Capitolo 11. Arya

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Dieci anni prima

Ok, ricominciamo da qui.

Ho sedici anni e vivo con mia madre Edith a Everfield, una piccola, noiosa città della Pennsylvania del Nord.
Non ho mai conosciuto mio padre, so solo che si chiamava Walter ed era già sposato.

Ecco perché ha abbandonato mia madre non appena ha scoperto che era incinta.
È morto pochi mesi prima la mia nascita in un incidente stradale, ma quando sua madre ha saputo di me ci ha lasciato una casa e qualche soldo per liberarsi di noi.

Quando non sono a scuola passo il mio tempo libero dalla famiglia Allen, i miei vicini di casa.
Si sono trasferiti qui quindici anni fa, David ha aperto il suo studio medico e Miranda si occupa della casa e di noi piccoletti, come le piace chiamarci.
Ho anche una camera qui che Miranda ha ristrutturato per me quando avevo dodici anni.
Mamma mi aveva lasciata sola ormai da più di una settimana, per una delle sue avventure stagionali.
S

e non ricordo male quella volta era a Las Vegas.

Lei odia gli Allen, non fa altro che ripetermi che devo imparare a cavarmela da sola e non posso contare sulla loro pietà.

Non capisce che non posso vivere in una casa dove ci sono solo urla, bottiglie sparse ovunque e lei che sviene sul divano o nel suo stesso vomito.


Qui sto bene.
Loro mi vogliono bene e la casa è sempre pulita, ordinata.
Mi piace stare qui.
Miranda mi insegna a cucinare e io la aiuto a curare le sue adorate piante o in altre faccende.

Per me è un modo per ripagarli, anche se dice che non serve.
Amo cucinare, preparare dolci.

Quando sarò più grande vorrei andare in Europa, viaggiare alla ricerca di nuovi sapori e poter imparare da grandi chef.
Vorrei aprire un ristorante tutto mio, un giorno.

Gli Allen hanno anche due figli, Ian il maggiore ha 22 anni ed è al penultimo anno della Rochester University a New York.
Noah invece ha 18 anni, ed è il mio ragazzo dall'anno scorso.
Ancora non ci credo che stiamo insieme.
Siamo stati migliori da che ho memoria ma, alla fine della scorsa estate mi sono accorta di provare qualcosa per lui.
È stata una cosa...
Inaspettata.
Improvvisa.

Ero seduta sugli spalti del campo da football aspettando che finisse il suo noiosissimo allenamento.
Faceva un freddo cane, ma glielo avevo promesso in cambio di una quantità enorme di caramelle gommose a cui non avrei mai rinunciato.
Neanche per quattro oche in mini gonna sculettanti che mi lanciavano occhiate torve.

Le odiavo e la cosa era reciproca, non sopportavo le loro risatine stupide e le battutine maligne che mormoravano tra loro.
Finalmente la mia tortura era finita.
Noah correva verso di me sorridendo e una strana, improvvisa sensazione mi contorse lo stomaco.

L'ho guardato superare Maraiah la galoppina sempre perfetta della nostra biondissima capo cheerleader senza degnarla di uno sguardo.


Non avevo mai notato quanto fosse bello, con i suoi capelli castani a spazzola e quegli occhi grigi, penetranti.
Quando mi ha stretta a sé mi sono sentita andare in combustione istantanea.
Non avevo mai provato niente del genere e non credevo che avrebbe mai ricambiato.
P

ensavo che non mi avrebbe mai vista come nient'altro che la sua amica, una sorella.

Quindi non ho detto niente, non volevo rovinare la nostra amicizia.
Mi c'è voluto qualche mese per trovare il coraggio di confessarglielo.

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