Capitolo 25. Ian

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Tende una mano per riporre il fiore dentro il piccolo vaso, le dita che lo stringono tremano.
Il tubino nero disegna il profilo del suo corpo, il tessuto leggero si tende sui fianchi e scende fin sotto al ginocchio, delle calze velate nere a ricoprirle i polpacci, resi ancora più sensuali dai tacchi a spillo neri.
È bellissima cazzo, una Dea.
I capelli legati in una treccia che il vento ha spettinato, le ciglia leggermente più lunghe per il mascara sono ricurve sui grandi occhi, velati di lacrime trattenute.

Mi chiedo quanto ci metterà a scoppiare.
Se invece non lo facesse?
Se continuasse a reprimere tutto ciò che prova.
Sta cercando di scappare via da me, da quello che prova perché ha paura che io le faccia del male, ma non lo farei mai.

Ieri notte mi ha cacciato via, era così persa nei suoi pensieri che non mi stava neanche a sentire così ho deciso di lasciarla sola.
Le ho scritto un messaggio, ma non ha risposto e quando non l'ha fatto neanche per la buonanotte ho iniziato a preoccuparmi. Ho camminato ore, su e giù per il salotto di Jake, l'ho chiamata più volte, ma niente. Nessuna risposta.

Alla fine verso le due, tremendamente spaventato, in ansia, ho bussato alla porta di Jake.
Poteva esserle successo qualcosa o peggio poteva essere morta e io non ero lì, a proteggerla. Dovevo essere lì con lei, ma quello stronzo non mi voleva dare retta, l'ho mandato a fare in culo e ci sono andato da solo.

Quando sono arrivato alla baita sono corso fuori dall'auto disperato solo per arrivare all'ingresso e trovarla che dormiva serenamente. Mi sono accasciato a terra e ho appoggiato la testa alla vetrata fredda, umida dalle gocce di rugiada che nella notte l'hanno resa scivolosa, ma non mi interessava in quel momento.
Sono rimasto lì, a vegliare su di lei poi verso le quattro e mezzo il rombo di un motore si è fatto sempre più vicino.

Jake è sceso dalla moto non appena mi ha visto seduto per terra con le ginocchia in alto, si è tolto il casco ed è venuto verso di me con passi furiosi. « Perché non rispondi a quel cazzo di telefono? È due ore che ti chiamo! » Ha gridato.

« Sta zitto cazzo! » Ho sibilato, cercando di tenere il tono di voce basso.

Ha rivolto lo sguardo alle mie spalle e anche lui l'ha vista, accoccolata sulla poltrona che dormiva, senza sapere.
« Perché sei ancora qui? »

In risposta ho alzato le spalle.
Non so perché sono rimasto, ma stavo bene.

« Dio Allen sei proprio cotto » ha riso di me.
Gli ho tirato addosso un piccolo sasso che lo ha preso sul ginocchio, anche lui ha fatto lo stesso, provando a non fare rumore.

Alla fine la porta si è aperta proprio quando ero sul retro a fare pipì e Jake è stato beccato in pieno a guardare dentro casa con la faccia appiccicata al vetro.
Quando l'ho vista così persa volevo correre da lei e abbracciarla, ma non potevo.
L'ho guardata chiudersi in camera e le sono rimasto vicino finché me lo ha permesso.
Ora dev'essere lei a venire da me.

L'attesa però è la cosa peggiore.
Mi sono accorto degli sguardi curiosi che mi lanciava quando cercava in tutti i modi di ignorarmi e comprendo la sua paura, tutti hanno tradito la sua fiducia, praticamente da tutta la vita. Ha dovuto sopportare che il mondo intero la guardasse cadere nel baratro, pensare poi che è stata gettata in questo caos dall'unica persona di cui si fidasse mi fa venire voglia di proteggerla ancora più intensamente.
Voglio prendermi cura di lei in ogni modo possibile. Regalarle il mondo intero, persino la luna se solo me lo chiedesse.

In questi momenti quando ripenso a mio fratello vorrei ringraziarlo e allo stesso tempo prenderlo a pugni  perché se fosse stato l'uomo di cui Arya aveva bisogno non sarei qui con lei adesso. La mia è una visione egoistica, lo so, ma è questo ciò che penso. Lui sarebbe stato un uomo decisamente migliore di me, per lei.
È uno dei motivi per cui mi sono tenuto sempre a debita distanza.

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