Non si scappa dall'amore

Capitolo 15. Ian

Arrivato a casa mi butto sull'ampio divano, sfinito.
La pelle nera mi si appiccica alla maglietta umida.
Puzzo di aeroporto, ma non ho voglia di arrivare sino al bagno.

Resto fermo con la testa rivolta verso le ampie vetrate che si affacciano sull'East River e sullo skyline di Manhattan.

È proprio questa vista il motivo per cui l'ho comprato.
Con i soldi del primo servizio ho fatto un investimento in borsa, su delle azioni che hanno fruttato e parecchio.
Mi sono ritrovato da un giorno all'altro con così tanti soldi da poter fare ciò che voglio per il resto della vita e il mio primo acquisto è stato questo.

Un loft al penultimo piano di un palazzo a Williamsburg, era appena stato ristrutturato e l'ho tenuto così.
Non ho ridipinto le pareti grigie.
Non ho cambiato l'arredamento moderno e minimalista.
Né i pochi mobili in ferro e vetro che rendono il salone meno scuro.
Più luminoso.
Pensavo che tornare qui mi avrebbe fatto sentire meglio, ma ora che sono qui mi rendo conto di quanto mi mancasse tutto quello che ho lasciato a Everfield.
Quanto mi mancasse lei.
In questi anni mi sono sempre sentito come se non l'avessi mai lasciata del tutto.
Non le avevo mai detto addio, ma l'ho fatto stavolta e me lo devo ripetere ogni singolo giorno per resistere all'idea di tornare indietro.

Jake i primi giorni telefonava con insistenza, alla fine sono stato costretto a scrivergli un messaggio.
Sono rimasto sul vago, gli ho solo accennato ad un lavoro importante a cui non potevo rinunciare.
È già capitato che lavorassi per giornali famosi, anche per il National Geographic una volta.
Certo non sono famoso come Bruce Gilden e nemmeno mi interessa, sono riuscito a fare della mia passione il mio lavoro e questo mi basta.
O meglio mi bastava.

Prima che il destino mi riportasse da lei.

Sono passati 6 giorni, 15 ore e 47 minuti dall'ultima volta che l'ho vista.
Sembrerà un tempo breve per altri, ma per me è stata una cazzo di tortura.

Due sere dopo il mio arrivo non ho resistito.
Sono tornato a casa con una donna bellissima, una fotomodella conosciuta in un locale.
Ho pensato che mi avrebbe aiutato a non pensare a lei, anche se solo per un po'.
Era proprio il mio tipo, i capelli biondi però erano tinti e troppo chiari.
Non erano morbidi, non profumavano di miele.
Gli occhi erano azzurri e belli sì, ma non mi provocavano il tumulto che sento quando mi perdo in quelle pozze di cioccolato.
Ho provato a chiudere gli occhi, a concentrarmi su di lei, sulle sensazioni del mio corpo, ma non appena l'ho fatto c'era Bambi nuda sopra di me.
I suoi piccoli seni, la pelle rosa, delicata.
I capezzoli dritti, rigidi e scuri per me.
Solo per me.
Li ho presi tra le labbra, gemeva, ma non era la voce che volevo sentire a dire il mio nome.

Ho riaperto gli occhi e mi sono reso conto che non c'era lei su di me, non era la donna che desideravo davvero quella che mi si strusciava addosso.
Tutto era sbagliato.
Lei.
Io.
L'ho spinta via da me con non troppa delicatezza.
« Vattene » ho ringhiato, senza degnarla più di uno sguardo.
È rimasta ferma con l'espressione confusa sul volto, ancora truccato.
Il vestito, un pezzo di stoffa nero che la copriva poco sotto il sedere era sollevato fin sotto il seno, ma non avevo né la pazienza, né la voglia di comportarmi bene.
Avrei dovuto scusarmi per averla portata qui, avrei dovuto chiamare un taxi, ma non ho fatto niente di tutto questo.
« VATTENE CAZZO » ho sbraitato.

Ha sbattuto con forza la porta alle sue spalle andando via e per i primi cinque minuti mi sono sentito una vera merda.

Poi ho guardato all'angolo del salone, il mobile bar.
La tentazione era così forte, non sono riuscito a trattenermi.
Uno scotch, poi un altro, bevuti tutti d'un fiato e il pensiero di Arya nuda, che mi cavalcava come una piccola amazzone si è impossessato della mia mente.