Maia era tornata ora mai da 3 giorni, eppure, non si era ancora fatta vedere, doveva riposare per riprendersi e doveva disfare i bagagli diceva, Naos era fremente e spaventato, aveva visto qualcosa di brutto accadere il giorno prima che lei tornasse ma non sapevamo ancora cosa, la chiamò e lei disse che aveva paura di essersi presa quel pericoloso virus che gira ultimamente, che avrebbe dovuto fare il test e che non voleva rischiare di attaccargli qualcosa se fosse risultata malata.
Lui decise che le sue scuse erano abbastanza stupide da renderla ridicola ma non basta sa da fermarlo, così andò da lei quella stessa mattina, mentre i suoi genitori e la sorella erano al lavoro.
Non passò più di mezz'ora che ricevetti una sua chiamata: "Nick, vienici a prendere che dobbiamo andare in ospedale"
Non feci domane e non esitai.
In macchina lui si mise dietro con lei, mi spiegò che avrebbe potuto aver contratto un virus e che non voleva che rischiassi anche io, lui era già stato esposto ora mai, lei però non sembrava agitata, era stranamente tranquilla.
Arrivammo e aspettammo in sala d'attesa il nostro turno, solo all'ora lei mostrò segni di turbamento, così lui tentò di tranquillizzarla: "Tranquilla, il virus si trasmette con l'acqua, hai bevuto dal bicchiere di qualcuno ?"
"No"
"Hai baciato qualcuno"
"No"
"E all'ora abbiamo abbassato le probabilità ora dipendono solo dal fatto che ti sei andata a buttare in mezzo alla feccia della feccia della gioventù diciamo che siamo passati da un 80% ad un 30"
Lei non sembrava tranquillizzarsi.
Chiamarono il paziente prima di noi e lei si agitò sempre di più, poi lo guardò e gli confessò: "Non si sono abbassate le probabilità".
Gli si spalancarono gli occhi di scatto, aprì leggermente la bocca, per far entrare più aria, inspirò profondamente e le chiese cosa volesse dire.
"Una sera c'era un gioco che facevano, in cui prendevano due ragazzi a caso e si dovevano baciare e ho dovuto farlo"
Strabuzzò gli occhi e chiese ironico e furente: "Hai dovuto? Ti sparavano se non lo facevi ?"
Lei sapeva che l'aspettava la sua ira e sapeva che avrebbe dovuto subire prima o poi le conseguenze di quel viaggio, sapeva che sarebbe dovuta tornare alla realtà.
"Poi un'altra sera i ragazzi dovevano fare delle flessioni sulle braccia con delle ragazze sotto per baciarle e anche li è scappato".
"Era lo stesso?"
"No"
"Ah, perfetto, dove cazzo sei finita a Sodoma e Gomorra ? Erano tutti così infoiati e smaniosi dalla voglia di scopare che organizzavano dei giochi a tema ? E tu che ti sei prestata a questo, ma che cazzo fai ?"
Aveva uno sguardo che mi spaventava, occhi spalancati, grondavano ira ma la rabbia era frenata dalla delusione, dal rimpianto; bastò quello a calmarlo.
"Altro che dovrei sapere ?" Le chiese fintamente tranquillo.
"È tutto" rispose contrita.
Lui la guardò, strizzò gli occhi, quasi a socchiuderli, serrò la bocca e dal movimento che fece la mascella si capì che aveva digrignato i denti.
Chiamarono Maia, lei gli lasciò il suo telefono ed entrò.
Lui lo sbloccò e cercò.
"Naos, non è una buona idea...", niente.
"Ha detto che era tutto, cosa cerchi ?", con lo sguardo fisso al telefono che stava setacciando, disse pronto e freddo: "Stava mentendo".
"Qualunque cosa troverai, lei se ne accorgerà"
"E come potrebbe se cancello le prove?"
"Da te coglione, lo capirà da te".
Sempre più freddo e meccanico rispose: "Mi ha lasciato il telefono perché sapeva che ci sarei entrato e che avrei cercato, se no se lo sarebbe portato, non me lo ha mai dato in mano così, vuole essere scoperta come i criminali per espiare il senso di colpa".
Io lo avvertii, "se hai ragione stai facendo il suo gioco allora".
"Non mi importa, devo sape...", si bloccò.
Aveva scoperto lei che si era fatta una sequenza di foto con un ragazzo, aveva visto che si scrivevano da cinque giorni.
Mi prese un tonfo al cuore, lo stesso che sono sicuro avesse preso lui.
Si aprì la porta della sala esami, lui cancellò all'istante le sue tracce ma non fece in tempo a concludere che lei uscì e lo vide intento a guardare lo schermo del suo telefono.
Lui glie lo consegnò e lei chiese cosa stesse guardando, lui rispose con la stessa finta calma che aveva mantenuto fino a quel momento: "Stavo guardando l'ora".
Che stupida scusa, forse era volutamente stupida, forse le ha detto questo per farle capire che era entrato e aveva visto anzi ne sono sicuro perché poteva ingannare tutti ma non lei e lo sapeva.
La accompagnammo a casa, salimmo e lui si mise sulla sua poltrona, tondeggiante e scuro in volto, con lo sguardo basso e cupo, non si vedevano gli occhi e per fortuna.
Lei si lavò le mai, si mise comoda e tentò di parlare con me del più e del meno senza riuscire mai a iniziare un vero discorso, non voleva parlare con me, stava raccogliendo le forze.
Andò in sala, si mise in piedi davanti a lui e prese il coraggio in mano per chiedergli: "Cosa hai visto?".
Alzò lo sguardo ma leggermente, non arrivò a guardarla in faccia, guardò un punto fisso di fronte a lui e teso come una corda di violino, carico come una bomba che sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro ma ancora in possesso della sua tempra e flemma le rispose quasi sussurrando quella parola inesorabile che lei aveva paura di sentire e che gravava sulle sue labbra: "Tutto"
Quella parola uscì dalla sua bocca lenta e brutale allo stesso tempo come un coltello che si conficca piano piano nella carne fino in fondo.
"Chi è Alvin?", chiese lui.
"Un ragazzo"
"Oh questo è un aggettivo che io non utilizzerei per tale abominio"
"Lo hai letto?"
"Certo"
"Cosa hai visto?"
"Più grande di te, più grande di me, manipolatore, figlio di puttana, irrisolti contenziosi con una madre per la quale prova un rimorso infinito che in realtà è amore e senso di colpa, probabilmente lo ha abbandonato, per il padre prova astio, lo considera uno smidollato, e tutto ciò ha contribuito a creare un patologico misogino che odia le donne e che le considera null'altro che un buco per soddisfare i suoi istinti da animale che è.
È stupido ma lavora per Sodoma e Gomorra a quanto pare, quindi se lavora per un'agenzia di ragazzi che organizza viaggi per ragazzi e questi ragazzi che vi prendono parte sono tutti degli idioti che vivono la loro vita un sabato sera alla volta e che evidentemente sono infoiatissimi e in costante cerca di un modo per scopare; lui ha avuto una marea di ragazze che si è scopato, e si è scelto questo lavoro proprio per scopare il più possibile con ragazze sempre diverse che non rivedrà mai più, ciò comporta anche che ha esperienza e che quindi è un manipolatore di merda.
Questo se ci hai parlato probabilmente ti avrà parlato del suo passato tragico e traumatico che lo ha segnato a vita rendendolo un povero tormentato che cerca solo affetto sotto la facciata da stronzo, tecnica che usa con tutte probabilmente.
Complimenti Maia, hai trovato un mostro peggiore dei precedenti"
Riprese fiato, io sconcertato come sempre, Maia sembrava sentire una storia che già sapeva.
Lei si sentiva di dovergli delle spiegazioni, così raccontò: "È uno degli animatori del viaggio, non l'ho mai calcolato..."
"Ma lui ha calcolato te immagino"
"...Fino all'ultima sera in cui ci trovammo a parlare, mi raccontò di sua madre che è morta e dei conflitti con il padre"
"Ma non mi dire, e chi se l'aspettava, mentre confermavi l'ovvio ho fatto un giro sul suo profilo, ci sono ragazze che gli scrivono lunghe dediche su quando sia una brava persona profonda, quindi, si è aperto anche con loro, e queste sono solo quelle che ha pubblicato, e guarda, questa fa anche allusione a una scopata, evidentemente fanno a gara a chi ha meno dignità qui".
Lei si sentiva in colpa, si sentiva ad ogni parola più in colpa, poi riprese il racconto: "Quella sera poi ci siamo baciati, la mattina dopo mi ha portato la colazione in camera e mi ha chiesto di scopare e io gli ho detto di no, poi sono partita".
Ora era troppo.
Ora scoppiò.
Si alzò di scatto dalla poltrona aveva occhi spalancati e sanguinari, rossi, pregni di disprezzo, quasi animaleschi.
E la aggredì con ciò che aveva di più potente, la realtà: "Tu lo sai cosa mi ha sconvolto ? Non aver visto quella che ad oggi è una delle persone peggiori che popolano questa storia di merda, no, ho visto te, quindi ricapitolando, abbiamo passato un anno intero a parlare di cosa fosse l'amore, la felicità e di cosa fare per cercarlo; dell'amore proprio e della dignità.
Un anno intero a fare questi discorsi del cazzo ai quali credevo solo io a quanto pare, perché tu sei andata nel posto più licenzioso che abbia mai visto, con le persone più amorali, hai trovato questo che è praticamente il loro re e te ne sei anche innamorata.
Di uno che hai conosciuto una sera e lo hai baciato dopo due ore che ci hai parlato, e questo era talmente tanto profondo, talmente tanto romantico e innamorato che ti ha chiesto di scopare il giorno dopo.
E tu maledettissima cretina che non sei altro ci stai pure al gioco credendo che ti consideri più di questo, e gli scrivi tutti i giorni minchiate che ora non hanno senso.
E fate i piccioncini mentre lui starà pensando a scarsi un'altra.
Prova a non scrivergli per 3 giorni, ti faccio vedere come si dimentica di te"
Lei aveva uno sguardo vuoto di chi porta un'anima spezzata con il senso di colpa di averla spezzata lei stessa.
Così lei tentò di giustificarsi grossolanamente per quanto avrebbe potuto.
"Non sono innamorata, non potrebbe mai funzionare, abitiamo troppo lontani."
Non pensavo potesse diventare più arrabbiato di così, ma dopo quella frase, diventò più arrabbiato di così.
"Quindi mi stai dicendo che a fermarti non è che è un abominio come ho letto io e come i fatti hanno confermato, non è che ti voleva solo scopare ma a fermarti è la distanza."
Si bloccò.
Fece uno sguardo disgustato, si voltò e se ne andò.
Io lo seguii fuori ma lui si mise a correre e lo persi.
Lo cercai a lungo ma non lo chiamai perché sapevo sarebbe stato inutile.
Lo trovai quella sera tornando a casa.
Era lì zitto che fissava il nulla e faceva ciò che gli avrebbe fatto più male in quel momento, l'unica cosa che lo avrebbe aiutato e ucciso, rifletteva, ripercorreva la giornata, i dialoghi, rivedeva lui e lo rileggeva 100 volte sperando di sbagliarsi.
Rifece nella sua mente questi passaggi di continuo.
Pensava a lei, a ciò che diceva e a cosa ha detto in questo anno, pensava a lui e a cosa ha fatto.
Poi i suoi soliti occhi semi chiusi si spalancarono, si gonfiò il petto e nacque un sorriso nervoso che mostrava tutti i denti, lo vedevo che tirava il sorriso per farlo il più grande possibile, quasi a farsi male e stringeva i denti fino a farli scricchiolare, gli occhi spalancati sembravano uscirgli dalle orbite, la fronte corrugata inclinava le sopracciglia.
Poi scoppiò.
Tirò un pugno al muro tanto forte che mi spaventò.
Il fragore riecheggio in eco e scosse tutta la parete, non una parola, non una smorfia di dolore che derivasse dal suo gesto e non dal suo tormento.
Poi il silenzio.
Non ebbi neanche il tempo di pensare a cosa dirgli che tirò un altro pugno e un altro e un altro ancora e divenne una furente sfuriata.
Nel compiere un gesto che sanno che gli recherà dolore le persone si frenano anche involontariamente per una sorta di istinto di auto conservazione ma lui no, non un tentennamento, non un minimo di esitazione, eppure, io stesso provavo un dolore vicario ma lui continuava implacabile un colpo dopo l'altro.
Ero li, immobile, inerme, bloccato, dissociato da me stesso.
BAM BAM BAM senza tregua continuava a colpire, ogni colpo era più forte del precedente, sempre più veloce vino quasi a non distinguerlo più, fino a che divenne una scia e ad ogni pugno il muro tremava, io sussultavo e lui non esitava.
Poi iniziò a rallentare poi si fermò, lasciò cadere le braccia ed esausto si gettò in ginocchio con un tonfo sordo difronte al muro con lo sguardo basso; deluso, di non poter sacrificare oltre.
Finalmente calò il silenzio come un velo.
Ero li, immobile, incredulo poi finalmente riuscii a sbloccarmi e andai a prendere un asciugamano, lo aiutai a sollevarsi e lo misi seduto; gli porsi stupidamente l'asciugamano e lui mi fece un sorriso stanco e sarcastico, così gli presi la mano e lo vidi, restai a guardarlo per un paio di secondi, incredulo e stupito.
"Nick, è solo sangue" mi disse per farmi riprendere.
"Si, si scusa, è solo... solo sangue"
Lo disinfettai e lo fasciai, tutto in rigoroso silenzio, poi andai a pulire il pavimento e il muro; lui era seduto sul letto che teneva lo sguardo fisso nel vuoto, ad un tratto, mi parlò finalmente: "Non è cambiato niente Nick, è tutto da capo, come non fosse successo niente, è andata in vacanza, si è limonata con un paio di tizi a caso e poi è tornata innamoratissima di uno ancora peggiore di quell'altro... non credevo neanche potesse esistere eppure lo ha trovato.
Pensavo di aver fatto qualcosa e invece non sono servito a niente, sono solo, come lo sono sempre stato, non importa quanto tu possa essere determinato, la determinazione non basta a cambiare le cose, la natura, il destino non si cambiano, bisogna solo arrendersi al flusso".
Mentre pronunciava quelle parole l'ho visto, ho visto un uomo distrutto, arreso; ho visto quell'uomo distrutto, ho visto quell'uomo arreso e solo ora sanguinava davvero.
Mi sedetti davanti a lui aveva lo sguardo basso con i capelli che gli velavano il volto, mi notò e alzò lentamente lo sguardo.
Io sono sempre stato più arrendevole di lui, chiunque lo era e se l'uomo invincibile dice che ha perso, che non c'è nulla da fare, beh allora noi non possiamo neanche sperare di poter fare qualcosa per cambiare questo mondo marcio, per portare una parvenza di giustizia, io sarei stato il primo ad arrendermi se non l'avessi visto... quando alzò gli occhi vidi la fiamma, la sua fiamma, la fiamma della speranza che ha sempre avuto e che lo ha sempre fatto combattere fino ad ora nonostante tutto.
Quella fiamma era ancora li dopo tutto non si era arreso e non aveva perso un solo granello di quella passione, non ci credeva neanche lui alle cose che diceva in fondo, allora feci ciò di cui aveva bisogno ora che per la prima volta era lui ad avere bisogno di me.
Mi alzai e furente gli dissi: "Sei stato un bugiardo, quasi sempre imperfetto ma qualche volta saggio, sei stato uno stronzo quando lei ci credeva, l'hai lasciata morire li con te alla deriva che non avevi idea di cosa stessi facendo, ma non importava quanto lei potesse stare male, ti bastavano due parole per rimetterla a posto.
Hai dato tutto il peggio l'hai manipolata, illusa, le hai mentito, ma hai fatto del tuo meglio e guardati indietro, guardati, non guardare lei cosa ha imparato cosa è cambiato, guarda tu cosa hai vinto, perché oltre la paura del confronto hai vinto tutto e se la vuoi davvero è l'unica altra cosa che devi vincere.
Non ha mai avuto niente di simile a te, e non lo avrà mai, nessuno sacrificherà se stesso come tu lo hai fatto per lei e nessuno avrebbe mai potuto salvarla come hai fatto tu, ti deve la vita e continua ad andare dietro a stupidi cerebrolesi con il cervello all'altezza del culo solo perché pensa di non meritarti, di non essere all'altezza e di non poterlo mai essere e tu hai paura di non essere abbastanza, hai la costante paura di perderla, più di quanto ne abbia lei di perdere te.
Ma cosa aspetti a dire basta.
Supera la tua paura e parlale, prenditela, perché nessuno lo farà per te.
Non sei arrivato qui per sbaglio".
A quella fiamma serviva solo di essere attizzata un po'.
Ritrovata la fiamma fece un ghigno di sorriso con il lato sinistro del volto e fiero tornò a brillare e mi disse: "A parte la paura del confronto ho vinto tutto? E allora vinciamo proprio tutto".

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L'assoluta
RomanceChe cos'è che distingue l'amore dall'infatuazione? Nick tornato per le vacanze estive nel suo paese d'origine fa degli incontri destinati a cambiargli la vita. Divenuto testimone di un amore che non è, forse, sempre in grado di comprendere, inizia a...