo chiaro, i termini ortologati, e la voce nivea dava un certo effetto a chi lo ascoltasse.

Ah, ma stava parlando?

«... Capito?» Gli chiese infine di un discorso Bill, guardandolo con un occhio chiuso infastidito dal sole e l'altro ambrato come miele.

«Sí» Annuí il fratello. Non aveva sentito una parola.

Il mare produsse suoni incontrollati e Bill si voltó su di esso rimanendo silente a guardare le onde come se stesse in attesa di qualcosa. Il vento afoso gli scompiglió i lunghi capelli corvini, essi erano sparsi ovunque sul suo viso; si era arreso di riordinarli e aveva permesso a qualche ciocca di appiccicarsi persino nel suo lucidalabbra. Il dolce odore del suo shampoo e dei prodotti vari che usava, si espanse nella direzione del vento, venendo in contro alle narici di Tom.

Il trecciato alzó lo sguardo sulla provenienza di quel docile profumo e si ritrovó un profilo perfetto, tanto uguale al suo che per tanto tempo aveva potuto ammirare solamente in orizzontale, sul letto di un ospedale. Lo vide chiudere gli occhi e schiudere le labbra lasciandosi andare dal calore della corrente. «Quando gli infermieri te lo concederanno, ti prometto che un giorno ti porterò al mare» Gli disse Tom accarezzandogli la coscia in modo affettuoso.

Bill rimase ancora un po' ad occhi chiusi, poi li riaprí verso le onde. «Promessa promessa?» Domandò stavolta voltandosi.

«Promessa promessissima» Sorrise e gli diede uno schiaffetto sulla gamba che prima accarezzava.

«E non dimenticarti di struccarti la sera» Gli raccomandó la madre mentre lui tratteneva le lacrime.


Erano le dieci di una calorosa mattina.

La zona si estendeva in un vasto giardino curato, pieno di fiori, qualche panchina sparsa in giro e delle verdi sane siepi. Dietro, un'enorme struttura bianca era ornata da innumerevoli porte e finestre che portavano tutte all'apertura di diverse stanze.

Tom e Simone guardarono perplessi Bill come se dovesse andare a diplomarsi, invece era tutt'altro conto. Il moro era confuso, come un cucciolo randagio appena abbandonano in un canile. Il concetto basico era più o meno quello.

Era in un canile.

Rimase a guardare i due familiari con le mani impregne di valigie.

«Non ti preoccupare, faccio io» Si sentí dire da una donna bionda alle sue spalle che gli sgombró dalle mani tutto ciò. «Potete stare tranquilli e sereni! In questo posto l'unica cosa di cui dovreste stare in pensiero è se il sabato sera le pizze le porteranno molle molle. Ah, odio quando la fanno sciogliere nel cartone...» Spiegó accarezzando la schiena di Bill. E lui si irrigidí al tocco.

Prenditi Cura Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora