Capitolo 20. Arya

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Non vorrei tornare ma non voglio neanche che si preoccupino ancora di più, non per me.

Hank è entrato in modalità carceriere, mi tiene sotto regime di sorveglianza ventiquattro ore su ventiquattro.
Non riesco ad avere nemmeno qualche momento per me, da sola e se non c'è lui a sorvegliarmi ci sono Maggie o Charlotte.

Apro la porta d'ingresso con un sospiro stanco ed eccola seduta sul divano china su dei documenti, gli occhiali poggiati sulla punta del naso, la cartella in pelle grigia accanto ai piedi.
« Buongiorno, allora com'è andata?Avete trovato qualcosa? »
Scuoto la testa rassegnata e vado a chiudermi nella mia camera, l'unico posto in cui posso stare in pace.

Sono sul letto a fissare il soffitto ormai da ore, rimuginando su tutto e niente, l'appuntamento con Ian è il problema principale.
Vorrei rimandarlo, non so cos'abbia in mente ma non sono proprio dell'umore di stare in mezzo alla gente.

Mi sono appena allungata sul letto per raggiungere il telefono sul comodino quando qualcuno bussa alla mia porta.
« Avanti » rispondo, convinta che sia ancora lei ma è Hank, che non entra mai in questa camera da quando l'ho occupata.

L'unico che mi è rimasto accanto, mi ha aiutata e l'unico ad averne dovuto pagare care le conseguenze.

Entra e si chiude la porta alle spalle.
Occupa tutto il letto che sprofonda sotto il suo peso quando ci si siede.
Sposto il cuscino per farmi spazio e mi siedo contro il muro incrociando le gambe.
« Non hai mangiato nulla » dice porgendomi un fazzoletto piegato.
Lo prendo dalla sua manona e quando lo apro e vedo i due toast al formaggio al suo interno scoppio in un pianto che nemmeno sapevo di stare trattenendo.

Si avvicina a me e mi dà delle pacche sulla spalla.
Non mi chiede perché piango.
Non mi dice di non farlo.
Mi tiene vicina.

Non so cosa significhi avere un padre che si prenda cura di me e questa mancanza l'ho sempre sentita molto più di tutte le altre.
Più di tutto il resto.
Ma la vita mi ha regalato questo gigante dalle burbere maniere che mi vuole più bene di quanto me ne abbia mai voluto chiunque altro.

« È tutto apposto ragazzina, non piangere sono qui. »

« Anche lei mi chiamava così, sai.
Mi dispiace se non ti ho detto che sono andata a trovarla.
Io, non volevo deluderti ancora »

« Non potrai mai deludermi lo sai vero? Io..»

« Si invece », singhiozzo asciugandomi le lacrime dalle guance.
« Non hai più niente se non questa casa ed è solo per colpa mia. »

« Non è stata colpa tua! » Ribatte in tono duro.
« Quando mi hanno chiamato pensi che fossi preoccupato per il locale? No! Avevo paura che fossi morta cazzo. Ero terrorizzato all'idea di averti persa per sempre. »

« Ma tu non mi perderai mai Hank.
Non dimenticherò tutto quello che hai fatto per me.
Non ho mai avuto un padre e lo so, ormai sono troppo grande per queste cose, ma tu per me sei questo » affermo prendendo una delle sue manone.

Annuisce, ingoiando il magone che gli stringe la gola.
Tossisce per nascondere l'emozione.
Io cerco di voltare lo sguardo da un'altra parte.

« Hai deciso cosa farai per il funerale? » Chiede per cambiare discorso.

Scosto la mano, imbarazzata tanto quanto lui.
« Si, ho chiamato l'agenzia funebre prima e ho prenotato per la cremazione dei resti.
Ci sarà una breve cerimonia, verrà seppellita accanto al fratello. »

Annuisce e si alza, con un lungo sospiro.
Prima di varcare la soglia si volta e mi chiede: « vuoi un consiglio paterno? »

Annuisco, un sorriso appare spontaneo sul mio viso.

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