Capitolo 9

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La porta del condominio si richiuse alle mie spalle in un sonoro tonfo. Non mi importò affatto che nel cuore della notte, qualcuno avesse potuto essere disturbato dal mio rientro. Ero stanca, sudata, a causa della camminata che mi ero fatta, e danneggiata, sia a livello fisico che emotivo. Il solo ricordo di come era andato il rituale mi procurava dei fastidiosi crampi alla bocca dello stomaco. Avrei dovuto chiamare la nonna e avvertirla del guaio che avevo combinato. Ma come avrei potuto informarla del fatto che nel mondo, non solo lo Shen da cacciare era ancora sulla terra dei vivi, ma se ne era aggiunto persino un altro e molto più pericoloso del primo? Il pensiero di essermi sopravvalutata iniziò a farsi strada nei meandri della mia affollata e incasinata mente. Se prima avevo trovato quasi eccitante l'idea di essere una sciamana, in quel momento non ne ero più tanto entusiasta.

Avevo colto la palla al balzo per tentare di conoscere la mia storia, le origini della mia famiglia e la mia provenienza. Studiare il mondo celtico e le varie usanze dei Turgunni mi aveva assorbita nel loro mondo e avevo sperato, con tutta me stessa, che in me risiedesse il loro sangue e che fosse esattamente come la nonna aveva raccontato.

Sospirai appoggiandomi del tutto alla sbarra in ferro delle scale, lasciando che il mio corpo ciondolasse in avanti a causa della stanchezza. La mano ferita perdeva ancora sangue e, senza rendermene conto, mi ritrovai a passare l'indice sul dito ferito, dove qualche ora prima risiedeva l'anello di onice che indossavo da quando ero bambina.

«Juno!» La testa scura di Miriam apparve poco oltre la porta del mio appartamento, e un profondo respiro mi sfuggì. Proprio lei era l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento.

«Che cosa ci fai qui?» Le domandai risalendo l'ultimo gradino e superandola. Non le prestai la benché minima attenzione, tanto ero indaffarata a cercare le chiavi nello zaino. Lei, in compenso, si affrettò a raggiungermi. Tastai alla cieca all'interno della sacca, non riuscendo a trovare l'oggetto della mia possibile libertà e d'istinto, la portai sul davanti, facendo sì che la mano sanguinante dovesse solo sorreggere la stoffa bluastra. Ma dove accidenti si erano cacciate?

«Dove sei stata? Non rispondevi al telefono e anche tua nonna era in pensiero per... Stai sanguinando?» Le sue dita fredde afferrarono la mia carne indolenzita, e un brivido di rabbia mi percorse la schiena al solo contatto. Con un gesto brusco, allontanai la sua mano, ma la mia attenzione fu subito catturata dal suo volto teso e confuso.

«Sì, Miriam! Sto sanguinando!» Le risposi seccata, prima di tornare a guardare nello zaino e finalmente le trovai, sul fondo, sommerse dalle pietre distrutte e dalla scatolina del finto rubino. Solo a vederlo mi sentii infuriare ancora di più.

«Che cosa ti prende?» Miriam si avvicinò nuovamente, questa volta provando a poggiare la mano sulla mia spalla, ma io, rapida, mi scansai assumendo una posizione di difesa. Aveva davvero il coraggio di chiedermelo?

«Vuoi davvero saperlo?» I suoi occhi scuri si ingigantirono, come se le avessi detto che avrei svelato il più arcano dei misteri. La luce del corridoio iniziò ad affievolirsi, mentre una piccola falena si gettava a capofitto sul lampadario di metallo. Il ticchettio delle sue piccole ali sembrò rimbombare come un legno sulla pelle di un tamburo. Per un istante mi ritrovai a osservare quel piccolo insetto con aria perplessa. Possibile che potesse fare un tale baccano?

«Non credo di capire.» Miriam aveva iniziato a guardarmi in modo strano, la classica occhiata che si lancia a chi si pensa possa avere dei disturbi psichiatrici, ma io non ne avevo.

«Ah no? Vogliamo parlare di questo?» Le mie dita afferrarono prontamente la scatolina contenente il rubino spezzato e la gettai tra le sue mani con una foga mai provata prima. Miriam osservò il piccolo contenitore e ingoiò un groppo di saliva.

Shen-L'ombra del dannatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora