Il cielo in tempesta sembrava presagio di catastrofe.
Non dormii quella notte e sapendo che non avrei potuto dormire per molte altre notti.
Arrivò il mattino cupo e tempestoso che sembrava già sera e prometteva di andare avanti ancora a lungo.
Arrivò la sera e il cielo già grigio divenne nero la pioggia cadeva scrosciante e veemente quasi rabbiosa.
Ogni minuto di quella giornata mi ripeteva la mia inadeguatezza, ero bombardato da frasi orribili che mi ripetevo e rimbombavano, impazzivo.
Avevo bisogno di uscire, di fuggire così scrissi a Maia ma non potendo aspettare decisi di uscire per scaricare un po' la tensione.
Iniziai un insensato pellegrinare senza meta avanti e indietro per il corso del paese inquieto ma alienato finalmente, mi rispose Maia e mi disse che mi avrebbe raggiunto.
Non sapevo cosa dire non sapevo come comportarmi e soprattutto non volevo imbarazzarla o ferirla; decisi che non avrei accennato alla faccenda se non l'avesse fatto lei.
La salutai fintamente felice e ci incamminammo ognuno sotto il suo ombrello e uno davanti all'altro perché questo permettevano i marciapiedi stretti a filo della strada, andammo a mangiare una pizza ignorando l'elefante nella stanza e poi andammo al bar accanto per passare un po' il tempo, stranamente c'era gente.
Lei salutò tutti, io li salutai per educazione perché non conoscevo nessuno e ci sedemmo sulle poltroncine.
Sorseggiavamo il nostro drink e continuavo a intavolare argomenti stupidi e inutili per non affrontare la situazione e ogni argomento ovviamente moriva in pochi secondi.
Io cercavo disperatamente di sollevarle un po' il morale o quanto meno di distrarla ma non ottenni risultati e lei continuava malinconia e alienata a rispondere per inerzia.
E poi...
E poi entrò.
Era alto, era ben vestito e aveva un portamento composto ma disinteressato, non gli importava valorizzare ciò che indossava ma lo portava con stile.
Ed era bagnato... ?
Fuori diluviava che sembrava un castigo divino e lui girava solo con un cappuccio in testa.
Si appoggiò al bancone con entrambi i gomiti e le braccia incrociate, chiamò il barista e iniziarono a sfottersi, chiese un analcolico e il barista lo invitò a prenderselo da solo, lo prese e mentre aspettava il servizio, arrivarono un paio di persone a salutarlo, lui entusiasta li salutò di rimando si mise a fare un paio di battute e sfociava sempre in una fragorosa risata, quasi esasperata.
Poi si girò e notai il suo volto, aveva dei baffetti neri, un po' di barba poco folta nera sul mento e che gli contornava il volto andando a confondersi nei capelli.
E soprattutto notai che era sera tarda, pioveva ma lui aveva gli occhiali da sole, con le lenti specchiate per di più, cosa che notai solo a quel punto perché si tolse il cappuccio solo dopo aver finito di parlare con quei ragazzi aveva i capelli lunghini e scompigliati, neri; come la notte dello stesso colore della barba e delle folte sopracciglia,
E quei capelli erano morbidi e delicati che si arricciavano man mano che si allungavano fino a sfiorargli le spalle; incorniciavano un viso innocente, pulito, fine e altrettanto delicato, quasi bambinesco, quasi androgino, quasi ad accarezzarlo, ribelli e avvolgenti che sembravano fiamme.
Sembra paradossale ma credo che il modo più appropriato per descriverlo sia quello che usò una donna quando lo vide per la prima volta.
Sembrava un angelo nero.
Notò Maia e si avvicinò fece una specie di sorriso ma solo con il lato destro della bocca, ampio da mostrare i denti bianchi e perfetti.
Si sedette con nonchalance alla poltrona vuota del nostro tavolo ed era strano anche in quello, non era seduto, ma troneggiava.
Salutò Maia affettuoso e lei lui, poi guardando lei senza neanche girarsi chiese: "Chi è il disgraziato qui ?".
Lei sorrise e mi presentò, io gli porsi la mano e gli dissi: "Piacere, Nick".
Lui si girò, guardò la mano e poi guardò me, rifece il suo mezzo sorriso, tornò a guardare Maia e le disse: "Mi piace questo".
Era audace, sfacciato e strano, aveva gli occhiali da sole che celavano completamente i suoi occhi, eppure, aveva un' espressività facciale incredibile, quasi cartoonesca.
Io ero sorpreso e stordito era così anomalo che non riuscivo a pensare.
Teneva il suo drink rosso dall'alto con le dita alla cima del bicchiere che girava costantemente lento e perpetuo per bere avvicinava il bicchiere e non cambiava quella scomoda posizione ma beveva nello spazio tra pollice e indice che si veniva a formare, era scomodissimo, doveva praticamente slogarsi il polso a ogni sorso.
Chiese a Maia come stava la sua famiglia, come andava la scuola ma non gli interessava davvero perché mentre lei parlava, lui si guardava attorno disinteressato e poi la sua esuberanza finì di colpo, fece calare il silenzio bevve tutto d'un sorso ciò che rimaneva nel bicchiere e lo posò sul tavolo, poi si sporse in avanti, appoggiò i gomiti sulle ginocchia, unì le mani e inarcato guardò per un attimo in basso, poi alzò lo sguardo verso Maia, la osservò per un secondo scarso e subito ripropose il suo mezzo sorriso quasi non potesse trattenerlo.
Di colpo si alzò prese il suo bicchiere, si mise in bocca un cubetto di ghiaccio, si girò e con la bocca piena si rivolse a Maia mentre si avviava all'uscita: "Ci vediamo domani sera".
Si rimise il cappuccio, posò il bicchiere sul bancone senza voltarsi nemmeno, mentre usciva il barista e i ragazzi lo salutarono ma lui non rispose a nessuno, si limitò ad alzare una mano per tutti.
Si mise le mani in tasca e andò via.
Camminando, neanche in maniera spedita ma calmo e placido era completamente indifferente alla pioggia.
Io sconcertato, non sapevo cosa fare e come comportarmi, non sapevo nemmeno se fosse accaduto veramente, se quel personaggio esisteva davvero.
Maia sorrise per il mio stordimento e intanto si avvicinò anche un piccolo gruppetto di ragazzi, quelli che aveva salutato Maia all'entrata e gli stessi che salutarono lo strano personaggio al bancone.
Presero posto e mi derisero anche loro, uno esordì: "Maia, vedo che gli hai presentato Naos".
Lei ironica gli chiese: "Da cosa lo hai capito?"
"Dallo sguardo confuso e incredulo, non preoccuparti bello, fa questo effetto a tutti la prima volta".
E intervenne un altro: "Io quando l'ho conosciuto lo stavo per picchiare".
Ridevano e scherzavano e Maia con loro, eppure, in maniera diversa fino a quando uno di loro disse: "si, ignoralo, quello è scemo così", in risposta a quell'ultima frase lei rise con maggior convinzione.
Prese a bere dalla cannuccia il suo ginlemon quasi a voler smorzare la risata, probabilmente si sentiva in colpa.
Poi disse che l'indomani avrebbe avuto scuola e quindi dovevamo rientrare.
Salutammo, ci alzammo, pagammo e mi accorsi che aveva quasi smesso di piovere.
Tra una battuta e l'altra accompagnai Maia a casa e poi salii a casa mia.
Nel letto rimuginai su quel personaggio bizzarro e su tutte le cose strane che faceva e che emanava.
Naos...
L'indomani mi svegliai presto, così decisi di tornare al bar a fare colazione, entrando notai che il gruppetto di ragazzi della sera prima aveva avuto la mia stessa idea, così finita la mia fugace colazione decisi di raggiungerli.
Tutti e tre mi accolsero di buon grado e mi invitarono loro per primi ad unirmi a loro. Ad Arcadia sono tutti calorosi e anche se le persone ti hanno appena conosciuto, se sei amico di uno di loro allora sei amico di tutti.
Accettai di buon grado e subito tentai di dissipare le mie perplessità riguardo quel bizzarro personaggio: "Ragazzi, ma quel tizio di ieri sera che era seduto con noi; Naos mi sembra si chiamasse, voi lo conoscete, insomma chi è ?"

"Si, lui è un medico..."
"Ti sbagli, è un ingegnere, ti confondi perché lui faceva i test di medicina e per noia e li faceva passare agli altri"
"Ma che dici, è un avvocato..."
"Siete sicuri ? A me hanno detto che a 13 anni ha costruito un robot"
"Con i soldi che ha probabilmente lo aveva comprato il robot"
"Non sapevo fosse ricco"
"Si, ti dico, è ricchissimo, milionario"
"Davvero ?"
"Altroché, hai capito chi era suo nonno ?
"Chi non lo conosceva ?"
"Era quello che vestiva strano con la Ferrari ?"
"Si, si, proprio lui"
"E il padre quale è il capo della polizia ?"
"No, il padre è il secondo, dei tre"
"Ma non è morto in un incidente lui e la moglie e hanno lasciato tutto a lui ?"
"Ma a te chi te le ha dette queste cose ?"
"Me le ha raccontate Lola, erano fidanzati e poi lui l'ha lasciata perché lei voleva qualcosa di più, però non ditele che ve l'ho detto, è un segreto che mi ha confidato"
"Lola ? Ma io l'ho visto con Merope"
"Si, ma quello sai quante se n'è fatte qui intorno io lo vedo ogni settimana con una diversa, saranno state una ventina fino ad ora"
"Sì però Merope e Lola, ragazzi che due pezzi di gnocca"
"Ah si, gli piace il vino buono diciamo, se non sono bellissime neanche le guarda"
"E chissà dove sta lui quante se ne fa, lui arriva, ne prende una e poi se ne va e può fare quello che vuole"
"Che figlio di puttana"
"Oh ma a proposito di gran pezzi di gnoccha, l'avete vista..."

Già stavano vomitandomi e vomitandosi addosso una baraonda di opinioni a caso su tutto ciò che gli veniva in mente tanto da non permettermi nemmeno di capire chi di loro diceva cosa, ma poco importa, il tutto condito con un pizzico di becerume gretto e provinciale, quanto basta a dare fastidio, e dato che la conversazione prometteva di peggiorare notevolmente, decisi di dileguarmi.
Conoscevo Arcadia a memoria, conoscevo persino i suoi graffiti e dove erano situati e sapevo la voglia che avevano i suoi abitanti di parlare e di sparlare del prossimo e non fui uno sprovveduto nel dare il via libera a quei ragazzi di sfogare tutta la loro indole sopita.
Eppure, non ottenni che notizie vaghe e incerte che delineavano dieci diversi profili abbozzati.
Avevo appuntamento dal parrucchiere quel pomeriggio, così ne approfittai per cercare nuove informazioni a riguardo, non che io mi sia mai sentito di appartenere alla moda del chiacchiericcio comune, ma la faccenda si stava dimostrando sempre più curiosa.
Andai al mio appuntamento, puntuale come sono sempre stato, e mi misi ad aspettare i consueti 20 minuti di ritardo che mi faceva sempre aspettare.
Fuori non c'era un'anima: l'arsura d'estate fa rifugiare la gente.
Mi sedetti sulla poltroncina e buttai lì l'argomento e come un pescatore con una buona esca, non avevo che lasciar fare.

"Si, Naos, sono cresciuto insieme ai genitori, brave persone, ma alla fine il paese è piccolo, siamo cresciuti tutti insieme.
Lui viene spesso qui, ma non si mette mai a parlare di sé, di solio mi chiede di mio figlio e facciamo qualche battuta.
Però ho sentito dire che studia medicina a Karnak, e mi pare stesse con una delle tre sorelle, mi pare stesse con Maia, o Merope, non so bene"

Poi la situazione sfuggì di mano e un ragazzo che stava aspettando il suo turno vedendo che si stava chiacchierando di qualcuno che non era lui, si sentì di partecipare: "Ma Naos non è quello strano con gli occhiali e i capelli lunghi ?"
"Si, proprio lui" confermò il barbiere.
"Non c'è da scherzare con quello, io ci sto alla larga, dicono che abbia fatto sparire un paio di ragazzi, che dopo che ci ha parlato non si sa se si sono chiusi in casa o che fine hanno fatto, io non ci credo molto ma a prescindere da ciò, ha qualcosa che non va, qualcosa di inquietante, come se avesse qualcosa di malvagio negli occhi"

Stava diventando sempre più una figura mistica, man mano che sentivo persone parlarne.
Pagai e me ne andai quando, appena misi piede fuori dal locale lo vidi passarmi davanti.
Era come se camminasse sicuro con la fierezza altezzoso di un re che sdegna i plebei rigido, tronfio camminava e non guardava nessuno, lo salutavano e lui li ricambiava senza voltarsi.
Aveva un sorriso costante ma aveva sapore di una bugia mal celata ed erano gli occhi a tradirlo.
Sembrava un lupo che camminava in mezzo alle lepri: sorrise per dar loro attenzione ma le sdegnava perché sapeva di essere superiore.
Mi sentivo Sherlock Holmes a caccia del professor Moriarty, mi affascinava e inquietava allo stesso tempo, e più il mistero si infittiva, più ne facevo un'ossessione.
Eppure, la soluzione all'enigma era ad una rampa di scale di distanza e allora decisi di sfamare la mia brama di sapere.
Venne ad aprire Maia alla porta, come sempre; mi salutò la madre e mi fece il solito interrogatorio standard che ti fanno le persone più vecchie di te di qualche anno e che non ti vedono da un po', come se seguissero tutti un copione prestabilito: come stai, quanto tempo che non ti vedo, a casa tutto bene, come va il lavoro, ce l'hai la fidanzata ?
Quando finalmente finimmo, io e Maia ci avviammo per il salotto, nel passare per il corridoio intravidi Merope e la salutai, lei ricambiò frettolosamente senza soffermarsi, e poi usci dalla stanza Mira che appena mi vide mi saltò addosso, mi baciò e mi abbracciò, si scusò per la poca attenzione e tornò in stanza per prepararsi.
"Allora Nick ?"
"A cosa devo il piacere ?"
"Senti Maia, io non sono bravo a consolare, non so come comportarmi in questi casi, non so cosa dire, sono a disagio, anche perché non saprei che altro dirti..."
"Nick ti interrompo subito, se sei venuto per parlarmi di quello, stai perdendo il tuo tempo, non voglio nemmeno sentirlo nominare"
"Si, ti capisco, hai ragione, scusa"
"Non ti preoccupare"
"Senti Maia, puoi togliermi una curiosità ?"
"Spero"
"Mi spieghi chi diavolo era il tizio strano di ieri sera ?"
"Ti riferisci a Naos ?"
"Si, lui, è tutto il giorno che chiedo in giro ma a quanto pare nessuno sa dirmi nulla di certo su di lui"
Si mise comoda sul divano e divertita mi chiese in tono scherzoso: "E cosa ti hanno detto di lui ?"
"Tutto e il contrario di tutto, chi lo da per medico, chi per avvocato, chi per inventore; uno dice che è orfano, uno che è ricco... insomma un casino e nulla di certo.
Però..."
"Però ?"
"Di tutte le cose che mi hanno raccontato ce n'è una che mi ha convinto, anche perché ho potuto constatarla con mano.
Ed è quella che riguarda il suo sguardo.
Il suo sguardo è strano"
Si mise a ridere, poi mi disse seria e ironica: "Sì, lui è speciale in molte cose, ma quella è la sua particolarità più grande, lui ti guarda negli occhi e riesce a leggere tutto quello che il tuo animo celi alla gente e alle volte anche a te stesso"
Mi turbò al quanto questa cosa, perché ci vedevo la verità intrinseca.
Mi feci cupo, e inquieto.
"Sai Maia cosa diceva mia nonna riguardo a chi vede i segreti della gente ?"
"Non me l'hai mai detto"
"Mia nonna diceva che sono solo in tre a conoscere i desideri segreti della gente: la luna per custodirli, Dio per giudicarti e il diavolo per avverarli"
"Tua nonna era una persona molto saggia"
"E lui ? Chi è dei tre ?"

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