Cap. 22

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Pov Andrea

Sono riuscito a contattare Irene, ma sfortunatamente è durato poco. Mi è mancata in questi mesi, ma sento che sta bene ed è questo l'importante. Confido che Percy non la faccia partire per venire qua, per salvarmi. Sarebbe una follia. Irene deve rimanere viva, altrimenti il mondo cambierà e niente sarà più come lo conosciamo. 

Sento le guardie che borbottano fuori dalla casettina. Hanno percepito qualcosa, ma sono riuscito a nasconderlo bene. ora che sono debole credono che non riesca a fare nulla, ma si sbagliano di grosso. 

Irene mi manca troppo, avrei bisogno di lei, ma so che non può venire qua, altrimenti la ucciderà. Sento che l'occhio mi pulsa, per le botte che ho ricevuto in questi giorni. Ogni giorno c'è una sessione di interrogatorio e per ogni domanda a cui non rispondo un pugno o qualsiasi altra cosa che mi faccia male me la fanno. Conoscono i miei punti deboli e sanno come farmi ancora più male. 

- Andrea-. 

La sua voce mi fa rabbrividire. Basta solo il mio nome detto da lui e già sento la paura salirmi. 

- Che vuoi?-. Chiedo guardandolo. 

- Lo sai che voglio-. 

- Non leggo nel pensiero, sai-. 

- Ho percepito uno strano potere, quello di una certa figlia di Poseidone, o mi sbaglio?-. 

- Ti sbaglio, io qua non l'ho vista-. 

- Per quello non mi servivi tu, so che non è qua-. 

- E quindi che vuoi sapere?-. 

- Come hai fatto a portarla qua? Come sei riuscito a contattarla?-.

- Credi che io abbia fatto qualcosa? Non vedi come mi hai ridotto? Come potrei anche solo pensare di contattarla, di usare un briciolo del mio potere?-. 

- Non saprei, i figli degli dei minori sono sempre stati un gande mistero-. 

- Credo, che dovresti fare delle ricerche, mio padre ha poteri riguardanti solo i sogni. Io posso entrare nei sogni delle persone e basta-. 

- Ecco, l'hai portata qui con un sogno-. 

- Come potrei? Sono troppo debole, mi ci vuole troppa concentrazione e del cibo decente, cosa che qua non ho-. 

- Ok, vuoi fare il difficile? Va bene. Però mi devi dire dove si trova il Campo Mezzosangue-. 

- Non ne ho idea, io non ci sono mai stato. Magari se inizi a leggere qualche libro trovi qualcosa, un indirizzo, che ne so-. 

- Mi stai dando sui nervi, ragazzino-.

- Anche tu-. Dico sputando per terra.

- Dichònoia, Pònos, venite, c'è qualcuno che non vuole fare il bravo-.

Arrivarono i due scagnozzi che si occupavano di me. Erano dei semplici scagnozzi che sapevano solo picchiarmi e sedarmi. Ma nemmeno quello sapevano fare bene. 

- Ma ciao piccolettoooo-. Dice con voce stridula quello sulla destra. 

- Ci sei mancatoooo-. Esclama l'altro. 

I due sono identici, tranne per i capelli: è l'unica cosa diversa. Il corpo è simile a quello di un umano, ma sembra fatto di ombre, gli occhi sono delle palle infuocate (ovviamente di colori diversi), credo che Pònos sia quello che sta sempre sulla destra e quello che i capelli di un verde fosforescente, mentre Dichònoia è quello sulla sinistra con i capelli rosa fluo. Gli occhi sono abbinati ai capelli. Effettivamente non fanno molta paura a vederli, ma sembrano carini, però sono intrisi di una cattiveria fuori dal limite. 

- Ciao ragazzi-. Li saluto alzandomi in piedi.

- Oh, oggi il ragazzo ha voglia di muoversi-. Esclama Pònos. 

- Eh si, mi sa che oggi ci divertiremo più del solito-. Risponde l'altro. 

- Ma non vi stancate mai di fare sempre le stesse cose?-. Chiedo io per distrarli. 

- In che senso?-. 

- Che ne so, non vi piacerebbe ogni tanto combattere con qualcuno di veramente potente, anzichè dover continuare ma picchiare solo me?-. 

- In effetti hai ragione-. 

- Si, io se fossi in voi andrei a lamentarmi, per fare qualcos'altro, tanto ce ne saranno di demoni che possono fare quello che fate voi, no?-. 

- Hai proprio ragione, ragazzo-. 

- In effetti, io se fossi il vostro capo vi darei compiti di maggior rilievo, come andare a combattere e non stare dietro a un semplice ragazzino mezzo morto-. 

- Dichònoia, il ragazzo ha ragione, andiamo a combattere. Dobbiamo fare qualcosa che è alla nostra altezza-. 

- Pònos, hai ragione, andiamo-. 

E i due se ne andarono richiudendo la cella. Finalmente per un giorno avrei fatto a meno delle botte di quei due. Mi risiedo e prendo il lenzuolo di cotone, ormai sporco del mio sangue, per coprirmi. Mi sdraio e pian piano, ascoltando il battito del mio cuore mi addormento. 




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