Capitolo 48

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L'aveva vista.

Tra la folla in fermento, tra le risate ancora in aria e i calici di vino che brillavano sotto la luce dei lampadari dorati.

Kaelen aveva fatto per chiamarla, per raccontarle cosa aveva appena scoperto da Zafiel. Qualcosa di enorme, qualcosa che avrebbero dovuto analizzare insieme.

Ma poi l'aveva vista.

Ferma. Immobile.

Un pugnale in mano, la lama intrisa di liquido nero.

E il sangue. Il sangue che colava lento dal petto, troppo scuro, troppo innaturale.

Il mondo intero si ridusse a una sola immagine: Aria, ferita, con gli occhi spalancati e il petto che si sollevava in respiri affannosi.

Era impossibile. Lei era impossibile da ferire.

Eppure qualcuno c'era riuscito, ed era colpa di Kaelen. Quando stava con lui, abbassava la guardia.

Si lanciò avanti, spintonando chiunque gli si parasse davanti.

Quando le mani la afferrarono, il freddo della sua pelle gli serrò la gola. "Cos'è successo?".

"Lady Emberlyn".

Non era possibile. Lady Emberlyn era stata catturata durante la tregua. "Cosa?".

Un'esplosione squarciò l'aria.

Le creature della notte sfondarono le finestre, le loro forme contorte e deformi si mossero nell'ombra come spettri usciti dagli incubi peggiori.

Gli uomini incappucciati li seguirono, lame in pugno, i loro mantelli neri come la pece.

"Stai bene? Riesci a fermarlo?".

Lei lo guardò.

E Kaelen vide il terrore.

Non dolore. Non rabbia. Paura.

"Non ci riesco".

Il sangue scuro colava tra le sue dita, il veleno si insinuava nel suo corpo, e non riusciva a combatterlo. Aria non riusciva a fermarlo.

Kaelen strinse la mascella, sentendo il cuore ribollire di furia. Afferrò il pugnale e lo esaminò con attenzione. L'arma emanava un'energia che gli fece rizzare i peli sulla nuca.

Magia oscura.

Ma non una qualsiasi. Era un potere antico, marcio, qualcosa che neanche lui conosceva. Il metallo era quasi vivo tra le dita, vibrava di un'eco profonda, come se trattenesse un sussurro lontano, inquietante.

La mano si strinse attorno all'elsa del pugnale con tale forza che le nocche gli divennero bianche.

La rabbia esplose in lui con una forza devastante, un'ondata di furore che lo avrebbe consumato se non avesse avuto Aria davanti a lui, ferita, vulnerabile in un modo che non aveva mai visto.

La battaglia era appena iniziata. Ma il suo unico pensiero, l'unica priorità, era lei.

Avevano fatto in modo di neutralizzare la magia di Aria. Perché?

Semplice precauzione? Non aveva senso. Quella era una città di persone con il massimo controllo sulla magia, tuttora più letali di lei. C'era un'unica spiegazione.

Volevano lei.

L'avevano resa innocua per riuscire a prenderla.

Ma non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via.

Un uomo incappucciato si diresse verso di loro, le mani alzate per attaccarli.

Ma non riuscì a raggiungerli: la sua ombra venne trattenuta da quella di Jorah, mentre quest'ultimo mormorava una formula per farlo sprofondare nel terreno fino al collo.

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