CAPITOLO 1

328 8 2
                                    

La psicoanalisi ci ha insegnato da sempre l'importanza dei sogni. Lo stesso Freud li definiva come "la via regia per l'inconscio", ossia l'accesso a quei contenuti rimossi, come i ricordi, che sono intollerabili per la coscienza. Questi stessi contenuti, però, durante il sonno premono per sorgere alla nostra consapevolezza e, durante le mie notti, la censura che dovrebbe bloccarli sembra non funzionare, trasformandoli così nei cosiddetto "sogni d'angoscia". Ed è proprio l'angoscia ad accompagnarmi durante tutti i miei risvegli.

"Soleil, svegliati, devi prepararti"

Ed eccola qui, la voce di mio padre che si presenta con lui alla mia porta: Thomas Moore, 47 anni ma ancora uno degli uomini più belli del mondo, capelli castani, occhi marroni, un noto psichiatra ma che purtroppo non riesce ad aiutare sua figlia.

"Ah, sei già sveglia" dice guardandosi intorno. Non rispondo, gli faccio solo un cenno del capo ma non posso dirgli che ormai non dormo più, non posso dargli altro dolore, altre preoccupazioni.

Al mio silenzio continua "Lo so che è difficile ritornare in California, Soleil, ma non posso evitarlo. Io sono sempre qui, però ora prepara gli scatoloni che tra qualche ora dobbiamo andare", così decido di tranquillizzarlo "va tutto bene papà, lo so... dammi un po' di tempo e preparo tutto, ci vediamo dopo", mi fa un sorriso e lo vedo scomparire sulle scale.

Eh già, ormai è ottobre e devo ritrasferirmi in California, ma questa volta sarà diverso: questa volta non ci sarà mamma con noi, non saremo a Sacramento ma a Santa Barbara. Cerco di convincermi che sarà diverso, che ritornando lì, essendo un paese diverso, non sentirò la sua mancanza in quel modo così forte che 9 anni fa ha costretto papà a portarmi a Portland. Cerco di dirmi: forza Soleil, puoi farcela ancora. Perché in realtà non è lasciare questo posto che mi rende inquieta, non è lasciare questo college o gli amici che mi sono fatta, ma è rivedere la California, rivedere quel sole splendere in cielo nonostante io non senta più calore nel mio corpo, rivedere quel sole che ha sempre caratterizzato la mia vita ma che, ormai, sembra non saper sorgere più.

Due ore dopo...

Mi guardo intorno e la casa che ci ha accolto per 9 anni ma che non ho mai sentito realmente come casa mia adesso è solo un mucchio di scatoloni contenenti le nostre cose. Li guardo e vorrei avere la possibilità di chiuderci dentro i miei pensieri, le mie emozioni e le mie paure... ma non per portarli con me, per lasciarli lì.

Guardo più in là e noto papà vestito come suo solito di tutto punto, alza il suo sguardo ed incontra il mio. Io lo so che questo dolore non lo sto provando solo io, papà. Lo so che è difficile anche per te tornare lì, lo so e vorrei che non fosse così, vorrei potermi prendere tutto il tuo dolore, perché io posso sopportarlo papà, ho imparato a farlo. Posso sopportare tutto il dolore ma non posso sopportare di vedere i tuoi occhi spenti.

Papà sembra leggermi nella mente, sa farlo da quando sono piccola, il nostro legame è così forte che non abbiamo bisogno di parlarci, basta guardarsi e si attiva quel filo invisibile che collega i nostri cuori. Credo che sia proprio questa capacità a renderlo bravo nel suo lavoro: sa capire le persone dai loro comportamenti, dai loro silenzi, ancor di più che dalle loro parole. Anche la mamma era brava a farlo, per questo quando ho comunicato a papà di seguire le loro impronte studiando psicologia, si è commosso. Ricordo mi disse che la mamma sarebbe stata fiera di me, a vedermi continuare ciò che lei aveva iniziato e, soprattutto, ad aver appreso quelle che erano le sue capacità più importanti, quelle stesse capacità che la rendevano amata da tutti.
Si avvicina e mi stringe tra quelle sue braccia possenti. È solo in questo abbraccio che riesco ancora a sentirmi protetta, sono solo queste due braccia forti che riescono a trasmettermi la serenità, e mentre prima volevo essere io a prendermi tutte le sue preoccupazioni, adesso è lui a farlo, è lui che si è preso le mie, senza neanche rendersene conto.

"Sono pronta... ti voglio bene, papà" gli dico di getto.

"Andiamo mia piccola stella" mi risponde staccandosi.

Va verso le nostre valige personali ed informa gli uomini chiamati per il trasloco di ritirare tutti i pacchi.

Ci aspettano circa 15 ore di viaggio, papà ha scelto di andare in macchina in modo da poterci portare tutto l'occorrente necessario. In realtà non potrei essere più felice di questo: arriveremo domattina a Santa Barbara ed io ho tutto il tempo che prepararmi psicologicamente ma, soprattutto, per recuperare il sonno perso. Papà sa quanto mi piace viaggiare in macchina, sa quanto mi tranquilla, e non posso che vedere anche in questa piccola scelta un modo per proteggermi. Sin da piccola, quando trovavo difficoltà a dormire, mi portava con lui a gironzolare con la sua auto per le strade di Sacramento; ci voleva veramente poco prima che il sonno si impossessasse di me ed ancora oggi è così, nonostante sia proprio stato quello stesso mezzo di trasporto a togliermi la vita da dentro. Eppure, sembra ricordarmi di quell'incubo solo quando sono io stessa ad essere alla guida ma mai quando mi trovo nel lato del passeggero. Chi la capirà mai realmente la mente umana.

Entro in macchina, la Range Rover nera opaca di papà, mi metto nel posto del passeggero e dal finestrino do uno sguardo alla nostra casa, avrei voluto sentirla più mia, avrei voluto sentire già la mancanza degli amici che sto lasciando, ma la verità è che la mia vita è rimasta lì in California ed ora sto andando a riprenderla.
Riprenderla... forse rappresenta realmente il mio desiderio più grande: riprendere la mia vita di prima. Una vita felice insieme ai miei genitori, una vita passata a guardare il sole illuminarci le teste, a contare le stelle di notte, a leggere gli scritti di Freud non sapevo che sarei riuscita a coglierne il significato solo anni dopo; una vita fatta di abbracci e luce, una vita fatta di felicità, quella stessa felicità che la mamma ha deciso di portarsi con sé in cielo, quel cielo da lei tanto amato e ammirato, quello stesso cielo che adesso contiene la sua anima. Alzo i miei occhi per osservarlo: è azzurro, con alcune nuvole a contornare la sua bellezza. Resta sempre lo stesso, resta sempre lì... anche tu, mamma, resti sempre lì, intrappolata tra l'essersi ed il non esserci, tra il sentirti ma il non vederti.

Resti sempre lì e non hai la possibilità di tornare, ma un giorno io avrò la possibilità di raggiungerti.

Sun & Dark. Il sole oltre l'oscurità.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora