Capitolo 2

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Realtà e finzione si mescolavano, come due colori su una tela a cui era stata aggiunta dell'acqua. Non riuscivo più a comprendere cosa fosse vero e cosa no.

Restai immobile a fissare nella mia stanza quel fumo scuro e denso passare da sotto la finestra. Era come la notte precedente, quel grigiore che aveva aleggiato intorno alla mia macchina non era dovuto al motore, ma a quelle creature.

«Hai del sale?» Domandò l'uomo restando impassibile davanti a quella macchia informe che si espandeva a vista d'occhio. Annuii. Certo che avevo del sale, chi non ne aveva in casa propria?

«Allora va a prenderlo, che aspetti?» Rispose scocciato facendomi sussultare. Ci mancava anche di eseguire ordini dall'intruso. Corsi verso la porta della cucina con lui alle calcagna e quella nube scura che nel frattempo devastava la stanza. Sentii qualcosa schiantarsi contro la parete e sussultai. Afferrai la maniglietta della credenza con la mano tremante, mentre una sedia schizzava dritta verso la portafinestra. Urlai, aggrappandomi alla cucina.

«Muoviti!» Mi sgridò l'uomo facendomi riprendere la lucidità che mi occorreva in quel momento. Scossi la testa, afferrai il barattolo del sale e lo aprii. Che cosa dovevo farci? Il biondo, nel frattempo, saettava nella cucina come un'antilope. La sua agilità era mostruosa. Sfuggiva a quella macchia schivando ogni singolo oggetto che gli veniva lanciato contro.

«Lancialo!» Urlò comparendo al mio fianco.

«Fallo tu!» Gridai porgendogli il barattolo, ma lui si scansò, come se il solo pensiero di toccare il contenuto potesse ucciderlo.

«Non posso toccare il sale. Ora lancialo prima che ci ammazzi!» mi parve una cosa insensata, ma feci come aveva detto. Ne afferrai una manciata e la scagliai dritta sulla parte scura. L'ombra si ritrasse di colpo lanciando un grido disperato, poi tornò verso di noi, questa volta scatenando la sua ira. Il tavolo venne inghiottito dalla sua essenza e in un attimo tutta la cucina fu quasi avvolta dall'oscurità. Mi rannicchiai a terra, coprendomi la testa con le mani, come quando ero bambina e mi svegliavo nel cuore della notte per via degli incubi. Fu allora che qualcuno afferrò il mio dito. Una luminosa luce argentata si irradiò nella stanza, avvolgendo tutto in un abbraccio di pura magia. I raggi brillarono come mille stelle assieme, riflettendosi sulle pareti e creando un'atmosfera quasi incantata. In quel momento, l'aria intorno a noi sembrò magica e vibrante. Poi, in un ultimo, straziante grido di dolore, l'ombra si dissolse, svanendo nel nulla come un sogno al risveglio e, allora, il silenzio piombò su di noi. I miei occhi scivolarono sulla cucina. Il tavolo e le sedie erano stati ribaltati, sembrava quasi che un tornado si fosse scatenato nell'appartamento. Quadri, fogli, vasi e altri oggetti erano sparpagliati sul pavimento, alcuni rotti, altri, fortunatamente, ancora intatti.

«Cavolo! C'è mancato poco...» Farfugliò il biondo portandosi una mano tra i capelli.

«Ma dico, sei matto?» Ero scioccata. La mia casa era stata devastata.

«Che cosa accidenti era? Chi sei tu? Perché sei qui?» Gridai alzandomi in piedi e puntando un dito contro il suo petto massiccio. I suoi occhi gialli scivolarono dritto nei miei verdi. Era una sensazione strana, sembrava quasi che riuscisse a leggermi nell'anima ed era qualcosa che mi annodava lo stomaco, non in modo positivo.

«Sono uno Shen e sono qui perché ero dentro a quello!» Indicò il mio ciondolo.

«Allora tornaci!» Sbraitai alzando l'oggetto verso di lui. Il biondo mi lanciò uno sguardo seccato e incrociò le braccia al petto.

«Spero che tua nonna sia più intelligente di te.»

«Che cosa vorresti dire?»

«Quello che ho detto, biondina.» Fu tutto quello che rispose, mentre girovagava nella stanza toccando i pezzi distrutti dei miei mobili.

Shen-L'ombra del dannatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora