Capitolo 22. Ian

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« Ehi Vichingo » grido bussando alla porta della sua camera.

Mi ha lasciato sul divano a girarmi i pollici ed è chiuso nella sua camera ormai da ore.

« Che vuoi? Sto lavorando » sento che risponde attraverso la porta.

« Tu non hai più un lavoro! »
Lo sbeffeggio continuando a bussare con insistenza,
« e stasera hai un impegnoooo. »

« Che impegno? » Chiede sbucando solo con la testa fuori dalla porta.

« C'è una ragazza nuda lì dentro? Vuoi che vada a farmi un giro? »
Chiedo allungando il collo per sbirciare, mi spinge via con una mano aperta sul mio petto.

« No coglione, non c'è nessuna ragazza! Non siamo tutti come te Allen che scopiamo con qualsiasi cosa ci capiti davanti! »

« Wow! Sei ancora incazzato quindi? »

« Si cazzo! Te ne sei andato via senza darmi una spiegazione, di nuovo. Poi torni e ti aspetti che tutti si comportino come se nulla fosse, ma non è così Ian.
Non funziona così l'amicizia. »

« Ti ho già detto cos'è successo, ero arrabbiato e... Confuso » sospiro frustrato.
« Hai ragione avrei dovuto avvisarti... Salutarti prima di andarmene, mi dispiace » continuo a denti stretti.

Fissa i suoi occhi di ghiaccio su di me, da quando è stato sospeso la sua faccia è spossata, la barba cresce da ormai una settimana e mezza lo fa assomigliare ad un drogato, anche i capelli sempre ordinati sono ormai troppo lunghi sulle basette.

Sbircio di nuovo alle sue spalle, stupendomi del casino, il letto sfatto, l'armadio aperto e i vestiti che sbucano dalla cesta.

Lo tiro via dalla porta con forza, riuscendo a spalancarla, sulla scrivania poggiata alla parete sulla sinistra tazze e piatti incrostati, ma è qualcos'altro ad attirare la mia attenzione.

È il muro bianco che mi sta di fronte.

Strizzo gli occhi, ma la parete resta così com'è, ricoperta di pagine, alcune cerchiate di rosso.

Mi avvicino per vedere meglio, schiacciando sotto ai piedi altri fogli sparsi a terra.

È una specie di schema, ci sono le foto che ho scattato nel bosco quando abbiamo trovato la pietra insanguinata, con accanto una lavagna con scritte tutte le date.

Quella della loro scomparsa, quella del presunto suicidio di Coldwell, tutti gli avvenimenti sistemati in ordine cronologico, in bella vista.

Punto lo sguardo sul mio migliore amico.

« È questo che fai chiuso qui tutto il giorno? »

Chiedo accennando con la mano.
Pensavo fosse ovvio che Arya dovesse rimanere fuori da questa storia, ma ci sono foto di casa di sua madre, del bunker dove l'abbiamo trovata e non sono stato io a scattarle.

« Si, è a questo che lavoro.
Prima di dare di matto ascoltami, c'è qualcosa che non va in questa storia.
Persone scomparse, altre uccise e un cazzo di trafficante morto, tutto nel giro di pochi mesi. C'è una connessione, qualcuno doveva sapere e io voglio scoprire chi. »

« No, Jake. No cazzo! » Grido allontanandomi da quel maledetto muro.

Non voglio vedere o sapere più niente di questa storia. Sin da quando l'ho trovata in quel buco di casa, in mezzo a tutta quella distruzione ho capito che c'era qualcosa di molto peggiore sotto e non voglio certo essere io a scoprire cosa, né voglio che lo faccia lui.

« È troppo pericoloso cazzo! Non pensi ad Arya? A tutto quello che le è successo? »

« Certo che sì, secondo te perché diamine lo starei facendo? Pensi che permetterei a qualcuno di farle del male? »

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