Capitolo 3. Arya

144 44 98
                                    

Sono qui alla baita da qualche giorno.
Ho deciso di rimanere nascosta.
Non sono tornata a casa mia e nemmeno a lavoro, nonostante le proteste di Hank.
Non farebbe bene ai suoi affari e io non voglio pesare ancora di più su di lui con i miei problemi.

Ho già pensato a cosa fare solo che non ho ancora avuto modo di parlargliene.
Ieri mattina è uscito presto per andare a lavoro.
Gestisco il locale da qualche anno quindi so che avrebbe dovuto incontrare i fornitori, ma è tornato prima dell'ora di pranzo.
Era molto arrabbiato, ma non ha voluto dirmi perché.
Mi ha liquidata con le sue risposte monosillabiche.
Si. No. Non un'altra parola.
Alla fine ho lasciato perdere e sono andata a fare una passeggiata.

È così che ho passato il tempo in questi giorni, circondata dalla natura.
È un po' come essere in vacanza.
Camminando per il bosco ho trovato un angolino perfetto in cui sedermi, su un masso abbastanza grande.
Mi metto lì a prendere il sole. Proprio sulla sponda del fiume che scende dalla montagna alle mie spalle.
Mi ricorda tanto il lago, passavo le giornate più calde d'estate lì. Era il mio posto preferito.
Rovinato da lui.
Dalla sua presenza.
Dal ricordo di come è riuscito a farmi sentire con uno sguardo, una parola gentile.
Avevamo appena iniziato a parlare.
Conoscerci davvero quando è partito senza nemmeno salutare e non è più tornato.

Ho sempre pensato che fosse andato via per qualcosa successa tra lui e Noah.
Che la colpa fosse mia.
Ho provato qualche volta a chiedergli che cosa fosse accaduto, ma diceva che dovevo dimenticare e basta. Peccato che io non abbia mai dimenticato. Non ci sono riuscita.

È un po' più tardi del solito quando torno a casa, oggi ho deciso di allontanarmi un po' di più, seguendo sempre il corso del fiume.
Sono rimasta finché non ho visto che il sole stava per tramontare.
Quando apro la porta Hank è seduto sulla sua poltrona.
Mi aspetta per cena.

Quando si accorge di me brontola: « Era ora ragazzina, stavi per restare senza cena. Datti una mossa. »
Che tradotto significa: Ero preoccupato di non vederti tornare, di nuovo.

« Signor sì, sergente orso » rispondo mentre gli passo davanti per andare in bagno a lavarmi le mani.
Ridacchio quando vedo il suo sguardo torvo.
L'angolo della sua bocca al contrario, si alza leggermente.
L'unica forma di sorriso che può assomigliare a quello di noi che non siamo dei robot.
Si perché nonostante la sua presenza e il suo aspetto Hank è un maniaco del controllo.
Rigido come un tronco di legno in tutto e per tutto. Ma sotto quella corazza, quella maschera che mostra a chi non lo conosce si nasconde un uomo gentile e premuroso.
Mi ha accolta in casa sua, nella sua vita senza mai giudicarmi. Senza farsi troppe domande su chi fossi.

Apparecchio il piccolo tavolo in cucina e lui riscalda i maccheroni al formaggio precotti in un pentolino.
Ora che siamo seduti credo sia un buon momento per dirgli della mia decisione.
Mi schiarisco la voce attirando la sua attenzione.

« Ti devo parlare » annuncio.
La solita espressione per un attimo cambia.
È turbato.
« So già cosa devi dirmi » ribatte appoggiando la forchetta.

« Ho deciso di andare via da qui » confermo quello che, ovviamente aveva già capito.
All'improvviso non ho più fame.
Giochicchio con la pasta rimasta nel mio piatto. Appoggia la schiena alla sedia, aspettando che aggiunga qualcos'altro.
« Ho bisogno di trovare un posto dove nessuno mi conosce...
Per poter ricominciare. »

« Tu vuoi scappare ragazzina, e fidati so cosa significa, ma non è la cosa giusta da fare » dice allungando un braccio sul tavolo per portarmi via il piatto da sotto il naso.
Assottiglio gli occhi e fingo il broncio.

« Perché non ci rifletti un po'?
Datti qualche altro giorno per pensarci ».

Sbuffo alla sua richiesta, ma la accetto.
« Ok ci penserò. Devo chiederti un favore però, ho bisogno che mi accompagni a prendere la mia roba domani. »

Non si scappa dall'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora