Capitolo 13. Arya

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Dall'hotel alla baita mi ci sono voluti più di tre quarti d'ora di camminata.
Avrei potuto anche prendere un taxi o chiamare Hank visto che è domenica, ma sentivo il bisogno di stare sola con i miei pensieri confusi.
Non dormivo così bene da anni ormai.
Mi sono rilassata ascoltando il suo cuore battere all'unisono con il mio, le sue braccia stringermi, le dita tra i capelli.
Non avevo mai provato una sensazione del genere.
Con Noah non mi sono mai sentita così, al sicuro.
Al posto giusto.
Ma non posso, non voglio provare questo.
Non per lui.
È come se non fossi più padrona dei miei sentimenti e sono terrorizzata.
Ma allo stesso tempo non riesco a non pensarci.
A lui, al suo profumo a come mi ha accarezzata, rassicurata.

Al mio arrivo Hank mi aspetta sulla soglia con le braccia incrociate al petto e la solita espressione imperscrutabile.
Non dice una parola sino a quando non mi butto sul divano come un sacco di patate.
Accende la TV e si siede sulla sua poltrona, ma con la coda dell'occhio mi lancia delle strane occhiate.

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, e inizio a mangiarmi le unghie come sempre quando mi innervosisco.
« Gliel'ho detto » esclamo rompendo il silenzio.

« Bene » ribatte tranquillo.

Mi alzo sui gomiti per guardarlo.
Ha bevuto?
« Bene? » Ripeto confusa.

Charlotte esce in quel momento dalla cucina con un pacchetto di mandorle salate.
Si siede vicino a me dandomi un colpetto sul piede per farmi sedere composta.
Sposto lo sguardo da lui a Charlotte che fissa la TV.
Come possono restare così, calmi.
« Gli ho detto che ho colpito suo fratello alla testa con una pietra, Hank! Sarà già corso alla polizia a raccontarlo. »

« Mmm non credo che lo farà. »
Risponde alzandosi per prendere una manciata di mandorle dalle mani di Char e mettersele in bocca.

« Hai capito quello che ho detto?
Verranno a prendermi e...
E mi arresteranno. »
Raccolgo le ginocchia al petto, continuando a far saettare lo sguardo tra i due.

« Ho capito ragazzina.
Non sono ancora diventato sordo e ti dico che non farà nulla, ci ho parlato. Sapevo che eri con lui ieri notte. »

Sembra, felice?
Sta sorridendo?

« La signora qui non voleva ascoltarmi.
Per poco non è corsa a cercarti. »

Scuote la testa rivolgendole uno sguardo che dice:
Vedi avevo ragione io.

Charlotte risponde con uno sbuffo.
« Credevo che fosse in pericolo ok?  Scusa se mi sono preoccupata. E non usare quel tono accondiscendente con me. »

Mi alzo e vado in bagno per una lunga doccia prima di mettere qualcosa nello stomaco.
L'agitazione per tutto il trambusto della scorsa notte mi ha messo in subbuglio e ora sto morendo di fame.
Entro in cucina per prepararmi un sandwich e vado dritta ad aprire il frigo.
Quando mi avvicino al tavolo con il piatto in mano noto una busta gialla, ma non ci faccio troppo caso.
Saranno dei documenti che Charlotte si è fatta consegnare per lavoro qui.
Mangio il mio panino e quando sto lavando il mio piatto Hank si avvicina con una birra in mano.
Fa un cenno con la testa verso il tavolo e dice:
« quella è tua, un corriere espresso l'ha consegnata ieri al Karen. »

La raccolgo dal tavolo, dietro c'è il mio nome, scritto con un pennarello nero.
Riconosco subito la calligrafia.
« È- È ...Di Noah. »
È proprio da lui l'uscita di scena drammatica, la lettera d'addio.

Non si merita che legga le sue stupide parole dopo tutto quello che mi ha fatto.
Dovrei buttarla.
Anzi no, dovrei farla in mille pezzettini e buttarla nel fuoco lasciando solo la cenere.

È quello che lui ha lasciato a me.
Di me.
Non è rimasto nient'altro che cenere.

Senza accorgermene sto stringendo la busta così forte da accartocciarla.
Charlotte me la toglie dalle mani prima che possa anche solo pensare di strapparla.
Non mi ero nemmeno accorta di averla vicino.
« Per quanto tu voglia farlo non puoi distruggerla, è sempre una prova » dice andando verso il mobile all'ingresso.
« La lasceremo qui e quando vorrai potrai leggerla. »

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