Capitolo 1. Arya

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Sono immersa da una luce bianca bellissima, calda.
Mi sento così in pace, poi un BIP continuo.

Diventa sempre più fastidioso.

È questo a svegliarmi, a farmi aprire gli occhi.

Ho la vista annebbiata ma scorgo le pareti bianche attorno a me. Provo a sollevarmi ma non ne ho la forza, la testa mi pulsa.
È una sensazione insopportabile, tanto forte da irrigidirmi. Sono così stanca, come se un camion mi fosse passato sopra.

Riesco a voltarmi di poco, il tanto per scorgere una sedia vuota davanti al mio letto.
Poco più avanti, davanti alla finestra Hank, il mio capo. Lavoro per lui alla tavola calda da ben otto anni e non l'avevo mai visto così, preoccupato?

Continua a passarsi le dita sulla barba rada con lo sguardo perso sull'orizzonte.
Cerco di muovermi, cambiare posizione e quando sposto il peso sul braccio destro non riesco a soffocare un gemito di dolore.

Si accorge di me e la sua bocca si allarga di pochi millimetri in quello che dovrebbe essere un sorriso, almeno credo.

« Ehi » saluta avvicinandosi all'altro capo del letto.

« Mi hai fatto spaventare ragazzina » sospira appoggiandomi una delle sue manone sulla spalla, circondandola.

« Ora sta giù e riposa, vado a cercare qualcuno » continua uscendo dalla stanza.

Qualche minuto dopo ritorna, nascoste dal suo corpo massiccio ci sono due signore. Un'infermiera sulla quarantina, ha gli occhi dolci, il blu dell'uniforme li risalta.
I capelli biondo platino raccolti in una treccia un po' spettinata, il rossetto rosso acceso, sorride mostrando i denti bianchi, dritti mentre si avvicina.
L'altra è una signora più grande dalla faccia seriosa, il camice bianco.
Hank aspetta che raggiungano il letto prima di uscire dalla stanza e lasciarmi sola.

« Allora... Arya » prende parola la dottoressa si ferma ai piedi del letto e studia la cartella mentre l'infermiera prende un telecomando dal lato del letto per sollevare la testiera.

Mi accarezza il braccio con dolcezza prima di sistemarmi la flebo, le sorrido di rimando.

Dopo avermi visitata accuratamente la dottoressa mi spiega che hanno riscontrato un lieve trauma cranico e una lussazione alla spalla che hanno sistemato quando ero ancora priva di sensi oltre ai numerosi lividi e graffi sparsi sul corpo. Dalle analisi non hanno riscontrato niente ma dallo stato in cui mi hanno trovata suppone sia stata drogata.

L'infermiera gentile va via lasciando la porta socchiusa alle sue spalle.

«  Ricordi cos'è successo?
Vuoi che chiami qualcuno? »
Sussurra la dottoressa addolcendo il tono, lo sguardo verso la porta.

Sembra preoccupata dalla presenza di Hank, probabilmente dalla sua espressione truce e dallo sguardo feroce che non sono certo rassicuranti se sei grosso quanto una quercia secolare.

« No » ribatto.

Scuoto la testa al pensiero di come lo vedano gli altri, di come si fermino all'apparenza, proprio come hanno fatto sempre con me facendomi sentire inadeguata, una reietta solo per il cognome che porto.

Continua a parlare di shock emotivo e psicologi ma la sua voce è così lontana.
Quando vede che non rispondo mi comunica che dovrò passare la notte qui e si alza finalmente.

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