Capitolo 18. Ian

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Da quando ho lasciato Arya con Murphy fuori dall'ospedale mi sento strano, come mai prima d'ora. È come se quando camminassi lo facessi ad un metro da terra.
Quando mi sveglio sono felice e vado a dormire con il sorriso, il cielo è più limpido, il sole più luminoso. È tutto più bello.

Non so se posso definire amore ciò che provo, ma sento qualcosa di forte, accecante quando le sono vicino.
Non tocco alcool da quando sono tornato qui. Non ho fumato una sigaretta da quando l'ho vista salire su quella maledetta monovolume.

Murphy sembrava sul punto di pestarmi, credo che l'unica cosa che lo trattenga sia proprio Arya. Non vuole che veda il mostro nascosto sotto l'aria imperscrutabile.

Tutti noi abbiamo un segreto da nascondere, che si rifugia sotto ai vizi.
Per anni io ho usato l'alcool.
Bevevo per dimenticare.
Per non provare emozioni.
Per non sentire più nulla, ma è stato tutto inutile, quelle si ripresentavano sempre, provavo a scacciarle via, scacciare lei dai miei pensieri, ma non se n'è mai andata.

Ed ora eccomi qui, a dormire sul divano del mio migliore amico da giorni ormai perché sto provando in tutti i modi a conquistare la vita che ho sempre desiderato.
La ragazza che ho lasciato dieci anni fa, che ora è diventata donna. Una donna bellissima, sfuggente, impaurita.

È l'una di notte quando le scrivo un messaggio.
Un messaggio al telefono che le ho comprato io, anche se lei non lo sa.
Probabilmente se scoprisse tutto quello sto facendo per lei oltre ad averle comprato il telefono me lo tirerebbe dritto in faccia.

Non faccio che pensare a lei, a come si sente, a cosa potrei fare per aiutarla.
Vorrei farmi carico io di tutto il suo dolore, dei suoi incubi, del terrore che posso ancora scorgere nei suoi occhi.

Per ora sono riuscito solo a convincerla a venire ad un appuntamento.
Il mio primo appuntamento con Bambi.

Forse è davvero la nostra occasione questa.
Forse la vita ha deciso che abbiamo sofferto abbastanza.
Che siamo stati divisi abbastanza a lungo da meritare di essere felici, insieme.

Ma la vita si sa, è una vera stronza.

« Allen... Allen cazzo svegliati. »
Apro gli occhi e mi ritrovo davanti alle ginocchia pelose di Jake.

« Che cazzo vuoi?
Lasciami dormire » borbotto girandomi sulla pancia.

« È per Arya. »

Bastano quelle tre parole, basta sentir pronunciare il suo nome per farmi scattare in piedi come una molla.

« Che c'è? Sta male? » Chiedo infilando una scarpa e correndo verso la porta con l'altra ancora in mano.

« Calmati e siediti cazzo » esclama con una mano sugli occhi, ancora gonfi di sonno.
« Spero che troverai un posto dove dormire e in fretta perché mi dai sui nervi, cazzo. »

Alzo gli occhi al cielo e mi avvicino alla cucina.

È sempre irritabile appena sveglio, soprattutto se è mattina presto.
Guardo il telefono e leggo sullo schermo che sono appena le sette.

« Parla. Io faccio il caffè ».

« È per Edith.
È suo il corpo che hanno trovato dopo l'incendio. »

« Come cazzo fai a saperlo? E perché mi hai svegliato per dirmelo? »

« Mio padre, idiota. E ti ho svegliato perché stanno andando a parlare con la tua ragazza. Pensavo volessi saperlo stronzo. »

Ragiono sulle sue parole mentre la macchinetta fa tutto il lavoro e una volta pronto il caffè in due tazze né spingo una sul ripiano del lavandino.

« Chiama tua sorella » dico bevendo un lungo sorso.

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