Bartemius si svegliò di malavoglia quella mattina. Da quando vivevano in clandestinità, la vita faceva più schifo di quanto già normalmente gli faceva. E ora era anche il giorno di andare a Hogwarts.
Merda, pensò, senza la minima voglia di alzarsi dal letto. Non voleva andarci. A quanto pareva nel mondo magico tutti si scioglievano all'idea di andare ad Hogwarts, del tipo "Yeah! Adesso vado in un posto dove centinaia di persone sono morte o schiavizzate da un Mago Oscuro. Però io mi divertirò e tirerò tante Caccabombe". Invece quella di Bartemius era "Mi linceranno di sicuro". E tutto per colpa del suo cognome.
Le colpe dei genitori non avrebbero mai dovuto ricadere sui figli, ma nel suo caso le colpe di suo padre erano ricadute su di lui. E per fortuna c'era il suo padrino.
Draco era stato come un padre per lui e lo capiva, lo capiva benissimo. Era stato nominato suo padrino da Lord Voldemort in persona per gioco, sconfiggendo la flebile opposizione di suo padre. Lo volevano sfottere. Volevano dirgli che l'unica cosa che era capace di fare era badare a dei bambini, visto che i Malfoy erano diventati gli zimbelli di tutti. E avevano ragione. Draco gli aveva dato un'infanzia felice, ma era comunque un'infanzia vissuta solo nel suo nucleo famigliare. Non aveva mai avuto rapporti con persone esterne alla famiglia, a parte gli infermieri del San Mungo che curavano sua madre da quando era impazzita.
- Barty - disse Draco da oltre la porta - sei già sveglio?
- Sì - biascicò con la bocca impastata il suo figlioccio.
- Allora scendi, che abbiamo preparato la colazione.
Svogliatamente Bartemius si alzò dal letto e recuperò la felpa, sulla sedia davanti alla scrivania.
Passare dalla gigantesca villa di Draco, a un castello e infine a una villetta nascosta a Diagon Alley era stata una grande differenza. Ora non poteva girare per due stanze che era sicuro di trovare il suo padrino, Astoria o il piccolo Scorpius impegnati a fare qualcosa. Aveva bisogno della sua solitudine. Immaginare che da quel momento avrebbe dovuto vivere in un dormitorio, con altre persone che gli alitavano praticamente in faccia non lo faceva dormire la notte. Lo avrebbero fatto sentire diverso.
- Non preoccuparti - disse Draco - troverai sicuramente tanti nuovi amici.
- Con i nomi e il cognome che ho? Draco, fammi il favore.
Il suo padrino annuì comprensivo.
- Sai, anche per me è stato difficile. E, a differenza tua, io quelle cose le ho veramente fatte. Ho torturato, aiutato a compiere omicidi, ma mi sono ripreso. Non sono certo la persona che tutti vorrebbero avere come vicino di casa, ma nessuno mi aggredisce. E tu sei solo un figlio incolpevole che non ha mai vissuto la guerra né è stato cresciuto da chi gli ha dato quei nomi. Ti troverai bene, Bartemius. Non sarà facile, ma sii te stesso, difendi quello in cui credi e non cercare di mantenere l'orgoglio della mia o della tua famiglia. Sei tu che adesso devi rilanciare i nostri due nomi, noi, purtroppo, abbiamo già buttato la nostra occasione.
Bartemius grugnì. Gli aveva praticamente detto che avrebbe dovuto ritagliarsi un posto con le unghie e con i denti, mentre Bartemius era solo, timido e indifeso. Aveva passato tutta la gioventù sui libri o sulla scopa, non sapeva neanche lontanamente come rapportarsi con altri suoi coetanei.
Avrebbe potuto provare ad entrare nella squadra di Quidditch, magari così avrebbe ottenuto un po' di rispetto.
Meccanicamente raccolse i suoi bagagli e si preparò per uscire.
- Sei pronto tesoro? - chiese Astoria
- No - rispose Bartemius - ma devo partire lo stesso.*
Con un brusco movimento Harry spinse la moto verso il basso, con un Teddy terrorizzato aggrappato al padrino come Ron al cibo. Visto che era ancora troppo giovane per la Smaterializzazione Congiunta, Harry si era proposto di accompagnarlo sulla moto di Sirius, ma la guidava come se fosse in una gara di scope. Quando atterrarono, Teddy si sentì immensamente grato a qualsiasi divinità ci fosse in cielo. Harry tirò una levetta e la moto apparve visibile a tutti.
- Divertito? - chiese il suo padrino, con un sorrisetto ironico in faccia.
- Mai più - chiarì Teddy, mentre i capelli, diventati grigi dallo stress di quel viaggio, tornavano blu.
Harry rise - Dai raggiungiamo tua nonna, che ha lei i bagagli.
Andromeda si era smaterializzata insieme a Lyall e lo aspettavano con il baule per l'anno a venire e Plenilunio. Quando li raggiunsero, Dean Thomas apparve all'improvviso dietro di loro, vestito con un completo beige e la cravatta nera. Teddy non ricordava di aver visto il collega del padrino vestito in modo diverso, a parte in qualche foto scolastica.
- Teddy - salutò, tirando uno scappellotto al ragazzo - forse è meglio se cambi il colore di capelli, i Babbani potrebbero insospettirsi.
I capelli persero subito la loro tonalità blu e tornarono del solito castano che aveva sempre sfoggiato.
Intanto una valanga di giornalisti si radunavano davanti ad un giovane in camicia e al figlio.
- E poi sarebbero i suoi capelli a farci scoprire - sbuffò Lyall - i giornalisti e le loro foto stanno attirando l'attenzione su quei due. Come faranno ad attraversare la barriera del binario 9 e 3\4 con tutta quell'attenzione adesso!?
- Ma quello è Oliver Baston! - disse ad un certo punto Teddy, riconoscendo il capitano del Puddlemere United e della Nazionale Inglese di Quidditch. Aveva già visto qualche volta Oliver, come quando Harry convocava l'Ordine della Fenice o a qualche compleanno di zio George, ma vederlo in campo con la divisa blu e vederlo di persona era sempre una cosa diversa.
Come se fosse stato interpellato, il portiere si girò verso di loro e li vide. Alzò un mano a mo' di saluto e si avvicinò. I giornalisti gli sciamarono dietro.
- Potter! - gridò uno - crede sia sicuro lasciare il suo figlioccio a Hogwarts con dei Mangiamorte a piede libero? Cosa state facendo al Ministero per riprenderli?
Harry sbuffò - Le dichiarazioni per quanto riguarda le indagini ministeriali, come lei ben sa, non possono essere rilasciate. Nella conferenza stampa di domani riveleremo quanto possiamo rivelare, ora la mia dichiarazione resta un "no comment". Per quanto riguarda lasciare andare il mio figlioccio a Hogwarts sì, mi fido, le misure di sicurezza di quella scuola sono forti e sicure e come Ministero della Magia e Dipartimento Auror ci impegneremo duramente per mantenerle salde.
- I vostri ragazzi faranno amicizia? - chiese un'altra giornalista.
Baston alzò un sopracciglio - E che ne so? Non decidiamo noi le loro amicizie.
Harry annuì.
Teddy aveva già conosciuto il figlio di Oliver, che, come molti altri bambini dopo il 2 maggio 1998, era stato chiamati Harry. Assomiglia molto al padre, gli stessi capelli bruni e gli occhi castani. Lo sguardo però era diverso. Baston sembrava spesso concentrato e serio, mentre il figlio aveva un sorriso sbarazzino e uno sguardo sognante sul volto. Lo conosceva poco, ma gli stava a genio.
- Qualche dichiarazione, ragazzi? - disse allora un giornalista.
Harry Jr. sorrise - Sì, quanto è mortificante per dei giornalisti essere mandati ad intervistare degli undicenni?
La massa della stampa si immobilizzò e per un attimo restarono tutti in silenzio.
Teddy sorrise e anche Harry Sr. fu costretto a mettersi una mano sulla bocca.
Poi uno si rivolse a Teddy - Orfano e cresciuto dai parenti, Edward Lupin, ti senti il nuovo Harry Potter?
Harry si passò una mano tra i capelli mori e rispose al suo posto, con voce insolitamente acida - Lui è il figlio di Ninfadora Tonks e Remus Lupin e non è il nuovo nessuno. Lui è Edward Lupin e basta. Non c'è bisogno di fare paragoni assurdi.
Teddy si sentì fiero del suo padrino. Non era la prima volta che lo paragonavano a lui e la risposta di Harry era sempre la stessa "Farà grandi cose, ma non le farà all'ombra del mio nome". E sperava davvero fosse così.
Harry, però, sembrava terribilmente infastidito e fece un cenno a Dean, che si avvicinò ai giornalisti insieme a un altro ragazzo e mostrò la spilla del Dipartimento Auror.
- Signori, per misure di sicurezza, solo i parenti o i tutori legali degli studenti possono oltrepassare la barriera, quindi vi preghiamo di stare indietro. Grazie.
Altri cinque o sei Auror spuntarono dal nulla e allontanarono i giornalisti dall'ingresso del binario, ovvero un muro di metallo. Teddy strinse le mani attorno il carrello con i bagagli e corse contro il muro, oltrepassandolo. Quando si girò, vide solo un muro. Subito dopo spuntò fuori Harry Jr., anche lui affascinato dal binario, che gli fece l'occhiolino.
- Allora, testa blu che prima era castana, sei pronto per questa nuova avventura?
Teddy si guardò i capelli. Erano diventati di nuovo blu.
- Scommetti che mi prendono nella squadra di Quidditch? - continuò il bambino, guardando Teddy ammiccante.
- Ma non si può entrare dal secondo anno in poi?
- Regola idiota - commentò suo padre, appena apparso dal muro insieme agli altri - dopo una lunga battaglia siamo riusciti a eliminare questa regola. Harry è entrato in squadra al primo anno.
Harry sorrise - Eravate sguarniti, sono stato un tappabuchi.
Oliver lo fulminò con gli occhi - Non dire cretinate, Harry. Eri un portento.
Teddy era troppo concentrato sulla scena dei due ex-compagni di squadra per guardarsi intorno. Quando si girò, una cinquantina di persone erano in cerchio intorno a loro.
- Ma quello è Oliver Baston! - esclamò un ragazzo che avrebbe dovuto avere più o meno la sua età, guardando il giocatore di Quidditch.
- E quello di fianco è Harry Potter! - esclamò un prefetto di Serpeverde, in uniforme.
In poco meno di cinque secondi furono travolti da una massa di studenti urlanti, con pergamene e penne alla mano, pronti a spintonarsi per ricevere le firme dei loro idoli.
Harry e Oliver si guardarono preoccupati e iniziarono forsennatamente a firmare fogli. Anche a questo, purtroppo, Teddy era abituato. Fin da piccolo Harry non poteva girare per Diagon Alley senza che qualcuno gli chiedesse l'autografo, allora Andromeda aveva preso l'abitudine di portarsi dietro Percy, che era l'unico Weasley che solo raramente veniva riconosciuto per strada. Un bravo ragazzo, molto attento a Teddy e alla sua felicità, ma comunque una noia mortale.
- Rosicate, rosicate, che tanto sono i nostri di parenti, non i vostri - commentò Harry Jr., facendo ridere Teddy.
Sua nonna e Lyall lo raggiunsero immediatamente, insieme ad una donna bionda, che corse ad abbracciare Harry Jr.
- Scusa, Harry, ho fatto il prima possibile.
Il ragazzo la guardò sorridendo - Lo so, mamma, avevi il turno al San Mungo. L'ho capito quando ho trovato le uova carbonizzate come colazione.
La signora Baston sorrise - Tuo padre non sa cucinare.
Il sorriso sulla faccia di Teddy si spense. Quelle scene di quotidianità lui non le aveva mai provate. Non avrebbe mai visto all'opera la goffaggine di sua madre, né la tranquillità di suo padre. Gli unici ricordi che aveva di loro erano i loro sorrisi: grande e contagioso quello della madre, timido e amorevole quello del padre. Non avrebbe mai visto scenette di vita quotidiana tra i due, né loro lo avrebbero mai visto giocare con la scopa o diplomarsi. Quanto era ingiusto essere figlio di eroi. Chissà se Harry lo aveva mai pensato. Harry, in fondo, era come lui. Forse un giorno anche Teddy avrebbe avuto una famiglia che gli avrebbe tolto quel dolore dall'animo. Un giorno forse anche lui avrebbe avuto una Ginny e dei piccoli come James, Albus e Lily.
- Loro sarebbero fieri di te - gli disse nonna Andromeda, leggendogli nel pensiero.
- Sì - concordò nonno Lyall - e Remus girerebbe per tutta Inghilterra a mostrare a tutti le tue foto. Secondo me la cosa ti darebbe molto fastidio. Dopo tre giorni che eri nato aveva già una trentina.
- E' vero - sorrise Harry, comparso all'improvviso - me ne mostrò qualcuna.
- Harry Potter! - esclamò una voce dietro di Harry. Era la signora Baston.
- Penelope Light! - rispose Harry stringendole la mano - è un piacere rivederti. Il vostro marmocchio sembra mio cognato George, speriamo che metta un po' di vivacità in quella scuola.
Penelope rise e dopo qualche altro convenevole si allontanò.
Quando si fu allontanata da loro Harry sorrise - Era la fidanzata a Hogwarts di Percy.
- Percy quale Weasley è? - chiese Lyall ad Andromeda.
- Quello che ci accompagna quando non ci portano Ron o Harry.
- Ah - disse suo nonno - ho capito. Mr. Noia Mortale.
- Lyall! - disse severa Andromeda, ma con un sorriso sulle labbra.
- Certo che per passare da Percy a Baston ce ne vuole - commentò Teddy, facendo ridere tutti.
In quel momento tre persone entrarono nel binario. Uno era un ragazzo alto, biondo e dall'aria malaticcia, mentre gli altri due erano la signora e il ragazzino che Teddy aveva visto a Diagon Alley.
- Malfoy - sputò fuori con un leggero astio Andromeda.
Teddy si fece più attento. Quindi quel ragazzo era Draco Malfoy? Se lo aspettava molto più grosso e molto più tronfio. Invece sembrava quasi spaventato. Stava lontano dal ragazzino che accompagnava come se la sua presenza avesse potuto fargli male. Era uno dei pochi parenti ancora in vita e rima di allora non lo aveva mai visto.
- Quello è il figlio? - chiese Harry, guardando il ragazzino.
- No - rispose Teddy - non sappiamo chi è, ma la nonna ha detto che suo figlio ha l'età di Al.
Andromeda annuì.
- Ma chi ha permesso a un Malfoy qualsiasi di avere dei figli? - chiese Lyall, con una nota rabbiosa nella voce solitamente tranquilla.
- Gli hanno già tolto tutto - commentò Harry - lasciamogli almeno una famiglia.
Teddy lo guardò: non osservava Malfoy con astio, ma più con un cupo interessa. Conosceva quella faccia. Il suo padrino lo aveva perdonato, ma aveva paura che Malfoy non l'avesse fatto.
- Harry! - disse una nuova voce dietro di lui.
Teddy si girò nella direzione della voce e vide tre persone. Erano troppo Babbane per essere dei maghi, ma quella che doveva essere la figlia spingeva un carrello con dentro un baule e un gatto.
- Jane! - esclamò Harry, avvicinandosi alla coppia e stringendo la mano alla donna, che era una versione più alta della figlia. Entrambe erano bionde, anche se la figlia aveva degli occhi verdi che Teddy aveva già visto. Erano gli occhi di Harry e di Albus. Era molto carina.
Intanto Harry borbottava a bassa voce con l'uomo, un gigante muscoloso dai capelli biondi, che annuiva lentamente.
- Ted! Vieni qui! - disse il padrino. Teddy obbedì e arrivò da lui.
- Lui è mio cugino Dudley e sua moglie Jane - gli disse, mentre la giovane donna gli sorrideva e gli stringeva la mano e l'omone biondo faceva un cenno - mentre lei è loro figlia Anne. Lui è il mio figlioccio: Edward Lupin.
La bambina sorrise timida a Teddy, che gli sorrise nello stesso modo di rimando. Suo padre aveva un po' una faccia da maiale, ma lei invece aveva ereditato i tratti della madre.
