Il rapporto tra Ben Sparrow e il Reader era diventato un campo di battaglia. Non un campo di battaglia fisico, ma uno fatto di sguardi, parole taglienti e battute piene di sottintesi. Era un gioco che entrambi sembravano godere, anche se nessuno dei due avrebbe mai ammesso apertamente quanto si divertivano a punzecchiarsi a vicenda.
Era iniziato con piccoli commenti qua e là. Ben, sempre il primo a mettere su un’aria di superiorità, non poteva resistere alla tentazione di lanciare frecciatine al Reader ogni volta che si trovavano nello stesso ambiente.
"Non mi sorprende che tu sia riuscito a trovarti un posto qui," disse una volta, con quel tono arrogante che aveva perfezionato alla Sparrow Academy. "Hai un talento naturale per stare fuori dai piedi, dopotutto."
Il Reader aveva risposto con un sorrisetto beffardo. "È vero, devo essere proprio bravo. Forse dovresti prendere lezioni da me su come non sembrare un arrogante insopportabile."
Ben aveva inarcato un sopracciglio, divertito. "Immagino che tu abbia avuto molta pratica, visto quanto sei bravo a farlo sembrare naturale."
E così continuava, giorno dopo giorno. Ogni incontro era una nuova opportunità per una sfida, un nuovo scambio di battute. Ma c’era qualcosa di più dietro quelle parole appuntite, qualcosa che entrambi potevano sentire ma che nessuno voleva affrontare direttamente.
Una sera, durante un allenamento congiunto tra la Sparrow e la Umbrella Academy, Ben e il Reader si ritrovarono da soli in palestra. Ben, come al solito, non perse tempo a lanciare una battuta.
"Non mi dire che sei qui per allenarti. Pensavo che il tuo talento fosse quello di stare seduto e guardare gli altri fare tutto il lavoro."
Il Reader rise, lanciando a Ben uno sguardo provocatorio. "Forse dovresti preoccuparti meno di quello che faccio io e concentrarti di più sul non ferirti con il tuo stesso ego."
Ben si avvicinò, chiudendo lo spazio tra di loro. "Il mio ego è l’unica cosa che mi tiene in piedi dopo aver visto le tue abilità. Ma, considerando quanto tu sia persistente, potrei cominciare a rispettarti. Un po'."
"Un po'? Sono sicuro che potrei ottenere di più se volessi," replicò il Reader, il tono sfidante.
Ben si fermò a un passo di distanza, inclinando la testa leggermente di lato, come se stesse studiando il Reader. "Interessante. Sei proprio sicuro di voler sfidare qualcuno che potrebbe annientarti con un solo pensiero?"
Il Reader sorrise, senza cedere di un millimetro. "Potresti provare, ma dovresti prima abbattere la tua barriera di sarcasmo."
Ben fece un passo ancora più vicino, le loro spalle quasi si toccavano. "Magari lo farò. E quando accadrà, sarai tu a chiedere pietà."
Il Reader non indietreggiò. "Pietà? Da te? Dovresti pregare di riuscire a tenermi testa."
Per un momento, rimasero così, l’uno di fronte all’altro, le tensioni tra di loro così palpabili da poterle toccare. C’era un’intensità nei loro sguardi che parlava di più di quanto nessuna parola potesse esprimere.
Alla fine, Ben sorrise, ma non era il solito sorriso sarcastico. Era un sorriso che nascondeva un interesse sincero, un’ammirazione che stava cercando di reprimere. "Sai, mi piaci. Sei insopportabile, ma mi piaci."
Il Reader alzò un sopracciglio, divertito. "Lo stesso vale per te. Sei arrogante da morire, ma non posso fare a meno di apprezzarlo."
Ben fece un passo indietro, rompendo quella tensione. "Non abituarti troppo a questa versione di me. Potrei cambiare idea da un momento all’altro."
Il Reader rise, rilassandosi. "Non mi sorprenderebbe. Ma non preoccuparti, so come affrontarti."
Ben lo guardò per un momento, poi scosse la testa, come se trovasse la situazione assurda. "Dovremmo finire questo allenamento prima che qualcuno ci trovi qui a… fare non so neanche cosa."
"Già, non vorrei che la tua reputazione ne risentisse," rispose il Reader, con un tono provocatorio.
Ben lo guardò un’ultima volta prima di dirigersi verso l’uscita della palestra, ma non senza lanciare un’ultima battuta. "Non preoccuparti, la mia reputazione è indistruttibile. Al contrario della tua."
"Vedremo," replicò il Reader con un sorriso complice, mentre lo seguiva fuori dalla palestra.
La loro relazione continuò così, in bilico tra sfida e complicità, ognuno cercando di avere l’ultima parola, ma senza mai davvero voler mettere fine a quel gioco. Era una danza continua di provocazioni, battute e sorrisi nascosti, e forse, in fondo, entrambi sapevano che dietro a tutto quello c’era un’attrazione che nessuno dei due era pronto ad ammettere apertamente.
Ma non c’era fretta. Perché per ora, il gioco era troppo divertente per fermarsi, e chi sa dove li avrebbe portati alla fine.
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Sparrow ben hargreeves imagine
Short Storyuna serie di piccole storie di Ben hargreeves