Capitolo 11

272 32 41
                                    


Finzione e realtà. Bugie e verità. Parole opposte, ma legate tra loro. Solo qualche giorno prima avrei pensato ai demoni e all'aldilà come a qualcosa di fantasioso, come un libro fantasy, di quelli che leggi la sera prima di andare a letto; invece erano reali, tangibili e terribilmente corporei. A pensarci bene, qualche ora prima non avevo neppure accettato l'idea che la nonna mi avesse mentito per tutto quel tempo e avevo persino preso sottogamba l'idea di essere una creatura paranormale, una sensitiva e invece lo ero. Lo dimostrava il gigantesco ammasso roccioso che si era sollevato dal terreno per farmi da scudo, ed era reale e vero.

I miei occhi si aprivano e si richiudevano così tante volte che a stento riuscivo a vedere chiaramente ciò che avevo davanti e per poco non gridai quando la roccia si ritrasse nel terreno da dove era venuta. Sconvolta e con il petto ansante per il respiro corto, mi ritrovai a fissare incredula la ragazza dai lunghi capelli bianchi che, scioccata, aveva spalancato la bocca in una perfetta "o".

«Tu sei... Mio Dio, sei una di noi...» ero scioccata tanto quanto lei. Avrei dovuto saperlo e aspettarmelo, eppure non ci riuscivo. Senza neppure usare un catalizzatore di energia, avevo eretto uno scudo naturale, proprio come una Sorella. Un rantolio sofferto alle mie spalle mi fece voltare di scatto. Xavier cercava di sollevarsi da terra e senza pensarci troppo, mi ritrovai a sorreggerlo.

«Xavier, stai bene?» gli chiesi timidamente, ma la ragazza che un attimo prima ci aveva attaccati, si fece sentire.

«Stai lontana da quel demone!» le sue parole erano ricolme di rancore. Potevo percepire la rabbia che nutriva nei confronti di Xavier, glielo leggevo benissimo persino negli occhi rossi, che si affilavano così tanto sulla figura dello Shen da non riuscire a mostrare la pupilla.

«Lui è con me! Siamo uniti da una runa, se dovesse morire, perirei con lui» le risposi seccata, mentre il ragazzone al mio fianco si sistemava la giacca logora di terra, mal celando una smorfia di dolore. I suoi occhi ambrati si adagiarono lesti sulla sua avversaria e quando la risposta non arrivò, sorrise divertito mostrando una bianchissima fila di denti perfetti.

«Qualcuno ha tirato fuori le palle» scherzò guardandomi.

«Sorpreso vero? Pensavo mi fossero cadute tutte con te, invece me ne erano rimaste alcune in tasca.» Istintivamente ammiccai con fare civettuolo e lui, corrugando la fronte, mi fece accorgere di quanto fossi stata sfrontata nei suoi confronti. Mi staccai di colpo, sentendo le guance avvampare per l'imbarazzo. Che cosa mi stava prendendo?

«Fai delle battute orribili» rispose lui arricciando con fastidio il lato della bocca. Non sembrava essersi accorto di niente o forse, non lo dava a vedere, ma dentro di me sperai che la sua mancanza di empatia mi avesse salvata da quella figuraccia. Fortunatamente la mia testa tornò a ripercorrere lucidamente le ragioni che mi avevano spinta ad affrontare quella strana avventura e tornai a rivolgermi all'albina.

«Puoi aiutarci? Dobbiamo raggiungere le altre Sorelle.» Lei a quelle mie parole strabuzzò gli occhi, quasi sconvolta all'idea di una simile sfrontatezza da parte mia, ma a me non interessava affatto che ci avesse attaccato un istante prima, volevo solo raggiungere il paesino, trovare qualcuno capace di aiutarmi e tornarmene a casa.

«Non lo farei mai. Se dovessi avvicinarmi troppo, lui mi ucciderebbe e poi non vi conosco...»

«Hai appena detto che sono una di voi!»

«Sì, ma corrono tempi duri per noi, non possiamo fidarci del primo estraneo che si avvicina con i capelli colorati» mi indicò con aria scettica e fu allora che dentro di me si accese la convinzione di dover accettare ciò che ero destinata a essere. Presi un profondo respiro e lasciai che l'aria malsana intorno a noi riempisse i miei polmoni, poi, con lo sguardo più sicuro e deciso che potessi fare, la affrontai.

Shen-L'ombra del dannatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora