Capitolo 1

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Aria si muoveva silenziosa tra le ombre della foresta, ogni passo un sussurro, ogni pensiero un'eco di un passato che non poteva dimenticare.

Aveva abbattuto una strana creatura della notte, una presenza oscura che era riuscita a infiltrarsi nelle foreste che circondavano il maestoso Palazzo di Cristallo di Frosthelm.

Da allora, antiche leggende avevano cominciato a riaffiorarle nella mente, intrecciandosi ai passi mentre proseguiva nella caccia solitaria.

Principesse di ghiaccio che, con un solo sospiro, congelavano interi eserciti nemici, e eroi di fuoco che riuscivano a raggiungere il calore del sole per far ardere migliaia di navi d'invasori. Miti di poteri così immensi e inarrestabili da scolpire il destino di intere civiltà.

Poteri che, per fortuna, erano ormai scomparsi. O meglio, esistevano ancora, ma si manifestavano solo come echi lontani, sempre più deboli e rari tra i nuovi nati per via delle barriere.

Si accovacciò, esaminando una traccia quasi del tutto cancellata nella neve. L'idea che una creatura si fosse spinta così vicina al Palazzo di Cristallo la riempiva di rabbia, ma la possibilità che ce ne fosse una seconda accese in lei un allarme.

Un rumore improvviso la fece voltare verso il Lago di Diamante. Estrasse la spada, il metallo ancora sporco di sangue nero, e avanzò con cautela. Ma quello che le arrivò non fu un ringhio. Fu una risatina.

Il tipo di suono che avrebbe fatto gelare il sangue, se non avesse subito riconosciuto il tono umano, adolescenziale e idiota.

Sospirò.

Pochi passi più in là, due cadetti accovacciati tra i cespugli, convinti di essere invisibili al mondo. Il Lago era la meta preferita di chi voleva 'allenare i riflessi' al riparo da occhi indiscreti.

C'era un motivo se all'accademia le relazioni erano vietate: distrazioni, errori, sciocchezze come quella. Ma nonostante le regole ferree, le reclute trovavano sempre un modo per rotolarsi nella neve.

Aria si avvicinò piano, gustandosi il momento in cui avrebbero capito di non essere soli. Ciò che la infastidiva non era tanto il romanticismo vietato, ma il fatto che, fino a poco prima, un mostro camminava indisturbato nei boschi, e dubitava che avessero addosso i vestiti, figuriamoci le armi.

E peggio ancora: il sole sarebbe sorto entro breve e qualsiasi persona avrebbe potuto beccarli. Alcuni capitani esigevano pene molto dolorose a coloro che trasgredivano le regole, a volte si estendevano addirittura ai capisquadra o a coloro incaricati di addestrarli.

Sfortunatamente, Aria era entrambe le cose.

Avvicinandosi, constatò due verità: uno, erano per lo meno vestiti. Due, uno di loro era una sua cadetta.

"Freyja!".

Usò più rabbia di quanta ne provasse davvero. Dopotutto, uno degli aspetti più gratificanti nell'addestrare i cadetti era il terrore che riusciva a instillare in quei poveri ragazzi. E aveva la reputazione di essere un soldato freddo e spietato, in qualche modo doveva pur mantenere la facciata.

La ragazza balzò in piedi, il viso paonazzo, cercando di mascherare il panico con il saluto militare.

Un gesto che sarebbe stato più credibile se non fosse stato accompagnato da una divisa sbottonata e da un cadetto altrettanto paonazzo che cercava di rimettersi in ordine con la grazia di un cervo sul ghiaccio.

Stava per iniziare la predica, quando un suono di neve calpestata la mise in allerta.

L'udito di Aria, reso più acuto dalla poca magia che le scorreva nel sangue, colse i passi prima ancora di vederne la fonte.

"Freyja, eri con me in perlustrazione".

Gettò un'occhiata al cadetto, cercando di ricordarne il nome. Sapeva solo che era il fratello più piccolo di Glacius. "Tu sei venuto a chiamarmi per scortare il Principe".

I ragazzi annuirono.

Una risata sprezzante, che aveva sentito così tante volte da provocarle nausea, le fece rivolgere una preghiera di ringraziamento agli dèi per averle fatto trovare per prima quei poveri ragazzi.

L'ombra del gigante comparve tra gli alberi, due metri di muscoli e malizia, con l'espressione di chi sognava spezzare dita per mestiere.

"Nordrek, che premura la tua nel venirci a portare la colazione".

Lui posò lo sguardo su Freyja più a lungo del necessario. "Mi hanno riferito che due cadetti stavano infrangendo il regolamento".

Il desiderio di piantargli la spada in gola era forte, ma Aria si limitò a scrollare le spalle.

"Non abbiamo visto nessuno. Cadetta, voglio il resoconto della perlustrazione entro trenta minuti".

La ragazza annuì, ma Nordrek non aveva intenzione di lasciar perdere.

"Ferma, cadetto Freyja".

Dèi, quanto lo odio.

Aria si posizionò tra lui e Freyja. "Stai interferendo con i miei doveri".

Il cadetto anonimo avanzò, calmo. "Capitano Ariadne, il Principe Varyon la sta ancora aspettando".

Aria quasi sorrise. Parlare a nome del Principe era una mossa azzardata, ma doveva ammettere che il ragazzo aveva fegato.

Lanciò a Nordrek un sorrisetto velenoso: aveva sempre saputo che la ragione per cui la odiava era perché desiderava il posto di Capo della guardia personale del Principe, posizione che lei aveva ottenuto.

E questo pensiero le faceva bene all'anima.

Nordrek la squadrò, disgustato. "Ti tengo d'occhio".

Come se non lo facessi già, idiota.

Si incamminò, seguita dalle due reclute.

Giunti ai cancelli del palazzo, bastò uno sguardo severo. Dopo quella mattinata, sarebbero stati soldatini perfetti per settimane.

E Aria non era più la predatrice dei boschi, ma la Guardia del Principe di Frosthelm con un compito da portare a termine.



Mappa del regno di Nerantis

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