11 marzo 1974 ~ 30

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Erano passati due giorni da quella sera, e nessuno dei due aveva osato parlare di quanto accaduto. Durante le lezioni, Hyunjin si era accorto che c'era qualcosa che non andava. Entrambi erano silenziosi e sembravano pensare ad altro. Per una volta, nemmeno gli insegnanti li sgridavano per dirgli di prestare attenzione.

Era normale che fossero confusi. Nonostante entrambi avessero preso l'iniziativa per il bacio, non era facile capire cosa significasse davvero. La tensione era palpabile, e il silenzio tra loro diventava ogni giorno più pesante.

Ora si trovavano in palestra, stavano giocando a palla avvelenata, e Jisung non se la stava cavando molto bene. I suoi lanci erano deboli e imprecisi, sembrava distratto, quasi come se la mente fosse lontana chilometri. Hyunjin lo osservava con preoccupazione, notando come ogni movimento di Jisung fosse più svogliato del solito.

Il gioco proseguì e, come previsto, Jisung fu quello che venne colpito di più durante la partita. Chi perdeva doveva ripulire la palestra, e il compito toccò quindi proprio a lui. Mentre gli altri si cambiavano e lasciavano la palestra, Jisung iniziò a raccogliere le palle e a sistemare gli attrezzi. Il silenzio della palestra vuota era rotto solo dai suoi passi e dal rumore degli oggetti che riponeva.

Più di mezz'ora dopo, Minho decise di andare a controllare come stesse andando. Ci stava impiegando troppo tempo. Entrò in palestra e trovò Jisung dentro lo sgabuzzino degli attrezzi, seduto su uno scatolone, con lo sguardo perso nel vuoto. Un filo di sangue gli colava dal dito dove aveva strappato una pellicina, segno della tensione che stava provando.

"Jisung," chiamò Minho con voce calma, un po' preoccupato mentre prendeva il dito ferito del minore, "tutto bene?"

Lui alzò lo sguardo, sorpreso dalla presenza di Minho, ritirò la mano e gli rispose, "Oh, ciao. Sì, tutto bene. Sto solo... pensando."

Minho chiuse la porta dello sgabuzzino dietro di sé e si avvicinò, sedendosi accanto al biondino. "Pensi a quella sera, vero?" Disse con voce incerta, tirando fuori per la prima volta l'argomento.

Jisung si sorprese alla domanda, ma poi sorrise debolmente. "Non riesco a togliermelo dalla testa."

"È lo stesso per me."

Erano seduti fianco a fianco nello sgabuzzino, le spalle che quasi si toccavano in quello spazio angusto. La luce fioca proveniente dalla piccola finestra sopra di loro gettava ombre lunghe e danzanti sulle pareti piene di scaffali e attrezzi. Il silenzio era denso, interrotto solo dal loro respiro leggermente affannato.

Minho si mosse un po' sullo scatolone, cercando di trovare una posizione più comoda, anche se sapeva che era un pretesto per avvicinarsi a Jisung. Il cuore gli batteva forte nel petto, il suono rimbombava nelle sue orecchie come un tamburo. Ogni movimento sembrava amplificato, e si chiedeva se Jisung potesse sentire la stessa tensione nell'aria.

Il biondo stava fissando un punto indeterminato davanti a sé, ma i suoi occhi tradivano un'inquietudine che Jisung non poteva ignorare. Decise di fare un passo avanti, sia letteralmente che figurativamente. Con un respiro profondo, si girò leggermente verso il minore, il loro viso ora a pochi centimetri di distanza.

"Jisung," sussurrò Minho, la sua voce un mix di incertezza e desiderio.

Jisung girò lentamente la testa, incontrando finalmente lo sguardo del maggiore. Il tempo sembrava fermarsi mentre i loro occhi si scrutavano a vicenda, cercando risposte alle domande non dette. La distanza tra di loro sembrava colmarsi da sola, i loro volti si avvicinavano sempre di più, fino a che il castano potesse sentire il calore del respiro di Jisung sulla propria pelle.

Le palpebre di Jisung iniziarono a chiudersi, e Minho sentì un'ondata di coraggio attraversarlo. Si sporse in avanti, le labbra che quasi sfioravano quelle del più piccolo, il mondo esterno che si dissolvava in quell'istante.

Ma proprio quando le loro labbra stavano per toccarsi, la porta dello sgabuzzino si spalancò con un colpo secco.

Hyunjin apparve sulla soglia, con un'espressione sorpresa e confusa. "Ehm, ragazzi? Tutto bene qui?"

Minho e Jisung si ritrassero rapidamente, entrambi arrossendo visibilmente. Jisung si alzò in piedi, cercando di ricomporsi. "Sì, tutto bene. Stavamo solo parlando."

Hyunjin li guardò per un momento, poi annuì lentamente. "Ok... È solo che mi stavo preoccupando, ti ho visto un po' strano prima.... Ma vedo che c'è già Minho qui." disse con un sorrisino.

Minho si alzò e appoggiò una mano sulla spalla di Jisung. "Lo aiuto a finire di pulire la palestra e poi torniamo in stanza."

Hyunjin fece un occhiolino al castano e chiuse la porta, lasciandoli di nuovo soli. Minho e Jisung si guardarono, entrambi consapevoli di quello che stava per succedere, ma per ora, decisero di restare in silenzio e continuare a sistemare.

Mentre Jisung finiva di riporre le ultime palle, Minho lo osservava in silenzio, il cuore ancora in subbuglio per il momento appena interrotto. Minho era sicuro di quello che provava e l'aveva accettato; aveva già fatto una mezza confessione con Hyunjin, ma non sapeva cosa ne pensasse Jisung al riguardo e se fosse pronto. Sapere che anche Hyunjin era come lui gli aveva dato un po' di coraggio e chiarezza. Minho però temeva che Jisung potesse non essere pronto ad affrontare quei sentimenti o a comprenderli completamente. C'era qualcosa di profondamente confuso e allo stesso tempo confortante in quello che sentiva. La società del 1974 non era esattamente aperta verso i sentimenti che stavano emergendo tra loro, e questo aggiungeva un ulteriore stato di incertezza, quasi timore.

"Jisung," iniziò Minho con una voce più ferma, "non so cosa stia succedendo tra noi, ma non voglio che tu stia male."

Jisung si fermò e si voltò verso di lui, i suoi occhi cercavano risposte nel volto di Minho. "Anch'io non lo so, Minho. È tutto così nuovo e... strano. Non ci avevo mai pensato prima, a noi due."

Minho annuì, avvicinandosi di nuovo. "Forse non dobbiamo capirlo subito. Forse possiamo semplicemente... vedere cosa succede."

Jisung lo guardò, e per la prima volta in giorni, un piccolo sorriso apparve sulle sue labbra. "Forse hai ragione. Possiamo provare."

Minho sorrise, un sorriso sincero. Era la prima volta che tra loro c'era questa timidezza, quasi imbarazzo. Da quando si erano conosciuti non avevano fatto altro che prendersi in giro e litigare. Senza accorgersene, avevano iniziato a preoccuparsi l'uno dell'altro. Passavano molto tempo insieme, spesso condividendo punizioni per i loro scherzi e le loro bravate. Questa vicinanza forzata li aveva portati a sviluppare un legame profondo, fatto di complicità e reciproco supporto.

Ogni punizione diventava un momento per conoscersi meglio, per scoprire aspetti l'uno dell'altro che altrimenti sarebbero rimasti nascosti. Le lunghe ore passate a pulire, a sistemare, a riflettere in silenzio creavano uno spazio in cui potevano essere se stessi senza il giudizio degli altri.

Questi sentimenti, spesso difficili da capire e soprattutto accettare a quell'età, avevano iniziato a emergere lentamente. Le battute si erano fatte meno taglienti, i litigi meno frequenti. Al loro posto, era nata una preoccupazione sincera, un desiderio di proteggersi a vicenda. Ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo acquistava un significato nuovo, più profondo.

E così, con il cuore ancora in tumulto ma con una nuova speranza, finirono di pulire la palestra.

4/8/2024

Nel collegio ~ minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora