CAPITOLO 12

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La villa del Barone Lorn si trovava a circa venti chilometri dalla Capitale ai piedi delle Montagne di Cristallo.

Era una grande villa in stile vittoriano con un'ampia veranda decorata con colonnine e ringhiere in ferro battuto che le conferivano un senso di grandiosità e imponenza e circondata da ampie e alte mura sorvegliate a vista da soldati che scrutavano ogni ombra. Tutto l'ampio giardino era illuminato da numerose torce e neppure uno spillo, sarebbe potuto passare senza che le guardie non lo avessero visto.

Astra osservava la costruzione dall'ombra di una capanna degli attrezzi poco distante dall'entrata delle mura.

Tutto era silenzioso salvo per il chiacchiericcio di alcune guardie. Le luci della casa erano accese, segno che il Barone era ancora in piedi.

"Maledizione! Non riuscirò mai ad entrare senza essere vista!" esclamò seccata Astra.

Stava cercando un punto da cui sarebbe potuta entrare quando la sua attenzione fu attratta da un'ombra di un piccolo cespuglio di rose che cresceva nel giardino oltre il cancello; provò a distogliere lo sguardo cercando di memorizzare i percorsi delle guardie, ma, ogni volta, il suo sguardo finiva in quel punto.

Non riuscendo a spiegarsene il motivo e rassegnatasi da quella sensazione fastidiosa, osservò il punto che attirava la sua attenzione: era una semplice ombra, eppure vi era qualcosa, aveva un chè di familiare cosa che, pensò, le pareva strana.

Fece un passo per vedere meglio e Astra si tramutò in una sottile nebbia nera che fuggì rapida verso l'ombra fondendosi con essa. Ne rimase scioccata e sorpresa.

"Ma che...?" si disse e la sua voce riecheggiò come se fosse entrata in uno spazio più ampio.

Poco dopo una guardia arrivò calpestando l'ombra, ignara che vi fosse Astra.

Qualcosa di sbalorditivo era appena accaduto: poteva spostarsi a piacimento da un'ombra all'altra senza essere notata e, percepiva, quell'abilità era merito del mantello donatole dalla Morte.

Si concentrò su un'altra ombra poco distante e subito si spostò verso di essa. Il suo nuovo potere la divertiva, ma non si lasciò distrarre e, in pochi secondi, attraversò il giardino entrando nella casa.

L'interno era di un opulenza esagerata: tappeti in seta, mobili in legno massello ricoperti d'oro, dipinti, statue e, appesi al soffitto, lampadari di cristallo con centinaia di candele che illuminavano gli ambienti. Tutto quello sfarzo la disgustava: aveva tradito Re Giordan per pura avidità.

Esplorò le grandi stanze nascondendosi di tanto in tanto tra le ombre dai camerieri e valletti che infestavano la casa. Apprese, da due giovani camerieri, che Lorn si trovava nel suo studio al secondo piano così, muovendosi da un'ombra all'altra, arrivò davanti alla porta dello studio: la trovò chiusa.

Da sotto la porta, vide che dall'interno proveniva solo una flebile luce e, sfruttando la nuova abilità, entrò.

Aveva preso dimestichezza con quel suo nuovo potere così, appena mise piede nello studio, riuscì a espandere il proprio corpo tanto da coprire l'intera stanza immersa nella penombra. Era una sensazione fastidiosa, ma anche comoda perché riusciva a vedere allo stesso tempo ogni singolo angolo nascosto della stanza. Riusciva persino a scorgere l'interno dei cassetti dei mobili e addirittura tra le pagine dei libri sugli scaffali.

Il Barone Lorn, un uomo grasso e flaccido con un naso a patata, era seduto alla scrivania intento a contare e disporre in piccoli mucchietti delle monete d'oro che brillavano, così come i suoi occhi porcini, alla luce della piccola lanterna a olio posta sul tavolo.

Quella vista la disgustava: quello era denaro estorto alla popolazione.

"Cosa si prova a tradire un Re?" domandò Astra e la sua voce riecheggiò nella stanza.

L'uomo sussultò facendo cadere le monete che rotolarono in ogni direzione sul pavimento della stanza.

"Chi va là!?" disse alzandosi in piedi impaurito guardandosi intorno.

"Tu hai tradito Re Giordan! Lui si fidava di te!" esclamò adirata Astra. Il Barone urlò di paura e corse verso la porta, ma Astra la sprangò. L'uomo tentava di girare la maniglia, inutilmente. Cominciò poi a bussare come un forsennato chiedendo aiuto, ma i suoi pugni contro il legno della porta non procuravano alcun rumore.

"Chi sei!?" urlò terrorizzato.

"Quanto ti ha dato Sader? La vita di un uomo retto valeva il denaro con cui lo hai tradito?" ringhiò Astra gettandogli addosso le monete che all'uomo parevano possedere vita propria.

Il Barone cadde in ginocchio piagnucolando e implorando perdono.

Astra si materializzò davanti a lui.

"Non esiste il perdono per gente come te!" esclamò furiosa.

Il corpo di Astra si mosse da solo come se sapesse esattamente cosa fare, si avvicinò all'uomo e gli posò la mano sul petto. Subito il Barone fu colto da convulsioni e, mentre Astra la ritirava, una luce fumosa bianco-azzurra uscì dal suo corpo venendo assorbita dal suo palmo. Il Barone ruotò gli occhi all'indietro e cadde riverso sul pavimento.

Astra osservò il palmo della mano, la luce indugiò per alcuni istanti poi svanì. Si sentì subito rinvigorita, come se avesse fatto una lunga notte di sonno.

Il Barone era riverso a terra, gli occhi e la bocca stravolti dal terrore. Era morto, Astra gli aveva divorato l'anima. Rimase inorridita dal suo gesto. Scappò da quel posto non prima di aver preso un diario posato sulla scrivania.

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