Capitolo 2

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5 anni fa

Era passato un anno da quando io e Alex avevamo creato la nostra casa sull'albero ed era, da un anno, che ci riunivamo lì per osservare le stelle.
La mia parte preferita era ascoltare Alex parlarmene mentre mi avvolgeva le spalle con il suo braccio, facendomi sentire protetta.
In quella casa avevamo condiviso tanti segreti; ormai sapeva tutto di me.
Non mi preoccupavo del fatto che potesse dirli a qualcuno perché so che non l'avrebbe mai fatto; di lui mi fidavo.
Guardando la casa pensai a quanto fossimo stati bravi nel costruirla.
Non fu semplice,infatti ci aiutò mia mamma, ma alla fine ci riuscimmo.
All'interno c'erano delle lucine che illuminavano interamente la casa, una coperta dove ci stendevamo per osservare le stelle, alcuni giochi di società e un pianoforte.
Ad Alex piaceva molto suonare e, a volte, passavo pomeriggi interi ad ascoltarlo.
Amavo il modo in cui suonava, la delicatezza che metteva ogni volta che premeva un tasto, la dolcezza della melodia che creava.
Mentre lo osservavo, notai quanto fosse cresciuto dal nostro primo incontro.
Adesso, era molto più alto ed era davvero bello.
Alex si accorse che lo stavo guardando da parecchio tempo, così smise di suonare e mi guardò.
Gli sorrisi e lui ricambiò.
«È davvero bella la melodia» dissi.
«Grazie. È un brano a cui sto lavorando» e dopo una breve pausa aggiunse «mi piacerebbe scrivere una canzone».
«Che bello, non vedo l'ora di sentirla» e poi aggiunsi «sono fiera di te».
Lo ero veramente perchè sapevo quanto la musica fosse fondamentale per lui.
Iniziò tutto quando aveva 10 anni.
I suoi genitori litigavano spesso e lui, per non sentirli, cominciava a suonare. La musica era diventata il suo unico rifugio.
A 11 anni cominciò a prendere lezioni di pianoforte e, adesso, era diventato veramente bravo.
Mi avvicinai ad Alex e mi sedetti vicino a lui.
«Vuoi che ti insegni qualcosa?» mi disse.
Io annuii.
Alex, allora, mi prese una mano e la mise delicatamente sopra i tasti del pianoforte  lasciando la sua mano sopra la mia.
Quel tocco provocò qualcosa dentro di me, ma ignorai quella sensazione.
Era da tempo che pensavo di provare qualcosa per lui ma alla fine mi convincevo che fosse solamente amicizia.
Eppure, quella sensazione, si ripresentava ogni volta che eravamo insieme.
Abbandonai i miei pensieri e tornai a concentrarmi sui movimenti delle nostre mani.
Stavamo suonando trouble dei Coldplay, una canzone che ascoltavamo sempre da piccoli.
Così, cominciai di nuovo a pensare ai nostri primi anni su questa casa, a quanto mi facesse felice stare insieme a lui e a quanto fosse bello aver finalmente trovato un amico.
Si fece buio e, come ogni sera, ci stendemmo sulla coperta ad osservare il cielo.
Mi avvicinai lentamente verso Alex e poggiai la testa sulla sua spalla.
Lui avvicinò la sua mano e cominciò a sfiorarmi delicatamente i capelli.
«Alex, mi parli delle stelle?» chiesi.
Lui sorrise e iniziò.
Mi indicò l'Orsa Maggiore e mi spiegò che, quella, era la costellazione più facilmente riconoscibile del nostro emisfero e che per osservarla bastava guardare verso nord alla ricerca di sette stelle ben visibili.
Mi disse anche che per la mitologia greca, la costellazione rappresentava Callisto, ninfa amata da Zeus e, per punizione, trasformata in orsa da Era.
Alex continuò a parlare e ad indicarmi altre stelle ma io non sentii più nulla perché mi addormentai felice vicino a lui.

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