Capitolo 31

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Freddo è il silenzio quando intorno a te solo l'oscurità si manifesta

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Freddo è il silenzio quando intorno a te solo l'oscurità si manifesta. Brividi scivolavano sulla mia pelle, dal collo fino alla schiena, giù verso le gambe raccolte al petto, mentre i miei occhi saettavano lesti su quel cerchio in gesso e quei cristalli posizionati su di esso. Prigioniera. Catturata come una bestia e messa in una specie di gabbia. Era questa la sensibilità umana? Forse, avrei dovuto iniziare a ritenermi uno Shen, in fondo, ero certa che nell'Altrove nessun demone trattasse in tale modo i propri simili e, a proposito di demoni, la mia attenzione scivolò al mio fianco, dove un altro cerchio era stato realizzato. Xavier se ne stava comodamente seduto sul pavimento del minuscolo container utilizzato per le scorte dell'accampamento dei gitani. Un ginocchio piegato e una gamba distesa. La concentrazione rivolta sulle sue unghie. Aveva un'espressione rilassata, come di chi conosce già le sorti del destino. Non aveva ribattuto in alcun momento, si era limitato a digrignare i denti e poi si era accomodato e da lì non si era più mosso. Ritenevo quasi fastidiosa la calma che aveva rivolto a Zarah che non aveva affatto celato il suo astio nei confronti del biondo. Non sembrava affatto lo Xavier che avevo conosciuto.

«Sei troppo tranquillo, per i miei gusti.» Dissi seccata guardandolo con aria torva. Possibile che fosse così tranquillo?

«Dopo un po' ti abitui alla prigionia.» Rispose atono senza puntare lo sguardo verso di me. Abituarsi. Una parola orribile. Ti abitui per arrenderti, per omologarti a qualcosa che non ti appartiene, per renderti schiavo di qualcuno, non per essere te stesso.

«Tu lo hai fatto?»

«Avevo altre opzioni?» Portai una ciocca dietro l'orecchio, sfuggita alla coda che avevo cercato di simulare per alleviare il calore che si stava espandendo in quella lamiera in cui ci trovavamo. Era incredibile che nessuno, all'interno dell'accampamento, si fosse ribellato alla nostra cattura. Avevano persino discriminato Soraya, la donna che li aveva aiutati in ogni momento. Non avrei mai pensato di potermi trovare a perdere le speranze nell'animo umano, io che avevo sempre visto il buono in ogni persona esistente... Quella non ero io.

«Juno...» La sua voce mi richiamò come un canto di sirena. Sollevai la testa nella sua direzione e i suoi occhi gialli scintillarono nell'oscurità.

«Piangere non allevierà il dolore che tormenta la tua anima, ma servirà solo ad aumentarne l'angoscia.» Stavo per rispondere che non stavo affatto piangendo, quando qualcosa di bagnato cadde su dorso della mia mano. Una lacrima, così minuscola che parve quasi un miraggio, poi venne raggiunta da un'altra e un'altra ancora. Stavo piangendo davvero. Mi asciugai velocemente le guance e strofinai gli occhi con veemenza nel tentativo di arrestare quel fenomeno, ma non accennava a smettere.

«E pensare che Zarah non ha neppure provato a torturarci.» Scherzò con una lieve risata sarcastica che donò alla sua voce un timbro rauco piacevole. Quelle parole mi fecero pensare. Chissà cosa aveva vissuto, in quanto Shen, per vivere quell'esperienza con quella strana tranquillità?

Shen-L'ombra del dannatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora