Passavano i giorni e rimanevo con il costante terrore che potesse ritornare quel verme ma non tornò più, non tornò mai. Naos aveva ragione, io e Maia che combattevamo da settimane, lei disperata che lo respingeva in ogni modo e poi è arrivato lui, che con un messaggio lo ha distrutto.
Mi stupiva, più ci pensavo e più mi stupiva un po' per curiosità, un po' per ammirazione o perché condividevamo un segreto, io, lei e Maia iniziammo a vederci assiduamente.
Soprattutto nei giorni successivi al messaggio che inviò. Eravamo un fronte comune nel sostenere Maia. Eppure, lei una sera crollò.
Stavamo bevendo una cosa al bar io e lui, la serata in realtà era finita e stavamo tornando quando Maia mi chiamò singhiozzante, lui mi strappò il telefono di mano, non la fece neanche parlare e le disse: "Arriviamo" e mise giù.
Ci precipitammo da lei, penso di non aver mai attraversato la piazza così velocemente e credo che nessuno lo abbia fatto. Arrivammo e le mandai un messaggio, lei era già dietro la porta ad aspettarci e ci raggiunse subito.
Salimmo a casa e lei smise di trattenersi: "Io gli scrivo"
Il primo baluardo ero io: "No Maia, ma sei impazzita? Perché dovresti scrivergli?"
"Perché mi manca."
"Non ti manca lui, ti manca l'idea di lui, ti fa paura essere sola, ma non sei sola, ci siamo noi."
"Non è la stessa cosa."
"Al diavolo Maia, lo hai detto tu che non è lui ciò che vuoi, non ha tutte le cose che cerchi e non ti dà certezze."
"Il cazzo Nick, quando lo guardavo negli occhi lo era, mi sentivo bene, al sicuro e protetta, quando lo guardavo negli occhi diventava tutto ciò che volevo."
"Fanculo Maia, stai delirando."
"No Nick, so quello che provo."
"No non lo sai, aveva ragione lui e ti ci sei affezionata troppo dopo esserci stata, ti ci sei legata indissolubilmente."
"Non c'entra niente."
"È la nostalgia che parla."
"No, è la verità"
"Ti prego Maia ragiona..."
"Non sono mai stata più lucida."
Ero riuscito a fare poco, lui era lì, seduto sulla poltrona che troneggiava, lo sguardo basso puntato al nulla e un braccio piegato che puntava al cielo.
"Io gli scrivo."
Il secondo bastione però per fortuna era inamovibile.
Si riprese, e gli bastò una parola: "Sei felice ?"
Lei lo guardò intimorita eppure lui era calmissimo, lo sguardo era quasi vacuo e la voce dolce, eppure lo temeva perché egli minacciava di dire la verità che non voleva sentire.
"No, non sono felice."
"Lo eri quando chiamavi Nick disperata ?"
"No."
"Lo eri quando tremavi nella paura di poter essere rimasta incinta e già ti immaginavi le reazioni dei tuoi ?"
"No."
Si alzò e andò a bere, aveva finito.
E tanto bastò.
Lei si convinse e poi peccò di affetto.
"Naos, scusa se continuo a cedere, scusa se non so essere abbastanza forte ma non ci riesco. E lo so che lui è sbagliato, ma tu ripetimelo sempre.
Stasera se ho un'altra crisi ti posso chiamare ?"
Lui la guardò dolcemente, "Devi chiamarmi e se non lo fai mi arrabbierò infinitamente."
Si sorrisero e lei se ne andò.
Lui rimase e girovagava pensieroso per la stanza.
"Cosa ti turba ?"
"Me ne devo andare Nick, devo tornare a Karnak."
"Perché? Proprio ora ?"
"Non posso fare altrimenti, io non ho dove stare qui, quando vengo sto da mia nonna, in una stamberga fatiscente e indegna, in compagnia di persone ingestibili, non ho nemmeno un letto, dormo su una poltrona"
Non esitai un momento.
"Rimani qui. Io insegno quindi a settembre torno nell'altra casa che ho fuori paese, ma fino a che non succede puoi stare da me, la casa è grande, posto ce n'è, neanche ci incontreremo." "Non posso Nick, è casa tua."
"Appunto."
"Magari per un paio di giorni, giusto il tempo di appianare la situazione, giusto un paio di giorni."
"Ma certo, tutto il tempo che vuoi."
"Nick, posso stare ancora un po' qui ?"
"Ma certo."
"Voglio essere qui nel caso in cui lei stanotte abbia un'altra crisi."
Ci mettemmo sul divano a guardare un film, io mi addormentai e lui spense il televisore e mi mise una coperta addosso.
Mi svegliai più volte nella notte e lui era sempre sveglio a guardare il telefono spasmodicamente.
Arrivò il mattino e mi svegliai definitivamente.
Lui mi salutò e fece per andarsene.
"Te ne vai ?"
"Ora è a scuola, non succederà nulla di male, vado a dormire." "Ma rimani qui"
"Grazie Nick."
E se ne andò.
Purtroppo, non accettò il mio invito e l'indomani sarebbe partito.
Decisi che saremmo usciti per staccare un po' dal tutto e per permettere a lui di alienarsi da quella situazione.
Andammo in piazza la sera e la piazza di sera si anima di un carosello di persone incessante che passano e spassano incrociando le loro vite.
Decidemmo di cambiare bar, ogni tanto andava fatto, scelsi quello sopra alla piazza, lui si mise sul balcone del bar a osservare la gente sottostante.
Lo raggiunsi con un drink per me e per lui.
"No grazie, io non bevo."
"Come ti pare; ma ti sei appena svegliato ?"
"Si."
"Ma sono le 10 di sera."
"È di notte che escono i demoni e devo essere reperibile."
Lui continuava ad osservare la piazza così mi incuriosì.
"Cosa vedi ?"
"Tutto, è la mia maledizione."
"Perché è fantastico."
"No, è terribile: assisto impotente e disgustato all'effimero susseguirsi del tutto, formiche che non sanno amare, che inseguono il vacuo e nemmeno hanno la possibilità di contemplare l'eterno.
La loro più grande ambizione è aspettare di buttare un altro giorno dietro ad un altro nulla, per anni, certi per sempre. Cercano compagni e compagne solo perché non riescono a stare soli, assorbono, ghermiscono e strappano quanto più riescono per nutrissi di qualcosa che credono possa appagarli e poi si gettano via senza pietà incuranti, indegni.
Non sanno neanche cosa sia l'amore, come potrebbero assaporarlo e se non hanno neanche la dignità di ammettere la loro insensata inutilità.
Non ti accorgi che il mondo è in fiamme ?
Io non posso non vederlo."
"Non leggerli."
"Non posso, appena vedo una persona ne vedo immediatamente difetti e debolezze."
"E centra qualcosa con il fatto che porti gli occhiali in mezzo alla gente ?"
"Mi aiutano a non leggere la gente."
"In che modo scusa ?"
"È autosuggestione, il cervello è il mezzo più potente che abbiamo e se ne hai il giusto controllo puoi usarlo anche contro se stesso, quindi mi sono condizionato fino a convincermi che se tengo gli occhiali le mie abilità sono più sotto controllo e lo diventano."
"Fai sul serio ?"
"È strano ?"
"È straordinario, e quella cosa che hai fatto mentre eravamo a casa l'altro giorno, quella posizione zen ? C'entra qualcosa ?" "No, quella è un'altra cosa, quello è un viaggio astrale."
"Un cosa ?"
"Un viaggio astrale: praticamente riesco a percepire me stesso e la mia coscienza al punto da riuscire a distaccarmi dal corpo e andare oltre il semplice piano tangibile e riuscire a percepire oltre i sensi."
"Ora mi stai prendendo in giro però."
"No, no, te lo garantisco quando lo faccio riesco a vedere tutti i percorsi che intraprenderanno le persone, le scelte che faranno, posso vederli, prevederli e indirizzarli."
"Non è possibile."
"In realtà la spiegazione scientifica di questo è semplicemente ancora autosuggestione, io mi convinco che quando faccio questa cosa riesco ad andare oltre e lo faccio davvero."
"Mi stai dicendo che lo potrebbero fare tutti ?"
"Dipende in realtà, vedere una strada possibile vuol dire che il tuo cervello ha visto dei dettagli, dei segnali del corpo, del linguaggio, un gesto, una smorfia, qualcosa di impercettibile tipo messaggi subliminali, tu non li vedi ma il tuo cervello li registra e te li comunica, quello che faccio è semplicemente entrare in sintonia con la mia mente per quanto mi sia possibile, perciò si tutti possono farlo; tutti quelli con un cervello che glie lo permetta."
"Quindi non tutti possono fare tutto."
"No, ma non è mai stato così, esistono dei limiti fisici, fisiologici, la genialità è questione di volontà ma il duro lavoro non eguaglierà mai il talento e la determinazione.
Esistono persone che cercano di imparare a fare i viaggi astrali per anni e anni senza mai riuscirci perché non riescono a raggiungere un tale livello di rilassamento o sintonia con se stessi, io l'ho fatto per la prima volta a 10 anni nel mio letto, ho scoperto solo poi cosa fosse e quando me lo hanno detto mi sono sentito strano e anomalo."
"Quindi tu sei il talento nella metafora ?"
"Non è una metafora, è comunque si."
"Allora hai avuto fortuna."
"Se così si può dire."
"Non lo è ?"
"Fino a due secondi fa credevi che leggere il mondo intero fosse una cosa fighissima, ti dirò una cosa che mi disse un tizio della mafia una volta: esistono verità all'inferno e bugie in paradiso.
E se ne andò così quella sera, lasciandomi con delle spiegazioni che creavano ancora più domande.
Ma non importava, sarebbe tornato presto perché le cose peggiorano sempre.

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