Il treno fischiò e la gente che era ancora giù dal treno iniziò a salire. Lyall e Andromeda si avvicinarono.
- Teddy ti ricordi tutte le raccomandazioni che ti ho fatto? - chiese la nonna guardandolo severamente.
- Sì, nonna.
- Anche di metterti la divisa appena vedi il castello da lontano?
- Nonna, ho già su la camicia e i pantaloni, mi manca solo mantello, cravatta e maglione e sono pronto.
- Scrivici almeno una volta ogni tre giorni - continuò Lyall.
Teddy annuì.
- E soprattutto - concluse Andromeda - non seguire nessun consiglio che ti ha dato o ti darà tuo zio George.
Teddy annuì e Harry, da dietro, gli fece l'occhiolino.
- Ciao campione! - gli disse mentre lo baciava sulla fronte - Ci vediamo a Natale!
Teddy baciò tutti i suoi parenti e salì sul treno insieme a Harry Jr.
Anne restò ferma a guardasi intorno, spaesata.
- Vieni con noi? - le chiese Teddy, porgendole la mano.
Lei guardò titubante i suoi genitori e poi gli sorrise, accettando la sua mano per aiutarsi a salire.*
Prima erano passati quel traditore di Malfoy e la sua moglie ugualmente traditrice Greengrass. Rookwood onestamente non riusciva a capire come si non fossero ancora suicidati. La sola idea di abbandonare la purezza di sangue per abbracciare una teoria secondo la quale anche i Sanguesporco erano uguali a loro, lo faceva veramente vomitare. Erano solo dei viscidi vermi codardi, che non avevano voluto affrontare la loro pena per aver combattuto per un giusto ideale. Ma non erano stati i Malfoy a metterlo seriamente in difficoltà.
Un ragazzo moro percorreva tranquillamente l'atrio della stazione, ridendo insieme a un paio di Babbani, a il rampollo dei Baston, un altro traditore del suo sangue che meritava la morte e basta, e la moglie Sanguesporco di quest'ultimo. A pochi metri da loro c'era il vecchio Lupin e Andromeda Black, ovvero quella schifosa che aveva osato buttare fango sul sacro nome dei Black. La mano di Rookwood corse velocemente alla bacchetta.
- Augustus - lo ammonì una voce.
Il Maestro lo guardava, o almeno così sembrava. Indossava un impermeabile giallo e un cappello dello stesso colore, sulla bocca aveva una bandana azzurra e portava dei grossi occhiali con le lenti scure, una roba da Babbani. Anche Rookwood, con suo profondo orrore, era vestito con un gessato da Sanguesporco. Ma quelli erano gli ordini del Maestro. Da quando erano evasi non lo avevano ancora visto una volta in faccia. Abitavano in un castello sconosciuto e ogni giorno si allenavano a combattere e a fare incantesimi. Quel giorno il Maestro aveva deciso che doveva andare a controllare una cosa di persona e aveva deciso di portare Rookwood con lui. Ora si trovavano sopra una piattaforma sopraelevata della stazione a osservare i maghi che si allontanavano dal binario 9 e 3\4.
- Ma quello è Harry Potter! - sussurrò a mo' di scusa.
- Avrete la vostra vendetta, Augustus, questo è sicuro. Ma ora tu e gli altri avete giurato di essermi fedeli e non vi ho ancora ordinato di ucciderlo.
- E allora che siamo qui a fare? -
Il Maestro girò lentamente la testa e guardò l'entrata del binario - C'è un bambino su quel treno che ha un potere che a noi sarebbe molto utile. Volevo solo essere sicuro che andasse a Hogwarts. Ed è così. Sarà là, mio caro Augustus, che noi colpiremo.
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Ted Lupin e il Figlio dell'Assassino (Wattys2016)
FanfictionEvasione da Azkaban. Harry Potter e la sua squadra iniziano ad indagare, l'Ordine della Fenice torna a riunirsi e Draco Malfoy cerca un modo di tutelare la sua famiglia dagli attacchi dei Mangiamorte evasi. In questa cornice Teddy Lupin inizia la su...