Quanto può scorrere velocemente un giorno inutile?
Ricordo di aver dormito fino a tardi quel giorno, quando mi svegliai lo trovai sulla sua poltrona rossa che troneggiava paziente e silenzioso come una statua di marmo.
Sapevo che non aveva dormito e che aspettava il sorgere del sole come al solito, ma era quasi mezzogiorno ora mai e ancora era sveglio e insofferente, era turbato.
"Non vai a letto?"
"Sto aspettando che mi scriva."
"Dici che ti scriverà ?"
Non rispose, probabilmente era stupido da parte mia dubitare di lui, dopo tutto questo tempo, dopo tutte queste prove, mi venne quasi spontaneo chiederglielo.
Pranzai da solo e lo raggiunsi sul divano.
"È l'una passata, è tornata da scuola, eppure non ti ha scritto, sei sicuro che lo farà ?"
Stizzito, rispose senza neanche girarsi a guardarmi: "Nick capisco che tu voglia tentare di mettermi in discussione per non farmi montare troppo la testa o simili e lo apprezzo, ma solo quando hai delle argomentazioni valide su cose che io possa mettere in dubbio.
Lei è tornata a casa, ha preparato da mangiare per tutti, starà mangiando ora, intanto tornerà la madre, avrà una veloce conversazione nella quale le ricorderà i suoi compiti, si stenderà sul divano, farà un veloce e deleterio giro sui social e poi raggiunta il giusto status mentale mi scriverà.
Perché ha sbagliato, sa di averlo fatto e mi cercherà.
Dalle un margine di 30 minuti"
Iniziai a temporeggiare tenendo ben d'occhio l'orologio e stando attento a non rivolgergli la parola, lui esattamente 20 minuti dopo la sua previsione si alzò, si lavò i denti, andò in stanza, si preparò per il letto, oscurò completamente il sole e qualsiasi fonte di luce e si mise a letto.
Poggiò il telefono sul comodino, si sdraiò rigido a fissare il soffitto per qualche secondo, poi il telefono brillò, lo guardò un secondo e illuminato dalla luce del telefono notai sfuggente il suo sorriso, posò il telefono a faccia in giù e si girò verso il muro.
Chiusi la porta e lo lasciai alla sua oscurità.
Il sole se ne andò e la luna aprì il sipario.
Uscimmo, gli serviva una passeggiata per prepararsi, lo aspettava una serata impegnativa aveva bisogno di tutto il coraggio che aveva per affrontare quella situazione.
Finalmente andò da Maia, rimase a parlare per appena 10 minuti, poi mi raggiunse fuori, si era messo gli occhiali da sole per nascondersi: "Già fatto" gli chiesi stupito dalla rapidità della conversazione.
Ovviamente non rispose e si avviò verso casa, io gli lasciai la sua intimità.
Rientrato o trovai sul letto inerme volto al muro.
Mi voltai intento ad andarmene e lui mi fermò: "L'ho abbandonata Nick" prese un respiro profondo e continuò "le ho detto che non può andare avanti così, che lei sa che sarò sempre li pronto a sistemare le cose e a salvarla e perciò continuerà a fare errori infiniti perché non le serve crescere, non le serve maturare se posso farlo io al posto suo.
Le ho detto che farle superare la storia con il suo ex è stata la cosa più difficile della mia vita e che non ho le forze di ricominciare con uno peggiore ancora, così le ho detto che deve imparare a fare a meno di me e me ne sono andato".
"Hai fatto la cosa giusta"
"Lo so"
Uscii dalla stanza fiero di lui e andai a dormire ma inquieto, sapevo che stava per arrivare una tempesta.
La mattina seguente andai a chiamarlo per pranzare ma lui sembrava dormire e non volli disturbarlo.
Tornai a controllare come stava verso sera e notai che il telefono brillava, lo stava chiamando Maia ma lui non rispondeva, quando finì di squillare vidi anche numerosi messaggi non letti, ma lui niente rimase li inerme nella stanza immerso nella notte e non uscì neanche per mangiare, provai a incoraggiarlo ma non mi rispose e non si girò neanche, provai anche a rimproverarlo ma non ottenni un risultato diverso.
Così fu per 2 giorni interi, io però non potevo rimanere a guardarlo morire così uscii a prendere una boccata d'aria.
Passeggiai ramingo per il paese, vedevo anche la gente che si perdeva al bar, mi chiesero anche di unirmi a loro ma io non ero in vena di perdere tempo con loro, non ricordo nemmeno chi mi invitò, ero completamente soprappensiero talmente tanto che dovette toccarmi la spalla per farmi destare dal mio semitorpore.
"Nick, ti ho chiamato, non mi hai sentito?" Ci misi qualche istante per riprendermi ed elaborare che avevo davanti proprio la persona che stavo evitando.
"Maia, scusa avevo la testa tra le nuvole" risposi colto alla sprovvista.
"Come sta ?" Mi chiese intenerita.
Non sapevo cosa rispondere: se le avessi detto che stava bene avrebbe fatto la figura dell'indifferente, ma se avessi ammesso che stava male sarebbe sembrato patetico, al diavolo.
"Dipende da te, è sempre dipeso da te, quindi, come va con il nuovo tentativo di autodistruzione?"
Fece un sorrisino irritato, mi guardò con stizza e irritata mi rispose: "Complimenti Nick, stai diventando sempre più lui"
"Lo siamo diventati entrambi".
Non poté trattenere il ghigno che mi diede ragione, così nel tentativo di non farmelo vedere mi sorpassò intenta ad andarsene, ma la fermai: "Non ti ha più scritto vero ? Aveva ragione lui".
Si girò triste e malinconica e con la voce rotta rispose: "Come sempre", e se ne andò.
Continuai a vagare a zonzo senza una meta e quando si fece tardi che le persone si erano ritirate e la luna troneggiava solitaria nella piazza la rincontrai che stava rincasando, mi chiese di accompagnarla e così feci.
Ci sedemmo in cucina, dove potevamo parlare tranquillamente senza svegliare nessuno.
"Dopo che ci siamo visti poco fa gli ho scritto, sta arrivando."
"Quindi aveva ragione su tutto, lo ha letto completamente e nei minimi dettagli.
Vedi ogni tanto ancora mi capita di mettere in dubbio ciò che dice perché d'altronde è umano anche lui, prima o poi commetterà un errore"
"Questa è la mia paura più grande"
Invocato come quella sera arrivò.
Si sedette con noi, si mise a braccia conserte in attesa.
La tensione era palpabile, eravamo alla resa dei conti.
Lei iniziò...
"Ti ho confidato le mie più grandi paure, mi sono rivolta sempre a te per qualsiasi cosa perché sapevo che parlare con qualcun altro non avrebbe avuto lo stesso effetto.
E sai bene che solo tu sai tutto su di me.
Solo...
tu...
Non ho mai considerato nessuno così come ho fatto con te, non ho mai dato a nessuno tutta l'importanza che ho dato a te. Perché effettivamente non ho mai incontrato nessuno come te.
Se a te confesso le mie fragilità, ogni singola cosa, è perché penso che tu sia diverso, che non sia come gli altri, che se ti dico i miei guai non mi ridi in faccia, perché hai la maturità per aiutarmi, e soprattutto perché hai la forza per affrontare i miei ostacoli, così tanta che sai sempre come trasmettermela.
Sai sempre come consolarmi, ci sei sempre riuscito.
Abbiamo affrontato cose che mai avrei immaginato di ritrovarmi davanti.
Hai fatto davvero tanto per me, troppo.
E, forse non te l'ho mai detto, ma molte volte ho pensato che... Qualcuno lassù ti avesse messo accanto a me per proteggermi, per questo sento il bisogno di te.
Perché non averti vicino è star tradendo quel Qualcuno, è non avere una parte di me.
Ti chiedo scusa se a volte ho dubitato di te, mi dispiace davvero tanto, credimi che in fondo non volevo.
L'attimo dopo me ne rendevo conto.
E so che per te il problema è già solo pensarlo, ma voglio fidarmi.
Voglio non avere paura delle persone che mi vogliono bene davvero.
So che è un mio limite e odio avercelo.
Sono brava con le promesse degli altri, ma non con le mie.
Vorrei essere tutte quelle cose che scrivo ad ogni mio compleanno oppure ogni qual volta io abbia un momento no.
Finora non ci sono riuscita perché continuo ad inciampare.
Quindi il punto non è non sapere cosa voglio essere, ma cercare di diventarlo.
Forse non ce la sto mettendo tutta, forse non ho mai iniziato, non lo so.
Ma non voglio più farmi promesse, non voglio più illuderti e illudermi"
Lui si scioglieva a sentire queste cose anche se le aveva già sentite, anche se sapeva che non sarebbe stato così; non poteva fare a meno di crederci, avrebbe messo in dubbio tutto per lei anche se stesso, le credeva più di quanto si fidasse del suo stesso istinto.
Ma doveva essere inflessibile ora, e così parve...
"Non possiamo andare avanti così Maia, io sono il meccanico della tua vita: tu non fai altro che perderti, fare casino e metterti nei guai e non ti interessa migliorare perché non ne hai bisogno, tanto c'è Naos qui che sistemerà sempre le cose, tu puoi divertirti e spegnere il cervello tanto ci sarò sempre io che sistemerò qualunque cosa.
Io sono onorato che tu ti fidi e affidi così tanto a me, ma non ci sarò per sempre, non posso essere sempre li, devi imparare a cavartela da sola e a non fare più queste cagate".
Ci fu un attimo di silenzio e poi arrivò il momento.
Maia ancora intimidita e frastornata dal tutto decise che era il momento...
"Ma tu perché fai quello che fai ?" Chiese lei fissando il muro con sguardo vitreo.
Lui non trasalì, anzi rimase statuario, quanto autocontrollo per non mostrare l'infinita paura che aveva dentro.
E se quello arrivò come un pugno nello stomaco, ciò che disse poi, fu una pugnalata.
"Mi sono sempre chiesta cosa ti spingesse a fare ciò che fai, nessuno lo farebbe, poi sei geloso quando succedono questo tipo di cose, sei sempre stato fin troppo per me, hai sempre fatto molto più di quanto fosse necessario, ma perché ? Secondo me è iniziato tutto quella sera in cui hai provato a baciarmi, secondo me ti piaccio"
Lei parlava ma io guardavo lui.
Dillo!
Dillo!
Diglielo, ora o mai più amico mio.
Diglielo!
...
"No", tuonò nel mio animo quella parola con il fragore di un colpo di pistola sparato a brucia pelo.
"Tu sei quasi perfetta, quasi, perché so che l'impegno che ci metto io in questa relazione non è lo stesso che ci metti tu e non potrà mai esserlo e non parlo materialmente, ma tutto l'impegno che ci metto io per te, tutto il riguardo eccetera è il mio 80% diciamo: è l'ottonata percento di ciò che posso dare e non arriverò a cento perché da parte tua l'impegno è sessanta.
Con questo non voglio dire che mi aspetto che prendi la luna per me ma che tu ti impegni al cento per cento per me.
Ma tu non lo fai e ciò mi frena.
Perché hai paura e altre mille paranoie ma la verità, il motivo di quelle tue paure, di quella tua superficialità e del tuo tra virgolette innamorarti di completi idioti sapendo che sono sbagliati, il tuo desiderio di farti del male attraverso questi gesti folli; il riassunto di tutto è che tu sei una bambina.
Sei una bambina immatura e io quando mi sveglio la mattina mi voglio svegliare accanto ad una donna vera pronta a salvarmi come io salvo lei.
Anzi lo pretendo, e non accetto niente di meno di questo perché se posso farlo io per qualcuno, voglio qualcuno che lo faccia per me.
Per questo io non mi sono mai buttato con te, per questo non ho mai voluto fare un passo per avere altro, perché merito più di te"
Se lei lo aveva accoltellato, lui le ha risposto investendola.
Ci era rimasta male, visivamente, era irrigidita, triste, mortificata.
Io senza parole.
Ci alzammo e ce ne andammo lasciando in quella casa le conseguenze delle sue parole.
Mentre camminavamo per le vie deserte di Arcadia con la luna che ci accompagnava arrivammo in piazza, lui si fermò un attimo a contemplare la luna che brillava tanto da oscurare le stelle.
Rimasi in silenzio per qualche secondo anche io con lui poi gli chiesi: "Ma che ti è preso lì dentro, da dove sono uscite tutte quelle cose che le hai detto ?"
Si sedette su una panchina e iniziò a ridacchiare e fece il suo solito sorriso con il lato destro del volto, si protese con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e mi rispose
"Ho detto un sacco di bugie Nick, ho mentito spudoratamente perché non era il momento giusto per dichiararmi, altrimenti avrei ricevuto una porta in faccia, così ho detto un sacco di bugie per uscirne, non pensavo niente di quello che le ho detto..."
Il suo sguardo era diverso, più strano del solito, secondo me aveva mentito sì ma a se stesso e a me quando diceva di non credere quelle cose che ha detto.
Forse lui voleva credere all'amore anche se non lo vedeva per realizzarlo, perché era ciò che più si avvicinava a quello che avrebbe dovuto essere ma se non senti la fede dentro di te, nessuno ti convincerà a credere, neanche la mente più potente.
Si appoggiò on la schiena alla panchina, aprì le braccia e le appoggiò allo schienale e volse lo sguardo alla luna ancora una volta.
Rimase lì a fissarla malinconico e nostalgico, rivedeva tutte le notti in cui rimase in quella piazza con la sua amica che vegliava sui suoi passi incerti.
Sapeva che lo aspettava un cambiamento quindi si prese quel momento per tirare il fiato e vedere ciò che è stato.
Poi si rivolse alla luna stessa:" adesso tocca a te".
Sorrise dolcemente con il lato sinistro del volto e poi si allargò in un sorriso completo e sereno, lo sguardo malinconico, nostalgico, incerto ma senza rimpianti.

L'assolutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora